Già la scorsa estate Klaus Davi aveva incontrato Francesco Pesce, detto “U Testuni”, capo della ‘ndrina di Rosarno. Ora il giornalista lo ha di nuovo intercettato in Calabria per chiedergli un parere sulla vicenda delle curve di San Siro e l’omicidio di Antonio Bellocco, avvenuto per mano dell’ultrà dell’Inter Andrea Beretta. Prima del boss, però, escono da casa sua altri uomini. “Io non ho niente a che fare con quella storia”, risponde qualcuno. Forse proprio perché a lasciarci la vita è stato uno di famiglia, nessuno si espone. Davi riesce comunque a ottenere una dichiarazione da parte del killer Enzo Ascone: “Accadono dappertutto per il calcio, non è l’unico”, ha detto l’uomo. Di omicidi avvenuti nel mondo del tifo organizzato e legati a questioni di ‘ndrangheta, quindi, ce ne sono altri? Rimanendo sul caso Bellocco-Beretta: è lecito aspettarsi una vendetta dei Bellocco? “Ma quale vendetta, sono dei poveretti questi [gli ultras, ndr]. Quello sta pagando, non si vendicheranno”. E sul coinvolgimento vero e proprio della mafia calabrese? “Non è ‘ndrangheta. È una parola che fa comodo ai tribunali. Non vedi che sono quattro poveretti questi. Io ho fatto 16 anni di carcere, sono entrato ragazzo e sono uscito a 44 anni”, ha proseguito Ascone.
“Non andare dietro alle chiacchiere”, consiglia Ascone a Davi, “la ‘ndrangheta non esiste [nel caso delle curve]. È la ‘ndrangheta dei morti di fame. La ‘ndrangheta sai dov’è? A Montecitorio dove si fregano i soldi, non qua che fanno la guerra tra i poveri”. Infine arriva il boss Testuni, che però rimane in silenzio. Del resto, il suo nome non viene nemmeno citato nelle carte dell’ordinanza della procura. La città di Milano rimane la grande sconfitta di questa vicenda. E il futuro delle curve e dei leader, nonostante i silenzi, si decide comunque in Calabria.