L'omicidio di Antonio Bellocco per mano di Andrea Beretta ha sollevato molte questioni, e continua a farlo. Il fatto che entrambi fossero legati da un vincolo di fratellanza ultras, le parentele ndranghetiste di Bellocco, i soldi del merchandising della Curva Nord, la legittima difesa invocata da Beretta e tutto il resto. Antonio Nicaso è un giornalista e scrittore esperto di 'ndrangheta, collaboratore del procuratore Nicola Gratteri, con il quale ha scritto diversi libri sulle infiltrazioni mafiose al nord e nei luoghi di potere. Gli abbiamo chiesto cosa potrà succedere adesso, dopo che il rampollo di un clan così potente è stato ucciso. Ci saranno rappresaglie o si opterà per il basso profilo, evitando casi come quello di Duisburg? La Serie A è ancora un campionato sano o è marcia fino al midollo? Che rapporto c'è tra il mondo ultras e i clan? Ecco cosa ne pensa Nicaso.
Omicidio Bellocco: come potrebbe evolversi la cosa? Ci saranno ritorsioni?
È difficile prevederlo, nel senso che la vittima era il nipote di Umberto Bellocco e il figlio di Giulio Bellocco, e faceva parte di un clan molto potente di 'ndrangheta con base a Rosarno ma con ramificazioni in Lombardia. Sicuramente ci può essere il desiderio di vendicarlo da una parte, ma c'è anche l'intenzione di evitare quello che è successo a Duisburg e che ha soltanto creato allarme sociale, causando danni agli affari dei clan.
La linea è quella di non dare troppo nell'occhio?
Si sta cercando di evitare questo tipo di clamore proprio perché i clan si trovano in un momento in cui controllare e gestire il territorio significa fare molti soldi, e in casi del genere la soluzione migliore è quella del profilo basso. Poi la situazione può evolversi in vari modi ma sicuramente l’omicidio tra i due compagni di curva è molto eclatante, anche se non è la prima volta che succede. Già qualche anno fa, con l'omicidio di Vittorio Boiocchi, ci fu quella manifestazione degli ultras che dopo la fine del primo tempo abbandonarono gli spalti. Ovviamente fece notizia, ci fu un ampio dibattito, ed è stato allora che in molti hanno cominciato a capire la presenza nelle curve di personaggi legati a organizzazioni criminali, o anche semplicemente di pregiudicati che si fanno forti delle amicizie con esponenti della ‘ndrangheta, della Camorra o di Cosa Nostra.
Nel libro scritto con Gratteri lei diceva che la criminalità non ha più bisogno di sparare, ma nel mondo ultras a quanto pare si muore ancora.
Sì, esatto, e bisognerebbe capire il perché. Da quello che ho letto, l'autore dell'omicidio si è sentito un po' minacciato e scalzato dalla presenza del Bellocco e quindi si è arrivati a una sorta di regolamento dei conti che è finito come sappiamo. C'è da dire che nel mondo ultras c’è questa tendenza a spettacolarizzare il potere. Spesso questa presenza di criminali e di pregiudicati nelle curve è caratterizzata da pestaggi, rapine, traffico di droga, spaccio, accoltellamenti, e sembra non rispettare le regole del basso profilo che si stanno dando molti criminali. Anche se, va specificato, la violenza non è stata del tutto rimossa ma viene utilizzata solo quando è strettamente necessaria. Hanno capito la lezione di Duisburg e cercano di centellinare l’uso della brutalità fisica. Invece nel mondo ultras, come giustamente sottolinea lei, c'è ancora molta violenza, la quale spesso esplode in modo eclatante, come è avvenuto in queste circostanze.
Si diceva che la causa della lite tra Beretta e Bellocco riguardasse gli incassi del negozio di merchandising della Curva Nord, ma le società come mai non intervengono mai in queste occasioni?
Ho cercato spesso di darmi una risposta, e la risposta che mi sono dato è che le società non riescono a comportarsi con fermezza proprio perché temono i disordini che le curve possono provocare, quindi è meglio tenerli buoni. Anche perché gli ultras sono un centro di potere economico all’interno delle società. Mi diceva una persona che conosceva gli ambienti delle curve e degli ultras di vicende in cui, per esempio, si riusciva a fare entrare allo stadio delle persone che pagavano un biglietto inesistente. Poi c’è il bagarinaggio, c'è lo spaccio di droga nelle curve, la vendita di bibite, i gadget, le magliette. Mi ricordo un caso di un napoletano che venne picchiato dagli ultras dell'Inter perché si era messo a vendere delle magliette dove non doveva. Questo è tutto un mondo di economia criminale che ruota attorno alle curve, che da quello che erano molti anni fa, cioè dei gruppi di appassionati, stanno diventando una specie di business, perché la logica è sempre quella del controllo del territorio. Però non è un problema che riguarda una sola società, ma molte. Da nord a sud, da Catania a Milano, a Torino, a Roma, non è che la situazione sia poi così tanta diversa
Poi ci può essere anche altro sotto: scommesse, partite truccate.
