Tutti muti: il Toro è tornato. Il capitano segna, trascina. Decide che è arrivato il momento della stagione in cui c’è da alzare l’asticella: fare gol che pesano come macigni nella storia dell’Inter e vincere le partite. Ai microfoni di Sky, al termine della doppia sfida contro il Bayern Monaco, parla lui: Lautaro Martinez. Il bomber è l’immagine più nitida e definitiva degli “ingiocabili” di Simone Inzaghi appena qualificati, per la seconda volta in tre anni, alla semifinale di Champions League: squadra che ha le palle quadrate per giocarsela contro i più importanti, ricchi e forti club del mondo. Cuore, testa e coglioni, come ha ribadito lo stesso attaccante argentino senza mezzi termini, in mondovisione. L’inter c’è e chi fa la differenza è Lautaro. 20 gol stagionali con la maglia nerazzurra e non è ancora finita, di cui almeno la metà decisivi. Che il Toro di Bahia Blanca fosse uno dei migliori calciatori del mondo non dobbiamo certo dirlo noi in questo articolo, sono i fatti a dimostrarlo. E chi si era sorpreso della nomination tra i top 10 nella lista del Pallone d’Oro, oggi deve rimangiarsi le disquisizioni.

Lautaro Martinez è quello che muove la rete quando la palla è infuocata e la posta in palio è la gloria eterna. Se fai gol con l’Argentina ai mondiali e poi li vinci, se buchi la porta e alzi al cielo la Copa America, se sei il primo marcatore della storia dell’Inter in Champions League e il settimo nella storia del club in tutte le competizioni con il tuo nome 150 volte a tabellino, sei un fuoriclasse. Uno di quelli destinati a rimanere nel tempo e nei racconti di chi ama il calcio. Eppure c’era qualcuno che a inizio stagione, quando i gol firmati Lautaro erano meno del solito, sosteneva che questo giocatore avesse finito il suo momento magico. Dicevano che era lento e appesantito, che non trovava più la porta. E intorno tante chiacchiere inutili che criticavano un ragazzo che fin dal primo giorno aveva mostrato passione per i colori nerazzurri e gli attributi giusti per diventarne il capitano. Lo sappiano che in Italia il calcio e l’opinionismo del calcio è roba da tromboni che ripetono le stesse cose a pappagallo per fare hype e poi, all’occasione giusta, cambiare idea salire sempre sul carro del vincitore.

Qui però non cadiamo nel tranello e vogliamo sapere dove sono quei criticoni che a settembre sostenevano che l’Inter fosse una squadra vecchia e spacciata perché Lautaro Martinez non segnava più. O che dopo il derby perso in Supercoppa gridavano al fallimento. Troppa incompetenza. Bastava ascoltare Simone Inzaghi che diceva di avere fiducia di questa Inter e che, se il capitano non andava a tabellino non c’era da preoccuparsi. Ora è tornato tutto a posto: l’Inter soffre, vince e sogna un’altra finale di Champions League. Lautaro fa gol e mette in mostra le palle. A Milano, dove le palle del Toro in Galleria Vittorio Emanuele, portano fortuna. Un antico rito propiziatorio per chiedere la buona sorte. Interisti tatevi un giro, anzi tre, con il tacco della scarpa, magari arriva il Triplete.