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No, non si può morire
a 13 anni in monopattino,
ma davvero si può
accusare di omicidio
l’amico che glielo ha prestato?

2 settembre 2021

No, non si può morire a 13 anni in monopattino, ma davvero si può accusare di omicidio l’amico che glielo ha prestato?
Il caso del tredicenne Fabio Mosca, morto dopo essere caduto mentre provava il monopattino di un amico, oltre al dolore e all’incredulità continua a ingenerare elementi di discussione. La magistratura fa il suo lavoro e deve affrontare anche un certo vuoto normativo, ma colpisce che l’amico di Fabio ora risulti indagato per omicidio colposo. E anche il padre, per quanto non materialmente presente, potrebbe essere chiamato a rispondere

Presti il monopattino a un amico, lui lo usa, cade, batte la testa, muore, e tu, oltre a sentirti in colpa e a vivere il lutto, finisci indagato per omicidio colposo. Sta accadendo questo, stando a quanto riferiscono vari organi di stampa, nel caso del tredicenne Fabio Mosca, che ha perso la vita a San Giovanni, nel Milanese, dopo aver provato il monopattino elettrico di un diciassettenne.

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La scena dell'incidente del ragazzino

Questo perché, in attesa dello sviluppo delle indagini, un dato è certo: “Fabio – sottolinea il Giornale – non poteva guidare quel veicolo, in quanto una delle poche norme chiare è la legge che fissa a quattordici anni il limite minimo di età per l’utilizzo dei monopattini elettrici. Forse l'amico non lo sapeva, forse ha prestato il mezzo al ragazzino senza pensarci. Ma ora si trova a venire indicato come il responsabile involontario della sua morte”. Come sempre in questi casi c’è chi parla di “atto dovuto” e sicuramente i magistrati si saranno mossi con cognizione di causa e con una competenza che non può essere propria di un commentatore o di un lettore, ma da profani questi sviluppi tendono a ingenerare perlomeno qualche perplessità. Davvero la morte di qualcuno può essere colpa di chi gli ha prestato il mezzo con cui poi il malcapitato ha avuto un incidente? Incauto prestito? Non parliamo ovviamente di casi di sabotaggio o altro.

Il diciassettenne peraltro non è l’unico che potrebbe essere chiamato a rispondere (e che di certo come minimo è chiamato a procurarsi e a pagare un avvocato), perché “il lavoro degli inquirenti sta puntando anche ad accertare se sia stata solo l'inesperienza a far perdere a Fabio il controllo del monopattino, o se le caratteristiche dell'attrezzo abbiano contribuito alla tragedia, rendendo quasi impossibile allo studente governarlo correttamente. Per questo il mezzo è stato posto sotto sequestro ed è stato nominato un perito che ne analizzerà le componenti. Il sospetto è che non fosse inserito il dispositivo che limita a 25 chilometri orari la velocità massima raggiungibile, come impone la legge. […] Se il limitatore fosse stato disinserito, a risponderne potrebbe essere chiamato il padre del diciassettenne. L’uomo non era presente al momento dell'incidente, e quindi non è responsabile dell’incauto prestito del mezzo a Fabio, ma – conclude il Giornale – il suo ruolo nella gestione del monopattino, acquistato pare recentemente, è anch'esso sotto esame da parte della Procura di Monza.

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