Sport Industry Talk è il convegno torinese dedicato alla “business community dello sport” organizzato da Rcs. Padrone di casa, padrone in generale, Urbano Cairo appunta sul suo cahier de doléances – che il giorno successivo va a giornali unificati – un punto: “Dalle scommesse sul calcio il nostro mondo non riceve nemmeno un centesimo ed è un paradosso che le aziende di betting non possano sponsorizzare squadre di calcio”. Una narrazione del genere è adatta al tempo: preferisce la rappresentazione alla realtà, ha un che di filosofico, più che di economico. Non si spiegherebbe altrimenti perché, sul sito ufficiale del Torino di Cairo, scrollando la pagina sino agli sponsor, ci si imbatta in un logo bianco in campo verde: Starcasinò.sport, che del club granata è “infotainment partner”, e supponiamo la partnership non sia gratuita. Dopo tutto, prima del Decreto Dignità, non era gratuita nemmeno la sponsorizzazione di Starcasinò (senza punto sport), che del Torino era “official partner”, perché “l’unione fa l’emozione”. Cos’è Starcasinò? Si definisce “il casinò online numero 1 in Italia”, e offre anche la possibilità di scommettere sul calcio. Cos’è Starcasino.sport? Un sito di proprietà della maltese StarCasino Media & Entertainment che “non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità”, che ha per slogan “il nuovo modo di vivere lo sport” e pubblica concorsi a premi dedicati ai tifosi dei club con i quali vi sono accordi di partnership (non solo Torino, ma anche Napoli, Sassuolo, Palermo, Roma e la Serie B). Tra Instagram e Facebook somma una community di circa 75 mila follower ai quali offre statistiche, notiziole, diverse grafiche e un po’ di gamification, ma l’engagement è poca roba. Su YouTube conta oltre 29 mila iscritti e oltre 1500 video (alcuni con ottimi numeri, ma la stragrande maggioranza non supera le 500 visualizzazioni) nei quali compaiono rari highlights, giornalisti (Carlo Pellegatti, Valentina Ballarini), comici e influencer (gli Autogol, Ludovica Pagani) e calciatori delle squadre partner, chiamati per interviste o giochetti. Infotainment? Sì, se questo significa contenuti a impatto informativo zero, gestiti con gli esperti social dei vari club quando sono protagonisti i calciatori; video senza alcun afflato critico, adatti ai tifosi più superficiali, amatissimi dalle società. Che sia una copertura è sin troppo chiaro: sebbene non vi siano link diretti al sito in cui si scommette, tutto riporta al brand. Inutile prendersi in giro.
Allo stesso modo, non può essere certo l’infotainment il modello di business che consente a LeoVegas.news di pagare 5 milioni annui per tre stagioni all’Inter quale “official training kit front partner e official infotainment partner” e di apporre il proprio marchio sulle divise di allenamento della squadra di Simone Inzaghi, sul sito del club, sui cartelloni pubblicitari di San Siro quando giocano i nerazzurri, sui backdrop della mixed zone. LeoVegas.news intrattiene ben poco: il sito, che non è una testata giornalistica – figurarsi… – pubblica meno di una notizia al giorno (firmata con un generico “La redazione”), ospita un paio di pubblicità GoogleAds che restituiscono quasi l’idea di un blog fatto in casa. Informazione farlocca, newswashing appunto, né Instagram né Facebook (meno di 18 mila follower totali) mostrano chissà quale vitalità o valore informativo aggiunto. YouTube? Meglio, ma gli iscritti al canale sono poco più di 6 mila – un quinto rispetto al canale Starcasino.sport – e numeri dignitosi li fanno solo le interviste ai calciatori di Inter e Atalanta (di quest’ultima è “digital content partner”), le due squadre di A con le quali esiste un contratto di sponsorizzazione. Un tempo aveva anche un canale tv, LeoVegasTv, durato una manciata di mesi proprio a causa dell’approvazione del Decreto Dignità. Ma nel calcio LeoVegas, che in Italia è arrivato solo nel 2017, ha necessità di farsi conoscere, e se regge sul mercato nostrano è perché gli accordi con Inter (soprattutto) e Atalanta hanno veicolato il marchio, non certo quello dei contenuti inutili, ma quello del betting, che è molto meglio indicizzato, del resto, rispetto al sito al quale, evidentemente, avere traffico non interessa nulla. Gustaf Hagman, Ceo e co-founder di LeoVegasGroup, su LinkedIn lo ha spiegato chiaramente: “Stiamo accelerando la visibilità globale del nostro marchio di scommesse sportive, questa volta con la leggendaria Inter! Collaborando come partner regionale per le scommesse in Europa e nelle Americhe, faremo in modo che tutti sappiano dove trovare la migliore esperienza di gaming”.
