Correva l’anno 1967, quello della tragedia di Luigi Tenco. Sanremo fu vinto da Claudio Villa con “Non pensare a me”, davanti a tale Annarita Spinaci e a I Giganti, terzi. Ma nelle retrovie di quella stagione, nascosta dalla censura – scandalosa e improponibile al grande pubblico –, c’era anche “Aprimi il cu*o” della fantomatica Vera Luna. Tutta fake, da capo a piedi, quest’ultima parte di ricostruzione “storica”, ma la trollata postata su YouTube una quindicina di giorni fa sul canale Cantoscena (si viaggia spediti verso le 100mila visualizzazioni), è una simpatica genialata degna della reincarnazione digitale (e, presumiamo, brava con la IA) dei mitici Squallor. Chi ci sia dietro è un mistero. Ovviamente i crediti del brano dicono poco o nulla: scritta e composta da tale Libero James, la canzone vede Vera Luna medesima tra i redattori del piccante testo. Una trollata perfetta, diremmo. E quasi “di gusto”, a dispetto della volgarità del testo. Perché il pezzo è arrangiato davvero come avrebbe potuto essere arrangiato un brano festivaliero dell’epoca. Giro d’archi obbligatorio su voce pop femminile ed enfatica, il mix del successo sicuro. Lo stile? Avrebbero potuta cantarla Iva Zanicchi o Caterina Caselli, o addirittura un Gene Pitney, non fosse altro che l’inglese era maschio e quindi si sarebbe addirittura andati oltre. Ora il pezzo lo vediamo anche ripostato da gente che, non sappiamo quanto complice o credulona, aggiunge: “E poi vi lamentate che la musica di oggi è tutta volgare e oscena”. Pensiamo siano degli scafati sidekick, o vogliamo crederlo, perché il tutto è davvero surreale.
“Non sono stata io!”, giura Chat GPT, che per sicurezza abbiamo interpellato pur consapevoli di quanto, al livello più base e free, sia incline all’occasionale menzogna. Le crediamo, ma con riserva, perché ci pare ovvio che parti (almeno delle parti) di questo brano siano stati costruiti con l’aiuto di un’intelligenza artificiale. Magari non Chat GPT, ecco. Ma cosa si sa/dice di questa Vera Luna? All’anagrafe Silvana Zangrosso, militò in questo movimento d’avanguardia che risponde al nome di Cantoscena. Così ci viene venduto, sulla pagina Bandcamp relativa, questo recupero dritto dai Sixties più arditi e proibiti: “Vera Luna – una delle figure più emblematiche dell'intera storia di questo movimento artistico – e quello che è forse il suo brano più audace e, senza dubbio, il più rappresentativo. Attiva durante gli anni d’oro di questa avanguardia musicale, tra gli anni ’60 e ’70, l'artista originaria del Trevigiano si è sempre distinta per l’eccellente tecnica vocale, i contenuti provocatori e un lirismo ad alto tasso erotico. Il brano, registrato nel 1967, fu immediatamente censurato senza possibilità di appello, bandito dalle radio e mai distribuito nei negozi di dischi. […] Il testo suscitò forti polemiche all’interno di Cantoscena, spaccando il movimento tra chi auspicava un’evoluzione più “soft” dell’intera corrente musicale e chi, invece, difendeva la cantante rivendicando la necessità di una libertà artistica radicale. Alla fine prevalse questa seconda linea, che rifiutava ogni forma di censura sulle opere". Tutto chiaro. E ora? Ora non abbiamo a che fare con i nuovi Residents (che dietro questo progetto si celi qualche Baustelle? Naah, torniamo alla teoria sulla IA, piuttosto) o con qualcosa di Delia Derbyshire, bensì con la violenta viralità tiktokkara dei nostri giorni digitali e artificiali. E in questo caso, anche molto divertenti.
