Quasi diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il delitto di Garlasco non fa che generare dubbi. Ma che non sono dovuti a nuove piste clamorose o a colpi di scena da serie TV. Stavolta, a far discutere, è il modo in cui le indagini sono state condotte sin dall’inizio. A dirlo senza mezzi termini è Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, che ha usato parole durissime: “Penso che ormai sia abbastanza chiaro che volevano Alberto Stasi colpevole”. Secondo la Perri, l'intera prima inchiesta è stata basata su un presupposto sbilenco, ovvero trovare una conferma a una tesi già scritta. E se i fatti non tornavano, pazienza. Se avesse toccato il corpo senza vita di Chiara e macchiato le scarpe con il suo sangue, nessuno avrebbe sospettato di lui? “Per come sono andate le cose, probabilmente avrebbero girato la frittata dicendo che era stato proprio lui”, dice. Il sospetto è che la direzione delle indagini sia stata decisa prima ancora che i dati parlassero. E adesso che la procura di Pavia ha riaperto alcune provette mai analizzate del 2007, è successo l’impensabile: c’è un Dna sconosciuto. Tanto. E soprattutto non è di Stasi. Una prova potenzialmente enorme, rimasta chiusa in un frigo per quasi due decenni. La spiegazione dell’epoca? Più che assurda. Il generale Luciano Garofano, ex comandante dei RIS, ha dichiarato che “Siccome stavamo cercando un uomo, e il tampone non aveva dato traccia di sperma, allora non abbiamo fatto altre analisi”.

“Ma il Dna non è solo nello sperma, lo sanno anche i bambini”, sottolinea Albina Perri. E si chiede: perché cercare solo un uomo? Perché escludere a priori la presenza di una donna sulla scena del crimine? Al momento nessuna risposta soddisfacente. Solo un pattern: a quanto pare tutto quello che non portava a Stasi, veniva lasciato da parte. Stessa sorte per gli slip trovati sul divano: zero sperma, zero analisi. E di conseguenza addio a possibili tracce di saliva o pelle. Per la Perri, non è stato solo un errore. È stato un disegno. “Le indagini sono state fatte male, e solo per confermare un’idea preconfezionata”. Come quando fu cambiato l’orario della morte di Chiara per farlo combaciare con l’assenza di un alibi per Stasi. “Alle 9:35 Alberto ce l’aveva? Sì. Allora dev’essere morta prima”. Oggi, finalmente, la procura sembra disposta a guardare dove prima nessuno ha voluto farlo. “Siamo qui a cercare tracce infinitesimali che avrebbero potuto dare risposte già 18 anni fa”, dice la direttrice di Giallo. Ma almeno, aggiunge, la speranza è che questa volta non metta a tacere chi solleva dubbi: “La Procura non può essere minacciata o violentemente attaccata, come capita a chiunque osi mettere in discussione la colpevolezza di Stasi”.

