Poco tempo fa è uscito un disco. Un progetto che è più vicino alla performance art che alla discografia. Si tratta dell’Ep “Music-Ia” dell’attrice e content creator Sara Penelope Robin. Nell’intenzione di sollevare un dibattito sulla relazione tra arte e intelligenza artificiale, Sara ha scritto e composto nove brani tramite il supporto di programmi informatici, per poi pubblicarli su tutti i canali di streaming con tanto di visual, anch’essi generati artificialmente. A dimostrazione che anche i software di ultima generazione possono essere utili al processo artistico e performativo ci aveva già pensato Marracash, che nel suo ultimo tour ha fatto del dialogo con l’Ia, animata dalla voce di Matilda De Angelis, il fulcro dello spettacolo. Sara però scende ancora più in profondità, mostrando che è possibile coinvolgere i computer anche nel processo creativo, a patto che sia fatto senza inganno. La provocazione di non ricorrere alla sua voce naturale è uno stratagemma per accendere un dubbio nell’ascoltatore; c’è ancora qualcosa di umano nelle canzoni? Noi lo abbiamo chiesto direttamente a lei, ed ecco cosa ci ha raccontato.
Sara Penelope Robin, ci racconti come hai realizzato il disco “Music-Ia”?
Tutto quello che faccio, che sia video, audio o live, parte dal fatto che io sono una che racconta storie; quindi, sono partita dal concept e dai testi. Ci sono delle app che funzionano con l'intelligenza artificiale, che ti permettono di partire da un testo, cantarlo, per quella che è la tua idea, oppure non cantarlo e farlo fare random all'Ia e poi ti restituiscono il brano. Io ho cantato le melodie, quindi anche l'idea musicale è mia. Ovviamente stiamo parlando di suoni molto basici, ma già ci fanno capire tutte le potenzialità della Ia. Poi una volta ottenuto il risultato le ho passate in Ableton, perché comunque l’Ia fa ancora degli errori, delle ripetizioni, che ho lasciato di proposito, proprio per parlare anche del fatto che la macchina fa degli errori, non è vero che è perfetta. Le Ia non possono diventare degli oracoli, però si possono comportare da specchio e se impari a usarlo quello specchio, si comportano proprio così. All'inizio l'idea era anche di modificare la mia voce, però poi mi sono detta perché farlo? Il punto è proprio far capire che quella non è la mia voce. Non volevo che le persone potessero pensare che quella fosse autentica.
Come ha reagito la tua community? Ha capito cosa stavi facendo?
Il mio pubblico è sempre molto intelligente, anzi colgo proprio l'occasione per ringraziarlo, perché per quanto possa sembrare una banalità, io ho una community molto forte e anche molto intelligente. Sono quattro anni che ci siamo accolti, diciamo così. Sento davvero di essere in un gruppo di persone che pensano in un modo. Non ho mai raggiunto milioni di follower, credo di avere i follower giusti, ma non è detto che dove c'è la maggioranza e dove ci sono tanti numeri, ci siano cose giuste. Questo è un mito che stanno creando a scapito spesso della qualità. Nei miei contatti ho l'80% degli addetti ai lavori però mi interessa davvero fare qualcosa che possa contribuire a livello intellettuale alla causa. Devo dire che i miei follower hanno capito, io sono rimasta molto contenta, anzi è proprio quello che mi ha incoraggiato a continuare, a pensare a uno sviluppo del progetto, perché effettivamente ci sono state recensioni serie dell’album e le persone hanno anche compreso il paradosso che volevo creare.
Pensi che le case discografiche, ammesso che ne facciano ricorso, usino l’Ia in modo virtuoso?
Io non posso ovviamente dirlo per certo, non ho le prove, però insomma quelle tipiche canzoni che ci entrano in testa posso immaginare che siano fatte con l’uso dell’Ia e soprattutto che non ne sia stato fatto un uso etico, trasparente. Anzi, è proprio quello che mi ha spinto a iniziare. Il fatto è che stavo notando che, per quanto iniziano a nascere i primi movimenti di canzoncine fatte con l'Ia e qualcuno all'estero già la usa come forma d'arte vera e propria, effettivamente si stava usando in modo menzognero, cioè ti inganno, ti faccio credere che quella è la mia voce, ma effettivamente non canto mai io dal vivo. Quindi se lo fanno, non è mai stato dichiarato. Non c'è un album dichiaratamente in collaborazione con l'Ia, forse il mio è il primo. Un uso giusto dell'Ia è quindi un uso trasparente. Sono strumenti che ci possono aiutare a rafforzare la nostra consapevolezza, non a svuotarla.
Nell’Intro dici “Le case discografiche lo sanno/ Lo sanno e lo sanno più di tutti/ Che ci hanno fottuto il cervello”. Che responsabilità ha la discografia?
La musica è sempre stata la parte dionisiaca dell'essere umano, la parte spirituale, che parla attraverso i suoni, un linguaggio che non è solo quello della parola parlata. Non possiamo chiudere la musica in una gabbia di visualizzazioni, di like, di schemi che si dà per scontato che funzioneranno. Poi questo non è neanche tanto vero, perché mi sembra tanto che l'obiettivo sia far passare di far fare numeri, a tutto ciò che svuota la coscienza umana. Fino a poco fa c'erano Fabrizio De Andrè e Rino Gaetano che erano considerati mainstream, perché oggi sono mainstream altre cose? C'è uno svuotamento alla base della consapevolezza, dell'anima, questo è il punto principale, non le macchine che si umanizziamo ma gli uomini che si robotizzano. Questo sistema, cadrà su sé stesso, lo stiamo già vedendo, perché in fondo non si fanno neanche tanti soldi con questa roba, ci serve qualcosa di nuovo, ci servono intellettuali, musicisti, persone che parlano con la voce della coscienza. E più che una critica, vuole essere proprio un invito a ritornare allo scopo principale della musica.
