È un caso di cronaca con risvolti giuridici interessanti, quello chiuso l’8 settembre 2022 con una sentenza della Corte di Cassazione. Un’auto e una moto procedono in direzioni di marcia opposte sulla stessa strada, a un certo momento la prima mette la freccia a sinistra e la moto, che viaggia ad una velocità sostenuta, nella percezione di un pericolo che per la verità non c’è, esegue una brusca frenata e va a terra, senza nemmeno toccare la macchina. Il motociclista fa causa all’automobilista, perde sia nel primo che nel secondo grado di giudizio e, fatto ricorso in Cassazione, anche nel terzo, subendo, oltre la condanna, anche il pagamento delle spese giudiziarie per circa 13 mila euro.
Nel processo di primo grado e in quello d’appello, che attengono al merito della vicenda, il centauro si è visto attribuire la responsabilità esclusiva dell’incidente in sostanza perché, andando a velocità elevata, non poteva avere una percezione corretta dei rischi, dovendo così frenare bruscamente. A quel punto il condannato è ricorso alla Suprema Corte, che giudica eventuali difetti di forma della sentenza precedente. I giudici di Cassazione hanno rigettato l’istanza di rivedere le valutazioni dei colleghi d’appello, secondo il motociclista sbagliate, decidendo di confermarle in quanto “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile e l’uomo ha dovuto in più pagare i costi della lite processuale.