Cinquanta minuti sono un bel buco nero che andrà coperto di verità e informazioni: la morte di Simona Cinà, pallavolista ventenne di Capaci trovata morta sabato 2 agosto in una piscina durante una festa di laurea a Bagheria, nel palermitano, ha spinto gli inquirenti a chiedere l’autopsia. Carabinieri e Procura di Termini Imerese indagano su una vicenda ancora “piena di lati oscuri”, come sottolinea il legale della famiglia della giovane atleta, Gabriele Giambrone. Ma cosa non torna? Come spiega Il Corriere della Sera, la ricostruzione parte dall’ultimo post social di Simona. “È di sabato notte. È a un distributore di benzina con due amici. ‘Sono già ubriaco’, dice uno dei due nel video pubblicato su Instagram”, racconta l’avvocato. Due ragazzi avevano organizzato la festa di laurea in una villetta in affitto a Bagheria. Nei giorni precedenti avevano inviato decine di inviti via WhatsApp annunciando una serata alcolica con il messaggio: “Vi terremo idratati”, seguito da emoji con bicchieri e bottiglie.

Nel giardino della villa circa ottanta giovani hanno trascorso la serata tra balli, bevute e chiacchiere. Simona era tra loro, apparentemente serena. All’una di notte Simona manda un messaggio alla madre comunicandole che sta per fare il bagno in piscina e che per un po’ non avrà con sé il cellulare. Alle 3.20 la sua migliore amica – come dirà poi ai carabinieri – lascia la festa, mentre Simona resta con altri del gruppo. Alle 4.10 qualcuno chiama il numero unico di emergenza chiedendo aiuto. Tre minuti dopo arriva la segnalazione al 118, che raggiunge la villa alle 4.23. Simona viene trovata già tirata fuori dall’acqua. Il medico legale rileverà segni rossi sul petto, prova dei tentativi maldestri di rianimazione. Per la ventenne non c’è più nulla da fare. Alle 4.50 la madre, preoccupata per il mancato rientro, chiama il cellulare della figlia. Le risponde un giovane: “Venga, Simona sta male”. La famiglia – genitori, sorella gemella e fratello maggiore – si precipita a Bagheria insieme all'avvocato Giambrone. Una ventina di ragazzi, alcuni ancora in costume da bagno, vengono sentiti dai carabinieri. Le loro versioni sono sostanzialmente concordi: “Non ci siamo resi conto di quello che era successo. L’abbiamo vista in piscina morta dopo un po’”.

Ma il racconto non convince l’avvocato della famiglia: “Com’è possibile che decine di persone che erano in uno spazio di meno di 100 metri quadri, abbiano impiegato minuti a vedere un cadavere in una piscina poco più grande di una vasca? E perché, come raccontano alcuni, Simona era a faccia in su? Se fosse caduta in acqua dopo essere stata male non avrebbe assunto quella posizione”. L’ipotesi di un malore, comunque, resta aperta: “Lo dirà l’autopsia – dice il legale – anche se Simona era in ottima salute, faceva una vita molto sana ed evitava di bere essendo una sportiva. E comunque resta inspiegabile che nessuno si sia accorto di nulla per minuti”. Particolare attenzione degli investigatori per lo stato del luogo. Il giardino e la piscina dove decine di ragazzi avevano festeggiato erano “pulitissimi”. “Qualcuno – dice l'avvocato – aveva sistemato tutto e perfino raccolto le bottiglie d'acqua in delle buste di plastica. Mentre degli alcolici non c'era traccia”. Un dettaglio significativo considerando che gli organizzatori, nell'invito al party, avevano chiesto agli amici di portare il costume prevedendo che “qualcuno troppo ubriaco” sarebbe potuto cadere in piscina. Nonostante l’apparente pulizia del luogo, i carabinieri hanno rinvenuto tracce di sangue. “Un ragazzo ha raccontato che, sconvolto dalla vicenda, ha dato un calcio a una sedia e si è tagliato”, riferisce l’avvocato. Il giovane è stato sottoposto all’esame del dna per verificare se il sangue sia effettivamente suo.
