Fino a poche ore fa non sapevamo chi potesse aver ucciso Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà della curva Nord interista. Oggi la Procura di Milano ha arrestato sei persone ritenute “gravemente indiziate di essere i responsabili (mandanti ed esecutori materiali)” nell’ambito dell’inchiesta Doppia Curva. Alcune di loro erano già in carcere, come Andrea Beretta e Marco Ferdico. È stato arrestato anche il padre di quest’ultimo, Gianfranco. Berro nell’ipotesi dei pm Paolo Storari e Sara Ombra avrebbe pagato 50mila euro per l’esecuzione dello Zio. Gli autori materiali sarebbero due: Andrea Simoncini, che sembra guidasse lo scooter su cui viaggiava insieme a Daniel D’Alessandro (arrestato in Bulgaria), detto “Belloebuono”, quello che avrebbe sparato, l’uomo che aveva avvertito Beretta delle intenzioni di Antonio Bellocco. Cristian Ferrario, l’intestatario del deposito in cui erano nascosto l’arsenale della curva Nord (dove forse gli investigatori cercavano l’arma del delitto), avrebbe prestato il mezzo ai due sicari, e per questo è stato arrestato. Tra gli indagati, infine, c’è Mauro Nepi, anche lui ultrà interista. Nel documento emesso dalla gip Daniela Cardamone c'è anche “l’aggravante della modalità mafiosa”. Per la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci il movente dell’omicidio sarebbe di tipo economico (“per un ammanco di cassa”), un’azione volta a “eliminare quello che era stato fino a quel momento il leader della curva Nord dell'Inter, per prendere il suo posto e dividere i profitti”. Molte delle cose che avevamo scritto ora trovano conferma. Nel primo “viaggio” dicevamo che Vittorio, prima di essere ucciso, pare che avesse riconosciuto il suo assassino: “Non farlo, non sparare”. Il vecchio ultrà viene ucciso con due colpi di Luger calibro 9x19 mm, di produzione della Repubblica Ceca marca TPZ; altre tre ogive FMJ calibro 9 sono ritrovate sulla scena del crimine. Dato che D’Alessandro e Simoncini erano anche loro membri della curva Nord, è possibile (ma non abbiamo la conferma ufficiale) che Boiocchi li avesse riconosciuti.

Noi avevamo scritto che Boiocchi era da anni legato ad ambienti della criminalità organizzata: da giovane era amico di Guglielmo Fidanzati, morto nel 2014 e figlio di don Tanino, boss di Cosa nostra. Nel 1998 finisce in carcere per associazione a delinquere finalizzata all’importazione di droga. Si fa vent’anni di prigione. Nel 2018 torna in curva. Ma Vittorio, ci dice chi lo ha conosciuto, “litigava con tutti”. Anche con il suo erede, Andrea Beretta, e Marco Ferdico: con il primo c’erano state delle frizioni perché Boiocchi aveva tenuto per sé la gestione dei biglietti lasciando a Beretta solo il merchandising e prendendo le parti di Pino Caminiti nel business dei parcheggi. Una volta che Bellocco arriva in curva, i conti non tornano più. Anche questo lo avevamo detto. Beretta viene arrestato dopo aver ucciso Bellocco il 4 settembre 2024. Passano pochi giorni e l’ultrà si pente. Non solo di aver ammazzato Totò, ma per il suo passato criminale. Lui è fedele a Padre Pio, come si legge nell’ordinanza emessa oggi. Un’altra delle cose che avevamo anticipato. Ragioni personali, quindi, oltre che di opportunità. Berro si era scontrato con Totò e Ferdico per ragioni simili a quelle che lo avevano portato a rompere con il suo mentore: “Beretta se è stato capace di uccidere Bellocco con 21 coltellate per non cedere parte dei suoi guadagni ai calabresi o perché si era opposto a un negozio simile al suo di Pioltello che Bellocco voleva aprire a Milano, credo che per lo stesso motivo possa essere stato capace di organizzare l'omicidio di Boiocchi”, ci disse un’ultrà amico di Vittorio. 50mila euro: questo, stando a quando sostengono i pm, il prezzo per uccidere lo Zio. “L'indagine è un punto di non ritorno per il tifo, il tifo a Milano sta cambiando”, ha detto il Questore in conferenza stampa. Una storia che ha radici nel mondo criminale della città. E che con i valori del tifo calcistico ha poco a che fare.
