Dalla Germania alla Germania, da Leverkusen – casa Ucraina, almeno teoricamente – all’Europeo tedesco del prossimo anno: l’Italia di Luciano Spalletti, che è poi anche in parte quella di Roberto Mancini (a proposito: al quinto tentativo, giovedì ha vinto la sua prima partita da ct dell’Arabia Saudita), ha centrato l’obiettivo della qualificazione all’Europeo che si terrà in Germania nel 2024 facendo contenti gli appassionati azzurri e contentissimi Aleksander Ceferin – che in ottobre, a margine del Salone del libro di Francoforte, in un’intervista a La Presse se ne uscì così, senza imbarazzo alcuno: “L’Italia deve qualificarsi a Euro 2024. Altrimenti sarebbe un disastro. L’Italia è troppo importante” – e il suo grande alleato Gabriele Gravina. Meno contenti gli ucraini, che quella frase oggi la ricordano sui media e la collegano – come farebbero e fanno farisaicamente tutti i tifosi, quando il fischio voluto non arriva a favore della propria squadra – al mancato rigore per l’intervento di Bryan Cristante su Mykhailo Mudryk al minuto 93 di Ucraina-Italia, e per loro Gil Manzano vale Byron Moreno, né più né meno, perché Ucraina-Italia è terminata 0-0, obiettivo minimo per la qualificazione azzurra, ma chissà cosa sarebbe successo se… Non è successo, dunque il resto non ha senso. Ha senso, piuttosto, vedere come Spagna, Francia, Inghilterra (quest’ultima nel gruppo degli azzurri), Belgio e Portogallo all’Europeo si siano qualificate in ciabatte, e diverse altre nazionali di rango teoricamente inferiore all’Italia abbiano faticato di meno.
Gli azzurri no: all’ultima giornata, di riffa o di raffa, nonostante un girone piuttosto facile anche considerando le difficoltà di alcune rivali – siamo seri, su – e, comunque, contro un avversario che infine ha pure qualcosa da recriminare. Intanto è passata, forse in definitiva è giusto così, di sicuro questa volta se qualcosa doveva andare bene, è andato bene, alla faccia della Legge di Murphy. Non eccessivamente talentuosa ma fortunata quanto basta, messa in campo da un ct da destini forti e che non ha avuto remore alla bisogna a sostituire Matteo Politano, peraltro appena entrato, con Matteo Darmian (per gli adepti del gioco offensivo equivale a un Mattia De Sciglio per Angel Di Maria che un tempo è valso la crocifissione social di Massimiliano Allegri), la Nazionale di Spalletti dà se non altro l’idea di essere un gruppo coeso guidato da un allenatore credibile anche per l’immagine di sé che proietta, ma bisogna prendere quello che c’è: l’Italia di oggi non vale buona parte delle sette nazionali europee che ha davanti nel ranking Fifa. Certo ha Nicolò Barella e Davide Frattesi, Federico Chiesa e Gianluigi Donnarumma, ma un bomber davanti non ce l’ha, una difesa granitica nemmeno e meno male che la realpolitik e lo stellone di Spalletti l’approdo all’Europeo l’hanno garantito. Occhio, però: al sorteggio l’Italia sarà in terza o (più probabilmente) quarta fascia, il 2021 non è replicabile – e quanto sia stato deleterio vincere quell’Europeo, in termini di autovalutazione del movimento, è sin troppo evidente – e se gli azzurri si sono qualificati in questo modo è difficile prevedere un torneo glorioso.