Sulle partite truccate non saprei dire, ma sulle scommesse sicuramente sì. Ci potrebbero essere anche dei giri di scommesse clandestine veicolate da queste organizzazioni che sono in grado di raccogliere le poste e pagare quote più alte rispetto a quelle ufficiali. È tutta una logica che deve tenere conto di una serie di attività illecite funzionali all'arricchimento, al controllo del territorio: qui comandiamo noi, questi sono i nostri spazi, se tu vuoi mettere la bancarella devi pagare la mazzetta. Tutte logiche ovviamente mafiose che poi vengono applicate ad un mondo che non è necessariamente tale, perché non dobbiamo cadere nell'errore di definire le curve come espressione di un'organizzazione criminale. C'è tanta gente buona e brava che si fa trascinare, che non ha nulla a che fare con i pregiudicati e con i mafiosi, però ci sono molti pregiudicati che si infiltrano nelle curve, le manipolano e si fanno forti delle amicizie che hanno, come nel caso dei Bellocco.
Lei collabora con il procuratore Gratteri. Avete mai fatto inchieste su alcuni gruppi ultras o direttamente su questi ragazzi coinvolti nell'omicidio?
Nello specifico no. Mi ricordo una vicenda che venne fuori durante un'indagine, relativa agli ultras della Juventus dove si erano infiltrati alcuni ndranghetisti della Locride che gestivano il bagarinaggio ed altre attività. Però non stavamo indagando precisamente su di loro, fu tutta una questione emersa in maniera collaterale mentre si indagava su un clan.
Certo non è più un mistero che ci siano infiltrazioni.
È un mondo interessante che andrebbe studiato. Il problema è che io vivo tra il Canada e gli Stati Uniti e Gratteri fa il procuratore, e non possiamo andare in giro a parlare con gli ultras. Io riesco a venire in Italia un paio di volte all'anno, e mi piacerebbe tanto poter esplorare anche questo aspetto perché capisco che è un mondo che andrebbe bonificato.
La serie A può dirsi un mondo sano, esente da tutte queste logiche criminali?
Purtroppo no, sta diventando un mondo che rischia di essere sempre più infiltrato da gente che con il calcio non ha niente a che fare. Gente che magari condivide la passione con tanti altri giovani che riempiono le curve perché tifano per la stessa squadra del cuore, ma tende a trarre vantaggio dalla situazione per questioni che non hanno niente a che fare con la passione calcistica. Io penso sempre ai ragazzi, ai giovani che magari si fanno manipolare, che vanno in curva convinti di tifare la propria squadra e non sanno di essere poi funzionali a logiche criminali come quella che ha portato all'abbandono della curva per solidarietà dopo la morte di Vittorio Boiocchi, che aveva scontato 26 anni di carcere. Non era certo uno stinco di santo.
Le notizie escono però, le cose si sanno.
Si sanno, ma queste cose andrebbero in qualche modo ricordate perché questo è, secondo me, il grande problema non soltanto del nostro Paese, ma anche di tante altre realtà. Chi non sa ricordare il passato è condannato a ripeterlo, come diceva la frase di George Santayana riportata fuori dal campo di concentramento di Dachau. Questo è il problema che probabilmente ci portiamo dietro: il fatto di non fare tesoro di quello che succede.
Pietro Colaprico ha detto a Mow che la politica è inefficiente sulla lotta alla ‘ndrangheta e che non è preparata a contrastare il crimine organizzato. Anche secondo lei è così?
Sì, vedo che c'è poco interesse a combattere il fenomeno, che nel frattempo si è fatto meno visibile. È tornato ad essere quel fenomeno che tutti pensano sia legato all'ordine pubblico. Io intervengo quando qualcuno crea disordine e quindi compie degli atti violenti, senza invece ricordare la complessità delle mafie, che funzionano anche nella logica di reinvestimento del capitale, gli atti di corruzione, la contiguità con pezzi delle istituzioni, con pezzi della politica, dell'imprenditoria, ed è quello il fenomeno che andrebbe combattuto. Invece stiamo sempre più assistendo a questa logica del silenzio: non si fanno sentire, dunque non costituiscono il problema. C'è molta ignoranza nell'apprensione del fenomeno e si sta veramente facendo poco, o peggio ancora si sta smantellando quel poco di buono che era stato fatto dopo le stragi. Lo Stato dovrebbe riorganizzare la lotta ad una mafia sempre più ibrida, una mafia che utilizza pirati informatici, ingegneri chimici, una mafia che faremo sempre più fatica a contrastare se la risposta è quello di mettere in discussione i pochi strumenti che abbiamo. Bisognerebbe fare di più in questo momento che è epocale, di grandissimi cambiamenti, di grandi trasformazioni, anche alla luce di quello che sta avvenendo nella nostra realtà, insomma, e quindi nel mondo, nell'universo digitale in generale.
A questo proposito, con Gratteri avete incontrato i vertici di TikTok. Com'è andata?
Gli abbiamo suggerito di alzare un po' l’asticella del monitoraggio e quindi di introdurre algoritmi che possono cercare di rilevare la presenza mafiosa che utilizza le piattaforme per promuovere il loro brand, la brandizzazione del loro gruppo criminale. I dirigenti di Tik Tok sono stati molto sensibili e hanno cominciato a fare delle analisi molto più approfondite e c'è, mi pare, la volontà di cambiare le cose e di stare più attenti, di creare più filtri per evitare che si possa incitare alla violenza o promuovere delle cose che sono ovviamente funzionali al controllo del territorio o a generare consenso. Comprese anche situazioni che possono essere discutibili, come quella di minacciare i pentiti o chi combatte il fenomeno mafioso, come i magistrati che sono in prima linea.