Una storia nata da un incidente senza feriti in strada, trasformatosi in pochissimo tempo in quel che sembrerebbe essere un omicidio volontario. Questa, probabilmente, sarà l’accusa per Flavio Focassati, camionista incensurato che avrebbe travolto la 42enne Alessia Sbal. Una morte avvolta nel mistero per quattro giorni fino a quando non è stata resa nota da Repubblica la ricostruzione degli eventi grazie alla testimonianza di un automobilista e a 4 chiamate al 112 in cui si posso sentire le parole strazianti della vittima. Tutto nasce da un tentativo del camionista di evitare la procedura dopo il sinistro stradale. Alessia era in auto al telefono con una sua amica quando la sua auto viene speronata. «Mi ha speronato. Oddio questo camion mi ha preso. Ti richiamo». Così la chiamata si interrompe.
Il camion non si ferma e prosegue ma Alessia, decisa a non fargliela passare liscia, supera il veicolo di Focassati e lo costringe a fermarsi. Un testimone, Paolo Piccini, ha raccontato di averla vista arrabbiata «perché quel tir aveva proseguito la sua marcia». A veicoli fermi Alessia è scesa con il giubbotto catarifrangente e sarebbe iniziata una lite. Nella prima telefonata al 112 lei parla di un tir che l’avrebbe tamponata, ma in sottofondo è possibile sentire la voce di un uomo che nega di essere stato lui. I toni sono alterati e la tensione è molta. Sono circa le 20:30 e poco dopo è il 112 a richiamare. Sembra che il camionista sia rientrato nel suo veicolo, mentre Alessia era ancora in strada. Ma stavolta le parole della giovane donna sono allarmate: «Dove vai, dove vai? Fermati, fermati, non mi venire addosso. Fermati!». Ma nulla da fare. Alessia viene travolta da Focassati e la chiamata finisce. Il 112 prova a richiamare altre due volte la vittima, ma nessuna risposta. Alessia è morta sul colpo.
Le indagini inizialmente erano riuscite a risalire a uno dei due tir che si pensava fossero coinvolti, quello di Flavio Focassati, che aveva dichiarato di non averla vista in strada: «Mi è comparsa davanti all’improvviso». Ma la ricostruzione grazie alla registrazione delle chiamate sembra raccontare una storia diversa. Ad Alessia era appena stata proposta una collaborazione con l’Università La Sapienza, e stava tornando a casa dal fidanzato per festeggiare, a Ladispoli. La mamma, Tina Angiolilli, ne parla come una figlia «gioiosa» a cui «hanno strappato il sorriso». E chiede l’aiuto a qualunque testimone non si sia ancora palesato, affinché si possa fare giustizia, nonostante questo non le potrà ridare Alessia.