L’inchiesta sul calcioscommesse costringe l’intero sistema-calcio a farsi delle domande su quanto sia lecito promuovere all’interno di un contesto tanto influente come quello sportivo. I nomi di alcuni giovani giocatori, come Fagioli, Tonali e Zaniolo, che hanno ottenuto un enorme successo in poco tempo e sono ora considerati tra le migliori proposte del calcio italiano, e che, nonostante questo, sono finite nel caos del gioco d’azzardo, ci fa chiedere cosa spinga a violare le regole della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc). Il Decreto Dignità promosso dal governo mira a combattere la ludopatia, ma siamo sicuri che quanto sia attualmente legale non finisca per rendere più ambiguo il confine tra il mondo delle scommesse legali e quello delle scommesse illegali? Lo abbiamo chiesto a Marino Bartoletti, uno dei più noti e importanti giornalisti sportivi italiani, vincitore del premio “Beppe Viola” per la cultura sportiva, consigliere di “Milanosport” e autore della tetralogia intitolata La partita degli Dei.
Per prima cosa ci permetta di complimentarci con lei per il premio “Beppe Viola” alla cultura sportiva. Durante la presentazione del presidente della Figc, Gabriele Gravina, si è parlato del tema delle scommesse. Non trova vi sia incoerenza tra l’invito a non scommettere e gli escamotage trovati per aggirare il Decreto Dignità con le pubblicità fatte in modo indiretto al settore delle scommesse?
Sono due piani diversi. Diciamo che i gestori dei siti di scommesse invitano a farlo responsabilmente e lecitamente. I calciatori hanno in qualche modo aderito a un codice morale per cui non dovrebbero scommettere e men che meno scommettere su siti clandestini. Quindi non demonizzerei le scommesse in sé.
Ma sul piano morale, quanto è credibile un giornalista o un ex calciatore che promuove i siti di scommesse ma fa come se stesse facendo informazione?
Diciamo che stanno facendo cose nell'ambito della liceità, poi con la propria coscienza ciascuno fa quello che vuole.
Però bisognerebbe anche che giornalisti ed ex calciatori fossero dei modelli...
Questo sì. Fra l'altro io sono padre e innamorato dello sport e non per nulla prenderò un premio legato ai valori dello sport. So quello che ho fatto, so quello che faccio, rispondo alla mia coscienza. Dopodiché ci sono dei confini della liceità nei quali non mi sento in grado di entrare. Certamente noi anziani abbiamo l'obbligo morale di essere degli esempi virtuosi per chi è venuto dopo di noi, che si tratti di colleghi o calciatori.
Ma lei presterebbe il suo volto, magari dietro pagamento, per un'operazione pubblicitaria sulle scommesse?
Io personalmente no, ma non mi sento assolutamente di condannare chi lo fa.
Se vedesse che suo figlio scommette, anche soltanto occasionalmente, cosa farebbe?
Cercherei di parlargli per capire cosa lo spinga a fare una cosa del genere. Se capisco che è una cosa perimetrabile soltanto nel divertimento non avrei nulla da dire. Se capisco che prende una brutta piega, farei il papà.