No, non c’era Signorini. Eppure se ne sentivano dire di tutti i colori già quindici anni fa. Non solo voci ricorrenti, frasi fatte e situazioni ingigantite tanto per dire “anche io c’ero”. Spesso purtroppo erano confessioni di chi non ce la faceva più, storie, delusioni di pseudo carriere televisive infrante che si mischiavano ad incontri a sfondo sessuale o semplici (mica tanto) proposte indecenti. Rapporti viziati dallo status, “amicizie” di comodo o collaborazioni che si fermavano al primo rifiuto.
Coppie che nell’antica Grecia si definivano come Erastes ed Eromenos, con il piccante hot quasi sempre presente. Come il jalapeño nel contemporaneo hamburger smashato. Un gioco che non si fermava al perimetro della sessualità binaria, ma si manifestava ben nitido in certi ambienti dove la fetta omosessuale era una porzione assai sostanziosa.
Tutto accadeva nella massima normalità, come fosse un codice di mondi che funzionavano così. E a Milano non possiamo affondare la lama del racconto solo nel circolino della televisione e del suo indotto: ci si allarga alla moda, ai più moderni ambienti della comunicazione e della pubblicità. Il potere logora chi non ce l’ha diceva Andreotti, ma evidentemente anche chi ce l’ha non si da pace. Che sia un semplice sollazzare o ricerca di amore, poco conta. Questo era il contesto anche prima di Signorini. Anni in cui l’oggetto accusatorio di un Corona, ormai inarrestabile e più bravo di tutti nella forma del racconto e nella capacità di conoscere come nessuno al mondo il linguaggio dell’hype, iniziava la sua ascesa.
Anche allora, si parla del 2008 / 2009, quando io, fresco di un buon successo come partecipante al Grande Fratello, mi affacciavo nella Milano da bere del terzo millennio, si diceva che per far accendere le luci della ribalta poteva capitare che ti chiedessero in cambio un giro sull’ottovolante, specie se eri fisicato e belloccio.
A Milano c’erano ancora l’Hollywood la domenica notte con i calciatori nel privé, Bobo Vieri e Bettarini che giocavano a colpire i cartelli stradali in Corso Garibaldi, il mitico e unico Giannino in Via Vittor Pisani con le amiche di Berlusconi presenza fissa e i paparazzi nascosti dietro le siepi dell’Ibiza. All’epoca facevo il giornalista di gossip e la mia vita scorreva in un anello a metà strada tra la chi provava a diventare famoso e chi prometteva le vie del successo. Ne sentivo di ogni, tutti i giorni.
C’era l’impresario di provincia “amico di Lele” che ti faceva fare i casting per Uomini e Donne e ogni tanto si prendeva la confidenza di allungare lei mani. C’era il direttore del giornaletto che ti invitava a cena perché eri bravo, ma alla fine parlavi tre ore di sesso e di “carne” e quello che, dopo un aperitivo, ti portava a passeggiare fin davanti a un portone che, guarda caso, era quello di casa sua.
A me era successo anche di più, dopo una serata all’All Fashion. Champagne e un sorriso a 32 denti del personaggio televisivo che fino a quel momento non mi aveva considerato, ma che come un amico di vecchia data, mi propose di seguirlo a casa sua. L’offerta (sulla carta) era allettante: “In frigo ho un’altra bottiglia come questa”. Declinai con educazione, tanto che il mattino seguente, cotanto signore ci tenne a scusarsi per l’eccessiva confidenza, chiudendo poi con una battuta che sapeva di trappola o di rivincita: “Stai tranquillo, tanto voi del Grande Fratello non farete niente in tv. Siete finiti”. La verità è che oggi nessuno dei due ci lavora.
Tutto accadeva nel normale flusso di corpi e sogni che si miscelavano con l’alcool (quando andava bene), perché in certi ambienti era così, al massimo potevi riderci su. Per questo, nel 2009, durante un servizio dell’ottimo Pif in quel prodotto televisivo pionieristico e geniale che era “Il Testimone”, con tono ironico ma schietto, non feci mistero del contesto in cui ormai vivevo da un paio di anni, con una dichiarazione: “Prima di entrare in questo mondo pensavo che fossero solo leggende, oggi che ci sono dentro penso che la realtà sia peggiore: non solo “la danno” per arrivare, ma “lo danno””.
Profetico? Accusatorio? No. Realista. Questo era il sobborgo della Tv quasi 20 anni fa, quello spazio in cui tanti ci provano, pochissimi ci riescono. Chi per talento, chi per fortuna. Chi per altre vie che abbiamo capito non sono quelle del signore, ma delle “signore”.