Si dice che, senza Niki Lauda, Lewis Hamilton non sarebbe mai diventato quello che è. Si dice che guardò Enzo Ferrari negli occhi e gli disse che la sua auto era una merda. Si dice che non ringraziò l’uomo che gli salvò la vita nell’incidente al Nürburgring.
Si sono dette tante cose su Niki Lauda ma forse la più grande verità è che, a un anno dalla sua scomparsa, nei paddock si sente il vuoto della sua mancanza. Nel Circus tutti volevano sapere la sua opinione sulle cose. Perché Niki, con quell’eterna arroganza che lo rendeva irresistibile, non riusciva proprio a starsene zitto.
La vita
Niki contro tutti, sempre. La forza del suo carattere, così scontroso e difficile, era la corazza del suo successo e di quella gentilezza che non poteva mostrare. Lauda ha sempre dovuto lottare con una marcia in più per ottenere il rispetto degli altri. Ben lontano da un’infanzia in cui sognare la Formula 1 era permesso, l’austriaco abbandonò una vita già scritta per inseguire la sua vocazione.
Nato ricchissimo, figlio di un banchiere di nobili origini, Lauda ricalca alla perfezione il personaggio del giovane-ricco oppresso dalle costrizioni di un padre-padrone. Si ribellò, lasciando gli studi, si indebitò fino ai capelli e firmò un’assicurazione sulla vita a vantaggio dei suoi creditori. Tutto per la Formula 1, tutto perché arrogantemente convinto di poter diventare il più forte di tutti.
L'incidente al Nürburgring
Non è un caso che sulle vicende del mondiale di Formula 1 del 1976 sia stato girato un film. L’incidente Nürburgring, quello in cui Lauda ereditò le cicatrici che tutti conosciamo, è la scena madre del suo grande capolavoro. La sua Ferrari a fuoco al Bergwerk, il rosso fuori e il rosso dentro, il contatto con altre due monoposto, il casco che non regge all’impatto. Il Nürburgring è stato lo spartiacque della vita di Niki.
A tirarlo fuori da quel cumulo di fuoco e ferraglia fu il pilota italiano Arturo Merzario. Tornato in pista solo 42 giorni dopo il rogo Lauda non si fermò mai a salutarlo, a ringraziarlo. Mesi dopo si presentò da lui e si tolse l’orologio per regalarglielo, Merzario lo gettò a terra. Gli ci vollero circa trent’anni per ringraziarlo davvero.
La Formula 1 con lui
“Forse avete trovato qualcuno più veloce di me”. Non deve essere stato facile per Lauda pronunciare una frase del genere. Era arrogante, ma più di tutto era sincero. Quello che pensava lo diceva, sempre. E nel 1984, anno del suo ultimo titolo, disse che forse quel qualcuno era arrivato. Si chiamava Ayrton Senna.
Ma anche dopo aver lasciato la Formula 1 Lauda non se ne andò mai davvero lontano. Fu commentatore televisivo per la tedesca RTL, team principal per la Jaguar Racing e infine presidente onorario della Mercedes F1.
Non cambiò mai un granché. Legatissimo a Lewis Hamilton lo sgridò pubblicamente in più di un occasione. Indimenticabile il commento all’incidente di Barcellona nel 2016, quando i due piloti Mercedes si scontrarono al via buttando al vento una doppietta assicurata. La scuderia prese la via più sicura, mettendo la colpa nel mezzo, ma tutti sapevano che per avere la verità bisognava andare da Niki.
“Colpa di Lewis” sentenziò l’austriaco, puntando il dito contro il suo pupillo. Un errore che quell’anno probabilmente gli costò il titolo e una lezione che Hamilton non dimenticò mai.
La Formula 1 senza di lui
In un 2020 senza pandemie e lockdown il grande circo della Formula 1 si starebbe preparando per affrontare il weekend più atteso del calendario: quello del Gran Premio di Monaco. Lo scorso anno la morte di Niki piombò sul Circus proprio alla vigilia del magico appuntamento nel Principato. Vinse Lewis Hamilton, onorando quel padre che che forse più di tutti gli ha insegnato la forza del credere nei propri mezzi.
Impossibile dimenticare il tributo di tutti in quel weekend dolce-amaro. Un cappellino rosso, un omaggio a quello che Lauda non si toglieva mai, con il nome Niki scritto a grandi lettere. A un anno di distanza, con le monoposto ferme e una Formula 1 che non sembra iniziare mai, il ricordo di quella giornata scalda i cuori dei tifosi e fa sentire un po' di più la mancanza dell'austriaco. Lui che nei box diceva quello che gli pareva, esattamente come il Lauda pilota, senza paura di quella gerarchia che rende tutto così noiosamente politically correct. Senza paura di sembrare uno stronzo, o un arrogante. Forse senza nemmeno la consapevolezza che era proprio questo a renderlo così irresistibilmente amato.