I personaggi della sceneggiatura li conosciamo: Andrea Beretta era il mandante, Marco Ferdico e suo padre Gianfranco gli organizzatori, Daniel D’Alessandro “Bellebuono” e Pietro Andrea Simoncini, suocero di Marco, gli esecutori. Il 29 ottobre 2022 devono uccidere Vittorio Boiocchi sotto casa sua all’angolo di via fratelli Zanzottera. Il piano prevede che sia Simoncini a sparare allo Zio, ma nel tragitto che percorre insieme a D’Alessandro sul Gilera cade e si fa male a una spalla, e per questo a fare fuoco sarà l’altro. In aula di fronte ai giudici Simoncini ha ammesso: “Ci ho ripensato fino all’ultimo”. Pare sia stato lui a urlare “non sparare” a Bellebuono. Un racconto, però, che per il pm Paolo Storari non regge: “Cosa credeva, di andare lì e lanciare un gavettone?”. Come a dire: non basta il pentimento finale per cancellare tutto quello che c’è stato prima. Simoncini vorrebbe che questo suo ripensamento avesse valore anche a processo e spera in una sentenza più clemente. Ferdico conosce il suocero quando scende in Calabria, a Soriano, per giocare a calcio. Lì incontra Aurora, sua moglie. In quelle zone sono attive diverse famiglie della ‘ndrangheta, ma i due imputati hanno già detto ai magistrati che queste non c’entrano nulla con l’omicidio Boiocchi: hanno fatto tutto loro della curva Nord. Beretta voleva mettere da parte Vittorio e ha sfruttato le conoscenze di Maurino Nepi, che gli aveva parlato di alcune persone giuste per “risolvere” il problema. Così entrano in scena i Ferdico e Pietro Andrea. Quest’ultimo è già esperto di azioni del genere, dice Beretta nelle sue confessioni. Si sarebbe esercitato nella faida delle Preserre, una guerra di mafia tra diverse fazioni della ‘ndrangheta del Vibonese che è in corso dalla fine degli anni Ottanta. Martedì 17 giugno era il giorno delle sentenze in primo grado del processo Doppia Curva. Tra gli imputati c’era anche Cristian Ferrario, il custode dell’arsenale della curva Nord, condannato a sei anni. Alcuni giorni prima, però, era stato sentito dai magistrati in merito all’omicidio Boiocchi.

Ferrario era l’intestatario del Gilera con cui Bellebuono e Simoncini sono arrivati in via Zanzottera, sotto casa di Vittorio. Dopo l’omicidio ha distrutto lo scooter per prendere i soldi dell’assicurazione. Va detto che Ferrario deve molto a Beretta: è grazie a lui e all’impiego nella We Are Milano che ha ottenuto l’affidamento ai servizi sociali dopo essere uscito dal carcere il 7 ottobre 2022, pochi giorni dell’assassinio dello Zio. “Ma se avessi saputo che il Gilera sarebbe servito per ammazzare Boiocchi, me lo sarei mai intestato? L’ho saputo solo dopo che quello era il piano”. Inoltre, Ferrario avrebbe detto ai magistrati di essere certo che a fare l’azione sarebbero stati Ferdico e Beretta. Anche per questo motivo la sua difesa sembra intenzionata a chiedere il riconoscimento del reato di favoreggiamento anziché di concorso in omicidio. In effetti, anche Beretta avrebbe esposto la sua posizione in merito al ruolo di Ferrario: “È vero, potrei non averlo avvertito di quello che volevamo fare con il Gilera”. Una conferma che rafforzerebbe la versione del suo presunto prestanome. Per questo procedimento è all'esame del giudice la richiesta di rito abbreviato.

