La faccia della curva è chi ti vende la fanzine fuori dallo stadio. La fanzine è spenta: grafica banale, articoli riempitivi. Il volto della ragazza che me la propone è depresso. “Ragazzi, avete un euro?” L'approccio è da elemosina. Ha i capelli tinti di rosso, un cappellino in testa, gli occhi imploranti. Continua: “Dovete sostenere la Nord, siamo disperati, non abbiamo più niente”. Non abbiamo più niente. Ha detto proprio così. Le do l'euro. Lo afferra e procede verso un altro gruppo di persone.

Sì, possiamo tranquillamente decretare la morte della curva Nord. L'atmosfera di San Siro quando gioca l'Inter è cambiata. In pochi mesi le inchieste della magistratura, gli arresti, i tradimenti, gli omicidi, la mancanza di capi carismatici hanno devastato una tifoseria. Due anni fa, con lo scudetto perso all'ultima giornata, intorno alla curva si unì un popolo che poi, nel corso della stagione scorsa, quella della seconda stella, è diventato un tutt'uno - pubblico, squadra e società - in un crescendo quasi mistico. Ora la curva non canta quasi più, non si sente. Si era già capito nella semifinale di andata contro il Milan, intuito in Champions contro il Bayern, ma ieri quel popolo, nel ritorno di Coppa Italia, ha toccato il punto più basso. Quel popolo si è disgregato. Ecco, disgregato è la parola giusta.

È da tempo ormai che i primi venti minuti la Nord resta in silenzio per protesta. Ma anche dopo pochi cori, niente striscioni, contro il Bayern sotto di uno a zero è stata l'Inter a risvegliare lo stadio, a entusiasmarlo con la prova di sofferenza patita in campo. Contro il Milan era l'Inter che aveva bisogno del tifo. Perché l'onere e l'onore del capopopolo se l'è preso Lautaro, il capitano, che ora è sfinito, come tutti i suoi compagni, dopo una stagione al ritmo di una partita ogni due giorni e mezzo. Perché l'arbitraggio di Doveri è stato scandaloso. Perché nonostante la condizione fisica sempre più al limite c'era una squadra che lottava per il secondo Triplete in 15 anni, che si sta giocando un campionato, che ha una semifinale di Champions contro il Barcellona.

Ma lo stadio? Lo stadio era spento. La gente nelle tribune si rivolgeva alla curva: “Perché non cantate?”, “pezzi di merda”, “criminali”, le offese si sprecavano. “L'anno scorso”, dice uno, “al primo verde c'era il delirio”. E uno, dietro di lui, risponde: “Per forza, a caricare tutti c'era Renatone”. Renato Bosetti, fondatore degli Old Fans, punto di riferimento per la rivendita di biglietti. Ora pure lui è in carcere. Un altro si gira e racconta: “Nell'ultima trasferta di Bologna a cantare erano gli Inter club, non i gruppi della curva”. La situazione è questa.

Il messaggio che la Nord vuole mandare alla società è esplicito: senza di noi non hai supporto. Le battaglie sono pure giuste: il costo dei biglietti, diventati inavvicinabili, scandaloso; la difficoltà a organizzare le trasferte; i vessilli che non si possono più esibire; la gestione degli ingressi; le multe per chi si mette sulla balaustra. È vero: tifare, a queste condizioni, è difficile. Ma la società e soprattutto l'Inter c'entrano fino a un certo punto e possono fare poco. C'entrano la Digos, il Prefetto, la Procura, la Questura. C'entra che, non bastassero le inchieste, tutte le scelte prese nei confronti degli ultras sono atte a disperdere una delle poche forme di aggregazione rimaste. Una curva sono 7-8mila persone che si muovono intorno a dei capi e dentro a una struttura gerarchica riconosciuta. Sapete cosa vuol dire? Fa paura. Tanto da falcidiarla anche quando non c'è motivo. E guardate che anche la curva Sud milanista, nonostante la vittoria, non se l'è passata bene. Anche lei scialba. Anche lei dai toni sommessi. Togli i leader dalla circolazione, di qua e di là, e hai risolto il problema.

È innegabile, infatti, che sotto la gestione Beretta-Ferdico il cambio è stato epocale: il business è cresciuto, i social sono esplosi, la curva Nord è diventato un brand, il coordinamento con gli Inter club funzionava, il rapporto con il resto dello stadio era simbiotico. Ora cosa è rimasto? Bisognerebbe chiederlo a Roberto Saviano che descrive la curva interista come la più 'ndranghetista d'Italia. In realtà i proventi della fanzine sono pochi, i canali ufficiali del merchandising sono bloccati, le possibilità di ricaricare sulle trasferte sono diminuite e a queste condizioni non ci sono introiti. E poi c'è un problema di reputazione. Le domande del tifoso comune sono le seguenti: con che faccia ti lamenti del costo del biglietto se fino a qualche giorno fa eri tu che curavi il bagarinaggio con ricariche folli? E poi che senso ha togliere il supporto a una squadra nel momento più delicato? Non potete trovare altre forme di dissenso?

Quindi cosa fare? Bisognerebbe aprire un confronto. Un confronto diretto, un dibattito sui temi per i quali protestate, cari ultras, caro Toni, caro Adolfo, caro Christian e ragazzi del nuovo direttivo, cari Nino (Ciccarelli) e Franco (Caravita), grandi vecchi della curva, e sulle scelte che vi penalizzano. Ma come, se i primi a negarlo siete voi, se i primi a non parlare, non spiegarvi, non metterci la faccia siete voi? Ma come, se non rilasciate interviste, se credete che siccome raccontiamo la realtà per quella che è e facciamo solo (e bene) il nostro lavoro siamo degli infami?

Fatevi avanti. Avete preso le distanze dai direttivi precedenti, come avete subito fatto? Non riuscite a stabilire un dialogo con le istituzioni e le forze dell'ordine anche se su di voi non ci sono né indagini e sospetti? Parliamone pubblicamente. Non permettiamo a queste dinamiche di far mancare l'appoggio alla squadra e di rovinare un cammino. Un percorso. È una questione di fede e di colori che, a detta vostra, sono le uniche cose che contano. In questo modo sta morendo una curva per come l'abbiamo conosciuta. Sta morendo un popolo. E chissà quanto tempo ci metterà a ricostruirsi. Fatevi avanti.

