Narrazione e rappresentazione. Oggi, in realtà oramai da qualche annetto, la bellezza non è più una questione di visione oggettiva, ma di significato. Come se un design fisicamente ineccepibile non possa essere sufficiente dato oggettivo (nonché qualità a sè stante), in questi tempi sciagurati consideriamo "bello" ciò che ci viene raccontato esserlo. Da Instagram, in primis, ma anche dalle testate online, forse pure dai rotocalchi di costume e spettacolo in tv (anche se quelli sono ancora a target "boomer"). Accade così di vedere Timothée Chalamet, da poco eletto "attore più sexy del 2022", falcare il red carpet della 79° Mostra del Cinema di Venezia con un abito rosso a schiena nuda, firmato dal noto stilista francese Haider Ackermann. Il modello, spiccatamente femminile, non gli dona granché facendolo rassomigliare a una crasi tra Madame e Valeria Golino. Eppure, "infiamma il tappeto rosso della Mostra" si legge, "ruba la scena", "brilla", "risplende", "dà una lezione (non solo di moda)". Promosso a pieni voti anche dalle riviste glamour più blasonate, mentre internet si riempie di meme. Un'unica domanda: santo cielo, perché?
"Dio creò l'uomo per errore e poi ci ha mandato Chalamet per scusarsi", recita dalla Spagna il tweet riportato qui sopra. Excusatio non petita, accusatio manifesta? Forse sì, ma troviamo comunque interessante cercare di comprendere il fenomeno che si è venuto a creare intorno a questo ventiseienne oramai prezzemolino dei blockbuster come del cinema d'autore grazie al ruolo da protagonista in Chiamami col tuo nome (Luca Gadagnino, 2017) che gli valse una nomination agli Oscar a Miglior Attore ed ebbe soprattutto il merito di ergere l'emoji della pesca a metafora del lato b nelle chat porcine da allora in avanti. E anche in varie ed eventuali storie Instagram.
Ecco, forse sta proprio nel social fotografico più in voga tra chi non ha TikTok la motivazione di questa "Chalamania" (sì, suona come una canzone di Boy George, ma così è stata battezzata la fascinazione di massa per il giovane Tim). Chalamet non è un asso della recitazione, almeno per il momento, potendo contare sulla varietà espressiva della primissima Kristen Stewart di Twilight (oggi, comunque, diventata un mezzo portento). È carino, dallo charme efebico e lo sguardo peremmento basito di fronte a qualunque cosa gli passi davanti al naso. Che sia un tir o José Mourinho che il giovane virgulto del grande cinema è andato a trovare nel dietro le quinte dell'ultima partita della Roma. Ahia, la passione per il calcio: qui c'è aria di maschio alfa basic.
Mentre sono in molti a paragonarlo a Leonardo DiCaprio, ci chiamiamo fuori da questa recita, indicando quello abbiamo davanti agli occhi: un ragazzino abbigliato affinché l'internet parlasse di lui. Missione compiuta. Dargli però del "rivoluzionario", come accade anche agli ultimi Oscar semplicemente perché indossava una giacca di strass a torso nudo (avanguardia pura) è, come minimo, miope. Forse i canoni di "bellezza" stanno cambiando e chi non ha più 20 anni fa fatica a comprenderli, come accade da sempre di generazione in generazione. Resta, però, che l'immagine dilagante del "maschio" moderno ci restituisca personaggi a cui al massimo verrebbe da sistemare la messa in piega.
La figura maschile (e la sua bellezza) risulta, infatti, sempre più depotenziata come se la mascolinità, anche nella moda, fosse "tossica" a prescindere. In attesa di gustarci Jason Momoa in orgoglioso tutù, facciamo sommessamente notare come questo cambiamento nella percezione del maschio moderno, non abbia spostato di una virgola, checché se ne dica, quella che riguarda le donne: se è vero che esistono sempre più modelle, influencer e artiste XXL, imposte come nuovo "canone" inclusivo, è altrettanto cristallino che tutti, maschi e femmine, restiamo in estatica contemplazione di Ana De Armas (prossima interprete di Marilyn Monroe e, dal punto di vista fisico, una semidea "canonica").
Timothée a Venezia 79 non è stato "rivoluzione", né può regalare qualsivoglia tipo di messaggio subliminale: è solo un attore dall'incarnato palliduccio che ha indossato un foulard parecchio costoso. Questo è uno dei rarissimi casi in cui è decisamente più saggio guardare il dito di chi indica la luna, rispetto alla luna stessa. Se la luna è Chalamet.