Un minuto prima sono in pochi: arrivano Nino Ciccarelli, Christian Lembo altri capi storici della Nord. Poi il marciapiede si riempie. Ci sono più o meno 500 persone in via della Liberazione a Milano, davanti alla sede dell’Inter. Tutte, in maniera diversa, dicono la stessa cosa: “Non ci meritiamo questo trattamento”. Gli ultras della curva Nord hanno deciso di manifestare contro la decisione della Procura di negare i biglietti per la finale di Champions League ai tifosi rimasti intoccati dall’inchiesta Doppia Curva. “Chi ha sbagliato è già in carcere”, dicono. Il riferimento è ad Andrea Beretta, che si è pentito, Marco Ferdico, che forse ha parlato, e agli altri del vecchio direttivo. “Io ho l’abbonamento da 30 anni e non mi hanno nemmeno mandato il codice”, qualcuno dice, “siamo in 7mila in curva e per tre persone dobbiamo rimetterci tutti?”. Tutti ci tengono a chiarire che nessuno è lì per chiedere regali, biglietti gratis, trattamenti di favore. Anzi, c’è chi sarebbe disposto a pagare più di quanto necessario. Eppure sul sito dell’Inter c’è scritto che la precedenza ce l’hanno coloro che sono abbonati da più tempo. Inevitabile che anche qui si parli di ciò che la Procura ha scoperto: “Ma si spartivano tutto in tre, qua c’è gente che non ha visto un euro”. Perché tra le carte della Procura si parla di questo: affari. E dei movimenti che stavano avvenendo dietro la Nord. Pare che nessuno sapesse. Lo ha detto anche Mirko Perlino, presente con i tifosi in via della Liberazione. L’ex avvocato di Beretta ha parlato del pm Paolo Storari e della durezza con cui, a dire degli ultras, sta affrontando questa situazione: “Io non lo so se un pubblico ministero ha il potere di fare queste cose. Non lo so”. Fatto sta che al momento tra Procura e ultrà non sembra esserci dialogo. Nemmeno con le concessioni che la Nord sarebbe stata disposta a fare: comunicazione dei nominativi e numero di cellulare dei tifosi in trasferta, biglietti limitati a 15 per ogni gruppo. Siamo ancora fermi. Qualcuno è uscito da poco da lavoro e arriva con le scarpe antinfortunistiche ancora addosso. Appoggia la bici e si mette a cantare. Il coro più frequente è: “Noi vogliamo solo tifare”. I giornalisti circondano Perlino e Franco Caravita, uno dei grandi vecchi della curva nerazzurra. Tutti vogliono sapere la posizione dei leader rimasti liberi su ciò che accaduto, su ciò che ancora non sappiamo. Alcuni ultrà si infastidiscono e urlano: “Che domande sono? Qua stiamo parlando di un’altra cosa”. Qualcuno spinge: “Avete rotto il caz*o con questi cellulari puntati in faccia”. Certe domande, però, vanno comunque fatte.


“Io devo fare il poliziotto per chi? Con la tessera del tifoso la società può controllare chi è daspato e chi no”, dice Caravita. Processi in curva non se ne fanno. Anzi, il vecchio ultrà rilancia: “È fascismo. Se tu mi giudichi prima del processo è fascismo. Mettetela come volete, ma è repressione pura”. Le simpatie politiche di Caravita e di certe frange della Nord sono note. Estrema destra. Ora le cose si ribaltano. Paradossi: in questa storia di ultras c’è anche questo. E ancora, sempre Caravita: “Io sono qua con gli Inter club, con la gente che è venuta insieme ai bambini. Non siamo solo ultras”. È vero: ci sono anche gli altri. I tifosi venuti con la famiglia e i figli, quelli che sono in via della Liberazione per dire che i prezzi dei biglietti sono troppo alti. Lo dicono in faccia alla società. La stessa che secondo loro li ha traditi: “Sul sito c’è scritto che sarebbe stata premiata la fedeltà, ma non è così”.


“La società sta facendo finta di nulla, e questo non è bello”, attacca ancora Mirko Perlino. Le richieste, dice, sono ragionevoli e più basse rispetto all’inizio: non più 1500, ma qualche centinaio di biglietti. Poi aggiunge che il mister e i giocatori sono con gli ultrà. Anche loro vogliono che la Nord sia a Monaco a sostenerli. Certe cose contano in quelle partite. A lanciare i cori, come in transenna a San Siro, sotto la sede di via della Liberazione c’è Christian Lembo. Su uno degli striscioni esposti c’è una frase: “Avete le mani legate, però a parenti, sponsor e agenzie i ticket li date”. La domanda, tra le righe, è diretta: da che parte state? La squadra forse ha davvero scelto. La dirigenza anche. O almeno per chi è sceso in strada a cantare è come se lo avesse fatto. L’inchiesta prosegue. Andrea Beretta, Marco Ferdico e gli altri stanno affrontando un processo. Pochi giorni a Monaco e ancora tanti degli ultrà rimasti fuori non sanno se ci potranno essere. Si abbassano striscioni e bandiere: la protesta, per ora, è finita. L’ultima partita della stagione può essere storica. Ma chi la vedrà all’Allianz Arena ancora non è chiaro.

