L’Inter che sbanca l’Allianz Arena è sì una notizia, ma occhio prendere per verità un verdetto soltanto parziale. È l’abc del calcio; la base se si vuole restare vivi in Champions League. La vittoria di martedì sera contro il Bayern Monaco grazie al solito inserimento del solito Davide Frattesi – la cui serata è stata una storia a parte a causa della morte della nonna tifosissima poco prima del quarto d’andata – ha generato un’ondata di ottimismo attorno alla squadra di Simone Inzaghi, che lotta ancora su tutti i fronti possibili arrivati a questo punto della stagione. Mercoledì mattina, la Gazzetta dello Sport titolava “Inter favolosa”. Un’euforia comprensibile ma che, non si sa bene perché, sembra essersi estesa a tutto il calcio nostrano. Ma se l’Inter è una delle squadre più in forma d’Europa e probabilmente la più “matura” in termini umani più che tecnici per ambire alla vittoria finale – sempre che Yamal e, da ieri sera, anche Douè non decidano di rottamare Lautaro, Çalhanoğlu e compagni – questo non significa che per il calcio italiano sia giunta la primavera. Lo dice – pur abbandonandosi ad una nostalgia un po’ stucchevole, quasi fosse un moto involontario e un tentativo di rifugiarsi nell’Antico testamento del calcio per chi ultimamente passa le ore parlando di Bibbia – anche Aldo Cazzullo su Corriere della Sera, rispondendo ai lettori: “Il livello del campionato è basso, avere venti squadre non ha molto senso. Nella Lazio fa meraviglie Pedro, che ha quasi quarant’anni. Molti match sembrano partite di calcetto, infiniti passaggi laterali, una brutta copia de tiki-taka di Guardiola, che Fabio Capello accusa di avere un po’ rovinato il calcio”. Sulla mancanza di ritmo del calcio nostrano Cazzullo non scopre certo l’acqua calda, ma proprio per questo sottolinea un aspetto ormai cronico di un sistema in sofferenza e orfano, sul campo, di un’avanguardia in grado di portare nuova linfa.

Cazzullo parla di Roma-Juventus, andata in scena all’Olimpico durante lo scorso turno di campionato: “La partita è stata abbastanza penosa, la Roma non azzeccava tre passaggi di fila, si è limitata a chiudere gli spazi, la Juve si è trovata a dominare persino controvoglia, senza osare mai affondare i colpi. L’unico calciatore di classe internazionale in campo era un turco che non ha ancora vent’anni ed è quindi un po’ acerbo, un po’ leggerino, Yildiz”, continua Cazzullo, forse pentitosi per aver ceduto alla tentazione di riassaporare il clima da stadio dopo anni d’assenza. E la sua disabitudine diventa palese quando si mette a rivangare nel passato, citando gli anni Ottanta “quando la Roma di Liedholm veniva al Comunale di Torino e dominava, Chierico e Conti sulle ali, in mezzo Falcao, Ancelotti, Toninho Cerezo, con Di Bartolomei che avanzava a centrocampo. Avevano sempre la palla loro, poi magari scappava Boniek in contropiede su lancio di Platini e segnava”. Tutto un altro giocare, insomma. Quello è stato il Rinascimento calcistico. Allora il centro del mondo eravamo noi. All’Olimpico, invece, “l’unico calciatore di classe internazionale in campo era un turco che non ha ancora vent’anni ed è quindi un po’ acerbo, un po’ leggerino, Yildiz”. Insomma, oggi “c’è solo l’Inter”, per dirla con un coro da stadio. “In questo livello basso si staglia l’Inter. Certo i nerazzurri sono il meglio che offra in questo momento il calcio italiano. Cui manca il leader, il fuoriclasse in grado di trascinare il movimento, come furono Mazzola e Rivera, Baggio e Del Piero, Vieri e Totti”, conclude Cazzullo. E torna la tentazione della nostalgia.
