Lecito non significa necessariamente etico, legale non è sinonimo di coerente, ma nel calcio che parla di scommesse in un ecosistema che poi promuove i concessionari autorizzati sembra difficile andare oltre. Le agenzie che vengono promosse tramite i vari .news o .live e via discorrendo, che poi inevitabilmente rimandano ai brandi di siti e app sulle quali si può puntare, alla fine ottengono il risultato spostando il centro del focus dall’escamotage alla scommessa in sé che, quando legale, è possibile. Paola Ferrari, volto storico della Rai, già conduttrice della Domenica Sportiva e Novantesimo Minuto, guarda principalmente dal lato degli utenti, più che da quello dei colleghi, e per i calciatori coinvolti ha un’idea di sanzione che impatta sotto il profilo sociale.
Ferrari, non vede un problema di etica nella pubblicità indiretta dei siti legali?
Secondo me no, anche il Superenalotto dopo tutto è una scommessa: se si è all’interno dei giochi e dei siti legali e autorizzati è cosa diversa rispetto a scommettere su piattaforme illegali non autorizzate, che spesso sono legate alla criminalità organizzata. In questo caso è un reato ed è grave. Poi trovo che possa essere rischioso per i ragazzi avvicinarsi all’azzardo, questo sì, anche se sono per la libertà per ognuno, nei limiti di legge, di fare quello che vuole,
Ai suoi figli sconsiglierebbe di giocare?
Mi preoccuperei soprattutto, perché tra cento che scommettono in modo leggero, qualcuno più fragile può cadere nella ludopatia o nel vizio, e questo è pericoloso per i ragazzi i cui caratteri non si sono ancora formati.
I calciatori scoperti hanno però, in certi casi, anche oltrepassato i limiti previsti dalle federazioni, scommettendo sul loro sport.
Non sono per la repressione. Nel loro caso io sarei per una breve sospensione e per obbligarli a lavori socialmente utili, oltre a seguire i corsi specifici per la rieducazione, perché guarire dalla ludopatia si può, e anche in tempi abbastanza brevi, seguendo i percorsi più giusti.
Lavori socialmente utili?
Sì, ma utili veramente per questi ragazzi viziati del calcio. E, visto che sono sempre i soldi quelli che contano e lì si va sempre a colpire a effetto, mi piacerebbe anche che, magari per due anni, metà dello stipendio venisse donata a chi fa ricerca scientifica e cura questo tipo di dipendenze patologiche.