Daniele Capezzone ha acceso la miccia su X con un tweet tanto tagliente quanto garantista: "Il sindaco di Milano Sala dovrebbe dimettersi prima di subito perché ha governato male (traffico, follie green, jihad anti-auto), ma NON PERCHÉ È INDAGATO". Un attacco frontale al primo cittadino meneghino, con una premessa però che riporta il dibattito su un terreno di diritto: non si chiede la testa di un sindaco solo perché indagato. Eppure, proprio l’inchiesta che riguarda Sala — e che nelle ultime ore ha travolto Palazzo Marino — pone interrogativi pesanti sulla gestione urbanistica della città e sulla trasparenza del rapporto tra pubblico e privato nel governo del territorio.

L'inchiesta: tangenti, urbanistica e poteri forti
Tutto nasce da un’indagine della Procura di Milano che ha fatto emergere una rete di presunti favoritismi, pressioni e scambi illeciti nell’ambito delle pratiche urbanistiche e immobiliari. Al centro, la figura di Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione Urbana della giunta Sala, per il quale i magistrati hanno chiesto l’arresto. Secondo gli inquirenti, Tancredi avrebbe agevolato alcuni operatori immobiliari in cambio di vantaggi, violando le regole di imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa.
Il Gip ha respinto la richiesta d’arresto per Tancredi, ma le motivazioni — rese pubbliche — parlano chiaro: pur non sussistendo le esigenze cautelari, il quadro indiziario viene definito grave e il comportamento dell'assessore altamente discutibile. Tra le società citate emerge il nome di Coima, colosso immobiliare guidato da Manfredi Catella, tra i protagonisti della trasformazione urbanistica di Milano (Porta Nuova, ex scalo Farini, e altri progetti strategici).
Boeri nel mirino, Sala nel cono d’ombra
Nell’inchiesta è stato sentito anche Stefano Boeri, architetto di fama internazionale e presidente della Triennale di Milano, in passato assessore alla Cultura con la giunta Moratti e noto per il “Bosco Verticale”. Boeri avrebbe avuto rapporti con alcuni protagonisti dell’indagine, ma ad oggi non risulta indagato.
Chi invece è formalmente indagato è proprio Giuseppe Sala, sindaco della città, in qualità di responsabile politico e amministrativo delle scelte urbanistiche finite sotto la lente della magistratura. L’ipotesi contestata è abuso d’ufficio: avrebbe approvato varianti urbanistiche in favore di determinati soggetti, aggirando (secondo l’accusa) i percorsi ordinari. Sala si difende e respinge ogni accusa: "Ho sempre agito nell'interesse della città", ha dichiarato. E ha aggiunto di voler continuare il suo mandato fino alla fine.
Ecologismo, traffico e "jihad anti-auto": la critica politica
Il tweet di Capezzone, però, sposta il fuoco su un piano più ampio: la gestione di Milano sotto Sala. Il sindaco, secondo il giornalista, meriterebbe di lasciare non per l’inchiesta, ma per le sue scelte politiche e amministrative: dalla promozione esasperata della mobilità sostenibile, al restringimento delle carreggiate, alle ztl sempre più estese. Misure che per una parte dell’opinione pubblica rappresentano un impegno per l’ambiente, ma per altri — Capezzone in testa — sono il simbolo di un’amministrazione ideologica e lontana dai bisogni reali della città. Milano, secondo i critici, è diventata una città difficile da vivere per chi si muove in auto, per i commercianti, per chi lavora nei quartieri più periferici. Le trasformazioni urbanistiche, pur riqualificando aree degradate, sarebbero guidate più dagli interessi immobiliari (grandi gruppi finanziari, fondi esteri) che da una reale pianificazione pubblica.

Garantismo sì, ma chiarezza anche
Capezzone ha il merito — nonostante l’attacco frontale — di riportare al centro una questione fondamentale: le inchieste non devono diventare processi sommari. Il principio di non colpevolezza deve valere per tutti, anche per chi è politicamente avversario. Tuttavia, proprio in nome della trasparenza e della fiducia dei cittadini, chi governa dovrebbe chiarire fino in fondo il proprio operato. Le dimissioni non sono un obbligo giudiziario, ma possono essere un gesto politico — di responsabilità o di rispetto per le istituzioni. Nel frattempo, l’indagine va avanti. E Milano resta in attesa di risposte, non solo dai tribunali, ma anche dalla sua classe dirigente.
