Mentre il corpo di Simona Cinà, 20 anni appena, trovata morta in piscina durante una festa in una villa a Bagheria, attende l’autopsia (prevista tra il 4 e il 5 agosto), la domanda che aleggia è semplice ma violenta: com’è possibile che nessuno abbia visto, sentito, capito nulla? A non crederci per prima è Roberta Bruzzone, criminologa che da anni scava dentro le pieghe più ambigue delle tragedie della cronaca italiana. E sul caso di Simona, il suo giudizio è chiaro: “Al netto dei risultati dell’autopsia, ha dichiarato al Quotidiano di Palermo, i fatti descritti delineano uno scenario ben oltre l’ipotesi del malore o del semplice incidente”. Secondo la Bruzzone, c’è troppo che non torna. La tempistica, per cominciare. I vestiti della ragazza, scomparsi. I video raccolti dagli invitati, frammentari, selezionati, forse editati. “La posizione del corpo, la possibilità di una scena alterata, i prelievi di Dna e perfino il contenuto dell’invito a quella festa, con quell’assurdo accenno a qualcuno che ‘ubriaco cade in piscina’… sono elementi che non si possono ignorare”. E non si ignorano, infatti. La Procura di Termini Imerese ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti. Un passaggio tecnico, certo, che permette accertamenti irripetibili. Ma per la Bruzzone serve di più: “L’insieme degli elementi richiede un approccio investigativo ben più approfondito, che consideri ipotesi oltre la fatalità e includa l’analisi forense, chimico-tossicologica, dei video e degli spostamenti negli ultimi minuti di Simona”.

La ragazza era a una festa privata, con circa 80 invitati. Gente giovane, musica alta, alcool, forse altro. Ma davvero in ottanta nessuno ha visto Simona entrare in piscina? Nessuno ha notato il silenzio successivo? Nessuno ha chiamato i soccorsi subito? È proprio lì che Roberta Bruzzone insinua il dubbio più cupo: “Mancata supervisione o ritardo nel soccorso, tentativi di copertura o manipolazione della scena, azioni volontarie da parte di terzi, potenzialmente legate a droga o violenza”. Nel frattempo, i carabinieri indagano. Hanno acquisito i video disponibili, ascoltato i testimoni, effettuato sopralluoghi nella villa. Ma non l’hanno sequestrata. Ed è qui che la Bruzzone affonda il colpo: “È un errore. Avrebbero dovuto cristallizzare immediatamente la scena, porre tutto sotto sequestro e fare tutta una serie di accertamenti ulteriori in quella fase”. Parole che pesano come macigni, mentre la famiglia di Simona, assistita dall’avvocato Gabriele Giambrone, continua a chiedere solo una cosa: “Vogliamo sapere perché è morta Simona”. Una richiesta che, alla luce delle osservazioni della criminologa, suona più come un grido. Perché la verità, quella vera, qui sembra ancora immersa in una piscina troppo profonda.

Ma il racconto non convince l’avvocato della famiglia: “Com’è possibile che decine di persone che erano in uno spazio di meno di 100 metri quadri, abbiano impiegato minuti a vedere un cadavere in una piscina poco più grande di una vasca? E perché, come raccontano alcuni, Simona era a faccia in su? Se fosse caduta in acqua dopo essere stata male non avrebbe assunto quella posizione”. L’ipotesi di un malore, comunque, resta aperta: “Lo dirà l’autopsia – dice il legale – anche se Simona era in ottima salute, faceva una vita molto sana ed evitava di bere essendo una sportiva. E comunque resta inspiegabile che nessuno si sia accorto di nulla per minuti”. Particolare attenzione degli investigatori per lo stato del luogo. Il giardino e la piscina dove decine di ragazzi avevano festeggiato erano “pulitissimi”. “Qualcuno – dice l'avvocato – aveva sistemato tutto e perfino raccolto le bottiglie d'acqua in delle buste di plastica. Mentre degli alcolici non c'era traccia”. Un dettaglio significativo considerando che gli organizzatori, nell'invito al party, avevano chiesto agli amici di portare il costume prevedendo che “qualcuno troppo ubriaco” sarebbe potuto cadere in piscina. Nonostante l’apparente pulizia del luogo, i carabinieri hanno rinvenuto tracce di sangue. “Un ragazzo ha raccontato che, sconvolto dalla vicenda, ha dato un calcio a una sedia e si è tagliato”, riferisce l’avvocato. Il giovane è stato sottoposto all’esame del dna per verificare se il sangue sia effettivamente suo.
