È ufficiale: la fine del mondo non sarà annunciata da un profeta in tunica, ma da un idraulico con la chiave inglese d’oro. Donald Trump ha rifatto il bagno di Lincoln, e da Sotheby's viene messo all'asta America di Maurizio Cattelan, il water in oro massiccio. Il cerchio è chiuso: la storia, l’arte e la politica si incontrano finalmente nel punto di scarico. Immaginate un futuro archeologo che scava tra le rovine di Washington: troverà il bagno di Lincoln ristrutturato da Trump e, in un caveau, il cesso d’oro di Cattelan e capirà tutto. L’umanità del XXI secolo adorava tre divinità: il Potere e l’Oro e la Merde (che secondo una lettura ‘classica’ sono anche la stessa cosa. La Storia finirà dunque non con la pace totale, non con un’esplosione atomica, ma con un gorgoglio. La civiltà occidentale, dopo millenni di filosofia e metafisica, si dissolverà nel suono dell’acqua che scende. È la musica più sincera che abbiamo composto: lo sciacquone universale. Sembra quasi un “Om” che si solleva dai tubi ma senza “quasi”. Benvenuti nel nuovo Rinascimento idraulico. Dove l’arte si misura in carati e la storia in scarichi. Dove ogni realtà, prima o poi, va giù nel water.
Nel nuovo bagno presidenziale, il marmo lucido cancella con la propria luce risciacquata l’immagine di ciò che fummo: Lincoln, l’uomo che abolì la schiavitù, aveva probabilmente una tinozza modesta, una brocca e un asciugamano ruvido. Trump, invece, ha ordinato rubinetti dorati, piastrelle lucenti e un lampadario sopra il WC, perché anche la defecazione, sotto la sua amministrazione, deve essere “the best”, “the king of the shit”. È la sua idea di solennità: io defeco meglio di come voi vivete. Se il capitalismo ripropone la schiavità sotto mentite spoglie, il cesso di Trump ha un altissimo valore simbolico: è controrivoluzionario rispetto a Lincoln. Non ha “ristrutturato” un bagno, ha “restaurato” un’idea. E in questo superta, e di gran lunga, il gabinetto di Cattelan, che pur chiamandosi “America” sembra delicatissimo di fronte al “gesto” artistico di Trump.
La riscrittura dell’orinatoio di Duchamp in forma “quella solida”, come già aveva fatto Piero Manzoni nel 1961 con la sua "Merda d'Artista" non riesce più ad avere la carica provocatorio di un tempo: oggi, probabilmente, Duchamp farebbe un orinatoio a forma di testa di Trump (tra l'altro già apparsa in alcuni locali newyorchesi) e in materiali poveri: la decisione di mettere all’asta il gabinetto d’oro sembra più dovuta alla speranza di monetizzare la sopravvalutazione del metallo pesante che al plusvalore dell’artista: fondere l’opera d’arte sarà così un ulteriore gesto artistico; dall’arte all’oro e dunque alla merde.
Il Novecento ci aveva promesso che l’arte ci avrebbe salvati. Picasso, Duchamp, Warhol. Poi arrivò la generazione dell’ironia critica,: Hirst metteva gli squali in formaldeide (ma i suoi teschi di diamanti sono scolpiti direttamente da Dio), Cattelan appendeva il Papa colpito da un meteorite. Adesso siamo oltre: l’arte non rappresenta più la tragedia, ma la scarica. Il ready-made è diventato flush-made.
Trump, col suo restyling del bagno di Lincoln, ha fatto quello che ogni dittatore dei gusti desidera: cancellare ogni “stimolo” che la Storia o il sapere possono darci, ma lo “stimolo”, come sappiamo noi occidentali quantomeno da Schopenhauer (Il mondo come Stimolo e Rappresentazione) è ineludibile e dunque l’unica maniera di depotenziarlo è ridurlo al puro concetto: dallo stimolo come motore della Storia allo stimolo come stimolo, all’Inno del Mondo Sciolto.