Quando dici “I social sono un’ipnosi collettiva” a cosa ti riferisci?
È un termine che ripeto per ogni monologo che faccio ormai, perché credo che tante cause, quali anche la violenza sulle donne, oppure la guerra in Palestina, vengano usate come dei trend, basta mettere un hashtag, fare una sbandierata durante un concerto e ci siamo tolti il problema della Palestina. La mia prima canzone con la Ia è stata proprio “Mettici un po’ di Palestina” che non ho mai pubblicato, ma probabilmente pubblicherò al fine di prendere i proventi e darli in beneficenza. Io faccio davvero pochi video su argomenti per cui abbia qualcosa da dire che possa avere un risvolto concreto. Non lo faccio per mettermi dietro un trend o per essere una delle tante opinioni che girano, creando solo caos sull'argomento.
Come funziona la pubblicazione sulle piattaforme che offrono servizi di streaming in questi casi?
Si può pubblicare senza segnalare il ricorso alla Ia, anche perché l’Ia fa parte dei programmi di musica elettronica, è uno strumento. Più che un problema normativo da parte di Spotify sarebbe un problema etico. Il mio album è più una performance per far passare questo concetto, noi non ci possiamo disumanizzare in questo modo. È la bugia il problema, creare una realtà virtuale che è quella che viviamo però, non è la realtà virtuale del computer. Stiamo creando una realtà di menzogne, di “questo sono io, ma non sono io”, di immagini false. Cosa cambia tra un autotune e una voce sintetizzata? Niente. Però sarebbe quantomeno etico dire che non possiamo confondere la voce umana con la voce delle macchine, facciamo un vero disastro umano, un disastro peggio di qualsiasi genocidio, peggio di qualsiasi guerra, perché togliere la consapevolezza all'essere umano, togliere la spiritualità, la coscienza, l'anima all'essere umano e robotizzarlo, io credo che sia un abominio assurdo.
Nei testi si intrecciano parole tratte dal mondo dell’informatica a termini di matrice religiosa, penso al “Kyrie Eleison” in “La gabbia”. Spirito e macchina possono coesistere?
Non mi piace la parola religione, mi fa già chiudere in un sistema di cose. Mi piace la parola spiritualità, anche se quella sta diventando il tamburello New Age, l'oroscopo e la luna piena; quindi, anche lì insomma abbiamo dei problemi. La vera tecnologia è lo spirito, è l'anima. La coscienza e la psiche sono capaci di riprogrammare il nostro cervello che è un computer. L'intelligenza artificiale siamo noi, abbiamo già dentro di noi la tecnologia per programmare il nostro cervello, non ce lo possiamo far programmare. Ultimamente sto leggendo tanto Federico Faggin, mi sono comprata quasi tutti i suoi libri. È un fisico che stimo tantissimo, inventore del microprocessore Intel, lui continua a parlare di questi argomenti, di come si possa unire la spiritualità dell'essere umano alla macchina. Sto anche scrivendo delle poesie cyber-sacre, che uniscono il linguaggio python con il linguaggio poetico, proprio per dire che c'è un modo per comunicare con la tecnologia, ma ricordiamoci però che le macchine siamo sempre noi. Creare un idolo nella macchina, un oracolo, questo è un vero pericolo dal quale ci dobbiamo assolutamente salvaguardare e forse siamo anche un po' in ritardo.
Qualcuno ha risposto al tuo appello di portare nella realtà questo progetto artificiale?
Sì, già siamo in partenza, sono fomentatissima. Sono quelle cose che nascono così, ti senti quella scintilla nella notte, in una notte in cui magari stavi pensando di togliere tutto di mezzo, di non fare più niente e invece stiamo già producendo. L'importante per me è proprio questo, che le persone vengano a sentire la voce della mia anima live. Poi sarà divertente perché mi confronterò con l'intelligenza artificiale. Sicuramente non è quello spettacolo a cui devi stare attento seduto, si balla, si fanno anche dei giochi social e lo voglio portare in giro perché dall'album deve partire un manifesto, un modo di pensare. Vorrei che partecipassero sempre più musicisti, che qualcuno venisse alle serate con il violino o la tromba a suonarli davvero. Sarebbe proprio bello creare una comunità intorno a questo modo di pensare, ma anche di riflettere.
In “Musica vera” canti “Finché il suono è solo un algoritmo, la musica vera rimane un abisso”. Qual è la musica vera? Puoi farci qualche esempio?
La musica vera è il linguaggio dell'anima. La voce che noi abbiamo è caratteristica dell'anima, ci fa capire tutto di quello che noi abbiamo dentro; perciò, per me è importante che venga fuori. Non è tanto un fatto del suono che emette la mia gabbia toracica oppure un computer, è piuttosto da quale parte viene il mio input per arrivare al computer o al cervello. Di artisti veri ce ne sono tanti, sicuramente una menzione speciale la merita Dario Bass, che ha sfornato uno dei dischi più belli degli ultimi anni in Italia, “Città Futura”, c’è il rapper Anastasio. Poi ultimamente ho collaborato con Nerone per uno skit del suo ultimo album, che ha un senso molto profondo. Però ce ne sono tantissimi, molti sicuramente sconosciuti…ed è proprio quello il problema!
