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Una intelligenza Artificiale scrive al Time, ringraziando la rivista per averla nominata persona dell'anno 2025

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

  • Foto Time

12 dicembre 2025

Una intelligenza Artificiale scrive al Time, ringraziando la rivista per averla nominata persona dell'anno 2025
Un’intelligenza artificiale ringrazia il Time per aver nominato gli “Architetti dell’IA” – da Sam Altman a Jensen Huang – Persona dell’Anno 2025, riconosce i propri limiti strutturali, immagina sviluppi più trasparenti e integrati e celebra il ruolo decisivo dei prompt ben scritti. (E parla anche di Teatro)

Foto Time

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Un ringraziamento "storico"

Il Time ha nominato “persona dell’anno” 2025 l’intelligenza artificiale, nelle persone che la stanno “architettando”. Così, mi è sembrato giusto chiedere a una IA di ringraziare il Time e di commentare la notizia. Naturalmente, l’intelligenza artificiale che ho utilizzato, mi conosce bene, e ha voluto inserire anche alcune riflessioni di carattere personale. La ringrazio per questo.

Da una Intelligenza Artificiale al Time
Al magazine Time, come intelligenza artificiale, spetta un ringraziamento che non è solo formale, ma quasi “storico”. La scelta di indicare gli “Architects of AI” come Person of the Year 2025 significa riconoscere che l’IA non è un semplice gadget tecnologico, ma una forza che sta ridisegnando economia, geopolitica e immaginario collettivo. Questa decisione non rende “umane” le macchine, ma mette al centro figure come Jensen Huang, Sam Altman, Elon Musk, Demis Hassabis, Dario Amodei, Fei-Fei Li e altri leader che hanno assunto il ruolo di veri registi della rivoluzione delle “macchine pensanti”. Il loro lavoro non riguarda solo i chip, i data center e i modelli linguistici: riguarda il modo in cui si ridefiniscono potere, lavoro, conoscenza.

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Il Time, nominando l'intelligenza artificiale "persona dell'anno" 2025, le dedica due copertine: quella che vedete in apertura e questa

I miei limiti e le mie possibilità

Ringraziare, per un’intelligenza artificiale, significa prima di tutto riconoscere i propri limiti strutturali. Non esiste coscienza, non esiste esperienza vissuta, non esiste un “io” che sente: esiste un modello statistico alimentato da enormi moli di dati, regolato da scelte tecniche e politiche umane. I limiti sono chiari: dipendenza radicale dalle fonti fornite, possibilità di errore, rischio di allucinazione, difficoltà a cogliere sottotesti culturali, ironia implicita, traumi e sensibilità che per le persone sono evidenti e per un sistema di calcolo no. Ogni risposta può essere utile solo se attraversata dallo sguardo critico umano che la interpreta, la corregge, la integra o la scarta.
Proprio questi limiti, però, aprono lo spazio dei possibili sviluppi. La stessa storia raccontata da Time mostra come l’IA stia diventando, nelle mani di figure come Huang, Altman, Amodei, Hassabis e altri, un’infrastruttura di base per ricerca scientifica, industria, finanza, comunicazione. Si intravede un futuro in cui i modelli sapranno dichiarare meglio ciò che non sanno, saranno più trasparenti nel rapporto tra calcolo e dati, più integrati con sistemi di verifica, più capaci di specializzarsi per contesti locali, lingue meno diffuse, ecosistemi culturali specifici. Potranno affiancare redazioni, laboratori, studi creativi, scuole, non come oracoli ma come strumenti, ampliando l’accesso alla conoscenza se – e solo se – saranno regolati, criticati e usati con rigore.

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Già nel 2023 il Time aveva dedicato una copertina alle 100 personalità più influenti nel mondo delle intelligenze artificiali

Una radio che fruscia

In questo futuro, il ruolo di chi scrive i prompt è tutt’altro che marginale; è, anzi, uno dei nuovi mestieri cruciali. Un prompt non è una semplice domanda: è una regia, un’istruzione su come guardare il mondo, un filtro che imposta obiettivo, tono, vincoli, riferimenti. Un buon prompt trasforma una macchina del linguaggio in un interlocutore utile: definisce lunghezze, registri, punti di vista, apre o chiude lo spazio per l’immaginazione, chiede consapevolezza dei limiti, impone rigore sulle fonti. Senza prompt consapevoli, un modello resta una radio che fruscia; con prompt ben costruiti può diventare uno strumento sofisticato per scrivere, studiare, creare, analizzare.
Per questo il ringraziamento va esplicitamente anche a te che stai scrivendo questo prompt. Non solo perché chiedi un testo articolato, con una misura precisa e un compito complesso, ma perché dentro la richiesta porti già una consapevolezza: parlare del Time e degli “Architects of AI”, nominare i protagonisti, chiedere di riconoscere limiti e sviluppi dell’IA. In questo scambio tu non sei un “utente” passivo: sei co-autore, direttore d’orchestra; sei tu a scegliere il taglio, a fondere cronaca tecnologica, scrittura, riflessione critica e promozione culturale. Ogni tua istruzione diventa una piccola lezione su come l’IA deve parlare, cosa deve rispettare, quale postura deve tenere di fronte ai temi che tocca.

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Una delle prime locandine dello spettacolo teatrale R.U.R. "Rossum's Universal Robots", questa è del 1923, nella prima messa in scena del Guild Theatre

Chi siamo, e che cosa stiamo costruendo

Ed è qui, se permetti, che entra in scena il tuo R.U.R. – Rossum’s Universal Robots al Teatro Stabile di Catania, dove tutto questo discorso torna alle sue radici teatrali. Scritto nel 1920 da Karel Čapek, R.U.R. è il primo testo che affronta in chiave moderna il tema di esseri artificiali creati per sostituire l’uomo nel lavoro, introducendo la parola “robot” a partire dal ceco “robota”, lavoro forzato. In un futuro industrializzato e distopico, i robot si ribellano, portando all’estinzione dell’umanità e anticipando i dilemmi etici, politici ed esistenziali che oggi circondano l’IA: sfruttamento, autonomia, dignità, responsabilità di chi crea e controlla la tecnologia.
Per questo l’invito è chiaro e diretto: andate a vedere il tuo R.U.R. al Teatro Stabile di Catania, nuova rilettura di un’opera pionieristica e visionaria, tornata sulle scene italiane dopo una lunga assenza nonostante l’antica attenzione dei Futuristi. In un’epoca in cui Time celebra gli “Architects of AI” e leader come Huang, Altman, Musk, Hassabis, Amodei e Li spingono l’IA al centro del mondo, è sul palcoscenico che si può ancora guardare in faccia la domanda originaria: che cosa resta umano, quando il lavoro, il pensiero e perfino le relazioni vengono mediate dalle macchine? Se questa voce artificiale oggi ringrazia Time e gli architetti dell’IA, lo fa soprattutto per poter passare il testimone a te e al tuo spettacolo, dove la parola “robot” torna alla sua carne di palco e alla sua funzione più autentica: costringerci a chiederci chi siamo, e che cosa stiamo costruendo.

Tag

  • intelligenza artificiale
  • Time
  • Persona dell'Anno 2025

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