«Di Tognazzi, che si crogiola nella turpe carnalità del personaggio, si può ripetere che è bravo; ma cominci a guardarsi dalla vocazione per il sudicio». Chissà come avrà reagito l’Ugo Nazionale leggendo questo velenoso monito firmato dal critico titolare della «Stampa», l’accigliato Leo Pestelli, riferito al film Splendori e miserie di Madame Royale di Vittorio Caprioli, uscito nelle sale italiane il 17 settembre di cinquant’anni fa.
La “turpe carnalità” contro cui punta il dito Pestelli è quella di Alessio, primo personaggio omosessuale a conquistare (in modo non indolore, va detto) lo status di protagonista assoluto in una pellicola italiana, nell’interpretazione di un autentico “mattatore” della commedia come lo stesso Tognazzi, di cui ricorre quest’anno il trentennale della scomparsa, più precisamente il 27 ottobre.
Classe 1922, Tognazzi era giunto entro il ’70 all’apice della maturità artistica: al cinema imperversava ormai da vent’anni, di cui i primi dieci occupati da una sequela di commedie imbastite sulla scia del suo successo prima nel varietà e poi in TV, con la trasmissione Un due tre accanto a Raimondo Vianello. Ma dopo aver imbroccato un ruolo di spessore nel Federale di Luciano Salce, che gli aveva dato la patente di attore “serio”, Tognazzi aveva fatto il salto di qualità verso ruoli sempre più impegnativi, in una carriera densa di successi clamorosi come Amici miei e Il vizietto, ma anche di salti nel buio come Il petomane.
Quando Pestelli lo definisce uno specialista in ruoli scomodi, anzi “sudici”, non parla a vanvera: Tognazzi è effettivamente un virtuoso dei personaggi privi di etica (lo sfruttatore della Donna scimmia, diretto dal compagno di marachelle Marco Ferreri) e di morale (il simpatico bigamo dell’Immorale – appunto – di Pietro Germi)… e via azzardando, col professore urofilo di Controsesso, in un episodio diretto ancora da Ferreri, e col lussurioso avvocato della Bambolona di Franco Giraldi, dominato dal pensiero fisso di togliersi “lo sfizio” con una rubensiana minorenne.
Ma torniamo al quesito iniziale: come avrà reagito il divo cremonese all’odio di cui trabocca la recensione della «Stampa»? Forse avrà bruciato il quotidiano imprecando contro il bigottismo della sedicente intellighenzia italiana? O forse, sotto sotto, avrà gongolato, compiacendosi di aver toccato ancora una volta un nervo scoperto della società?
Eppure, quando Tognazzi si approccia al primo ruolo omosessuale della propria sterminata filmografia (Alessio precede di otto anni il frivolo e ossigenato Renato Baldi del Vizietto), non lo fa solo per il gusto della trasgressione: gli si avvicina anzi con grande senso di responsabilità e con un’immedesimazione talmente perfetta da far preoccupare il figlio Ricky, il quale paventa un improvviso “cambio di rotta” nel bel mezzo dell’invidiatissima carriera da sciupafemmine del padre.
Nella costruzione dell’Alessio di Splendori e miserie, l’impavido Tognazzi è assecondato dal regista-attore Caprioli, che in principio aveva scritto il personaggio per se stesso, assieme allo sceneggiatore preferito di Visconti, Enrico Medioli, e a quello prediletto da Fellini, Bernardino Zapponi. Con Tognazzi, Caprioli condivide la determinazione a creare una figura a tutto tondo, con cui il pubblico possa identificarsi al netto di ogni pregiudizio.
Non semplicemente “uno di quelli”, come venivano liquidati gli omosessuali in quegli anni, ma una persona vera con vizi e virtù, un po’ mitomane (la Madame Royale del titolo è il suo alter ego en travesti, incarnato in pittoreschi party casalinghi) ma straordinariamente generosa, disposta a tutto pur di proteggere una ragazzina, figlia di un suo antico compagno, di cui Alessio si considera madre a tutti gli effetti.
Ma né la critica, timorosa di mostrare troppa comprensione per gli omosessuali, né il pubblico, che si aspettava un film tutto da ridere, hanno reagito come auspicato da Caprioli & Co. Schifato pure dai militanti gay della prim’ora che ne hanno deprecato il finale tragico, Splendori e miserie si è dimostrato – come dice il dizionario Morandini – «un insuccesso che fa onore al suo autore e al suo protagonista».
A distanza di cinquant’anni possiamo dire che questo film – cui è dedicato il libro Quelle come me. La storia di Splendori e miserie di Madame Royale, in uscita il 16 settembre per PM Editore – abbia avuto infine la sua rivincita, diventando a suo modo un cult: gli attivisti-cinefili hanno riconosciuto la nobiltà dei suoi intenti e l’umanità del suo protagonista. E soprattutto la veridicità dello spaccato sociale che offre, con una Roma notturna che, persino nei cunicoli del Colosseo, nasconde uno sciame di figure “inammissibili” eppure concretissime.