Essere ultrà significa scontrarsi con il nemico per dimostrare che la propria fede è più forte. Per la maglia si è disposti a fare viaggi lunghissimi, andare a cantare negli stadi più lontani. Sacrificio e appartenenza. Essere un capo ultrà, invece, comporta anche delle responsabilità: gestire i più giovani, le coreografie, le trasferte, i rapporti con le forze dell’ordine. E servono soldi per tenere viva la curva. Ma anche per mantenere i leader. Quanto guadagnava Andrea Beretta come capo ultrà? “Dipende dall'andamento della squadra come va, diciamo che in questo periodo la squadra andava bene, anche a noi ci andava bene, di solito portavamo a casa 5 o 6mila euro al mese a testa”. Un incasso da dividere sempre con Marco Ferdico e Antonio Bellocco. Ci sono poi i soldi del “ticketing”, ovvero quel meccanismo che prevede il tesseramento di qualcuno che non frequenterà lo stadio. Il posto vuoto verrà venduto come biglietto singolo in un secondo momento: “Una partita di cartello, tipo Inter - Juve, può costare anche 80 euro”, mentre gli ultrà la pagano 40 o 50. Ai cancelli, poi, i sistemi di verifica dell’identità di chi entra non sembrano così stringenti, stando a quanto detto da Beretta: “Magari dei responsabili di curva Nord andavano ai cancelli, ‘Dai, fai passare questo qua che è dei nostri’”. Simile il sistema delle trasferte, a cui però si aggiungono i costi del pullman, e “Allora faceva magari la partita 50 euro, più il pullman, 10 euro, 60 euro”, a fronte di un costo di “30/35 euro”. Allo stadio vengono vendute anche le fanzine, e per questo “Marco portava a casa magari anche 5/6mila euro” in monete. “Per cui scusi, Marco quanto portava a casa diciamo mediamente per il suo settore di attività a partita?”, chiede il pm Paolo Storari a Beretta. Dai 5 ai 7mila euro a partita, che possono raggiungere i 10mila per i match più importanti, e a cui si aggiunge il merchandising, che Beretta distribuiva due volte all’anno: 25/30mila a testa, 50/60mila all’anno. Diverso il conto per gli “eventi straordinari”.
Per la finale di Champions League, invece, quanto guadagnavano? “Intorno ai 90mila euro a testa”, alcuni dei quali sono stati spartiti come “regali”, per esempio a Mauro Nepi (“Maurino si è portato a casa anche lui 25/20mila euro”) Debora Turiello. A quest’ultima, sempre per la partita di Istanbul, sarebbero stati riconosciuti 5mila euro. Del resto, solo il biglietto per lo stadio, dice ancora Beretta, costava 800 o 900 euro (pagato 300 dagli ultrà). D’estate, quando a San Siro non si gioca, ci sono i concerti. Emanuele Rimaudo, anche lui legato alla Nord, si occupa del merchandising degli eventi. Solo che per gli eventi salivano da Napoli delle batterie di rivenditori di materiale concorrente. E gli ultrà venivano pagati dallo stesso Rimaudo per allontanare questi “abusivi”: “Su tutta la stagione dei concerti, intorno a... 30mila euro”. “Prima li ho divisi con Vittorio, questo lavoro qua, e i ragazzi che facevano il servizio; e poi li ho divisi con Antonio e con Marco”, spiega Beretta. Più complicata la questione del parcheggio. Inizialmente “ce l'aveva in mano anche Franco Caravita, che era il vecchio leader della curva, tramite delle gestioni di cooperative, delle cose”, ma in seguito ebbe un ruolo anche Vittorio Boiocchi. Lo zio “avrebbe dovuto far pressioni a Franco per farsi dire l'offerta che aveva fatto”, così da permettere, stando alla ricostruzione di Beretta, a Gherardo Zaccagni di vincere facilmente la gara. Cosa che poi non avvenne: Zaccagni, infatti, pagò molto più del dovuto, creando tensioni nel circolo. A ogni modo, “Boiocchi prendeva 4mila euro, però 2mila euro dovevano venire alle casse di curva Nord e non sono mai venute”. Ma per Beretta avere in mano i parcheggi non è tanto una questione economica, specie per quello principale: “Diciamo che il parcheggio principale, dove... non è una questione tanto di... finanziaria, di guadagno, è una questione di pubbliche relazioni, diciamo è il parcheggio quello che va sotto, dove arrivano i pullman della squadra, lì c'è tutto un rapporto di conoscenza” di persone di un certo livello, “gente di Milano che è importante”. Lì lasciano l’auto i calciatori, che poi se ne vanno in autonomia, “passano gli allenatori, fai firmare la maglia, la maglia la porti all'amico, capito? È tutta una questione di… relazioni”.
La gestione della birra venduta all’interno di San Siro era lasciata agli ultrà del Milan, che comunque davano “dai mille ai 2mila euro” direttamente a Beretta per mano di Francesco Lucci, fratello di Luca. Un business marginale rispetto a tutto il resto. Il mercato della curva è stato raccontato con precisione dal pentito interista, e ora sono più chiare le divisioni del lavoro, così come il ruolo di Antonio Bellocco, che inizialmente percepiva 2mila euro al mese proprio da Beretta per pagarsi l’affitto. E Totò venne anche assunto nella cooperativa di tale “Puma”, un’assunzione fittizia utile a evitare i controlli in Calabria. Le “note spese” del sistema che reggeva le tifoserie di San Siro stanno emergendo nel dettaglio. In attesa di informazioni più pesanti sull’omicidio di Vittorio Boiocchi.