Esistono poi anche altre partnership, come quella tra LeoVegas.news e la Bobo Tv ai tempi del tour estivo dei quattro (ex amici) Christian Vieri, Lele Adani, Antonio Cassano e Nicola Ventola, nonché quelle con siti “powered by LeoVegas.news” – cioè: in qualche modo foraggiati da LeoVegas – come Kickest della bresciana Fantaking Interactive, che si definisce “il primo Fanta Statistico d’Italia (...) che in pochi anni ha raccolto più di 100 mila fanta allenatori” e che, in testata, ospita il link a una pagina Google il cui primo link è LeoVegas.it, appunto il sito di gaming, non quello di infotainment (peraltro, singolarmente, la chiave di ricerca è sbagliata e contiene un refuso: “Leo Vegad”). Eurobet.live è “official infotainment partner” della Juventus, “premium partner” di Lazio e Udinese e “main partner” del Monza. Cos’è? Tecnicamente un portale di livescoring, che offre “tutti gli strumenti per diventare un esperto di sport proprio come me” (è il testo dello spot televisivo di cui è protagonista Luca Toni), dove si intendono appunto le statistiche e i risultati aggiornati, oltre ai podcast – discontinui – caricati sul portale e agli appuntamenti in diretta con Radio Sportiva, possibili perché AgCom distingue tra informazione e pubblicità, e le comparazioni di quote sono considerate informazione per il pubblico che vuole scommettere, perché scommettere sul calcio, su piattaforme autorizzate, è legale.
Illegale è sponsorizzarle, anzi lo sarebbe, perché sui siti di 17 delle 20 squadre di Serie A compaiono i marchi delle agenzie di betting e gaming, camuffati da siti più o meno informativi. Oltre a quelle già citate, Unibettv.it – “una guida dedicata degli eventi sportivi in tutto il mondo e dove guardarli in diretta streaming” – è “top partner” del Bologna (siamo seri: davvero qualcuno pensa che l’intenzione sia quella di sponsorizzare un palinsesto di streaming?) e la Fiorentina ha come “infotainment official partner” Olybet.tv, portale informativo poco aggiornato e peraltro da marzo solo in inglese, ha appena 8 mila follower complessivi tra Instagram e Facebook e 5 mila iscritti su YouTube, dove replica più o meno i contenuti dei suoi competitor. Cagliari e Verona sono partner di Bwin.tv, “piattaforma di streaming totalmente gratuita che consente agli utenti la visione in rete degli highlights di eventi sportivi e dal 2022 vi è una sezione interamente dedicata agli appassionati di eSport con news, video e gallery”, e in effetti forse è l’unica piattaforma che potrebbe reggersi da sola, anche se non a sufficienza per certe partnership. I sardi, inoltre, raddoppiano, avendo come “training partner” Betn1.live, sito di livescore della società maltese Sogno di Tolosa, operante anch’essa con il marchio Betn1 nel gaming e nel betting. Peraltro, si legge dalla testa specializzata Agipronews, la società “che dal 2015 conduceva il lungo contenzioso giudiziario contro il condono dei centri scommesse esteri privi di concessione, previsto dalla legge di stabilità di quell’anno”. Il Milan ha tra i “premium sponsor” Snaifun (app che, tra news e gaming, fa quello che deve fare una app del genere), mentre la Salernitana porta sulla maglia da gioco, come second sponsor, la campana Vincitunews, invero piuttosto particolare: a differenza delle altre è testata giornalistica registrata al Tribunale di Napoli e dunque ha un direttore responsabile (Manuel Parlato), ma è sostanzialmente inesistente sui social: ha un canale YouTube (2 video, 1 iscritto) e un profilo Instagram privato, con poco più di duecento follower. Difficile, anche in questo caso, che il portale – i cui dati di accesso, come quelli degli altri, non sono registrati da Audiweb – calamiti tutto questo interesse. Il Lecce, infine, ha accordi con Betitalypay.it (“un portale informativo rivolto al mercato B2B” che “non offre servizi di gioco d’azzardo e non è rivolto agli scommettitori”, e in effetti appare un sito vetrina delle attività fornite dalla società, tra le quali c’è anche il betting) e ha tra i Premium Partner Mslotbetnews.it, portale nella scia di quelli ormai già descritti, con un problema però: sul sito del club il link associato al logo porta al portale betting, probabilmente per un errore, ma qui siamo al borderline rispetto al Decreto Dignità.
Alla faccia di chi nega l’evidenza, Luciano Spalletti, intervistato da Walter Veltroni sul Corriere della Sera, ha l’onestà intellettuale di non fingere di non vedere: “La storia delle scommesse è profonda – dice, parlando di educazione morale dei calciatori –. Le pubblicità che vengono proposte tre o quattro volte a partita. Le società di scommesse come sponsor. Ci si indigna, ma si pubblicizza una cosa che ha ragione di esistere solo economicamente e in nessun modo eticamente… Purtroppo le scommesse non sono solo una piaga nel mondo del calcio, ma spesso lo sono sul piano sociale, esistono famiglie rovinate da una ‘malattia’, una dipendenza, che purtroppo all’economia fa comodo tenere in piedi”. Da dove avevamo cominciato? Ah, già: “Dalle scommesse sul calcio il nostro mondo non riceve nemmeno un centesimo ed è un paradosso che le aziende di betting non possano sponsorizzare squadre di calcio”. Davvero, presidente Cairo?