Forte James Cameron, l’uomo dei colossal. Dopo Titanic tutti si aspettavano qualcosa in più: navi più grandi, o spaziali, oceani più vasti, o di altri pianeti. Avatar appunto. Cameron dice che aspettò anni prima di iniziare a girare perché la tecnologia non era ancora abbastanza evoluta. L’ispirazione gli arrivò dalla trilogia de Il signore degli anelli di Peter Jackson, che ha però un altro spessore. Non è molto chiaro, però, perché abbia cercato di rifare per tre volte lo stesso film. Dopo il primo Avatar e dopo il recentissimo La via dell’acqua, si torna al cinema, sotto Natale, con Avatar - Fuoco e cenere, tre ore nette (nel mio caso in 3D) di alieni azzurri che provano a salvare il mondo dall’uomo cattivo e colonizzatore che, tanto per gradire, si allea con un clan di corsari satanisti e drogati.
Gli Ultima generazione di Pandora si troveranno così a fronteggiare due nemici che puntano a estrarre la sostanza da miliardi di dollari dalle pance dei Tulkun, le balene di Pandora. C’è di mezzo anche il rapporto conflittuale con un figlio adottivo che potrebbe distruggere la specie, con un generale ex umano e ora Avatar che potrebbe “iniziare a vedere” con gli occhi nuovi da puffo gigante. Quello che manca è una trama diversa dagli altri due capitoli e l’effetto wow del primo. Se il secondo era stato pressoché un documentario di fantasia senza la voce di David Attenborough, il terzo è un mix del primo del secondo, con un po’ più di azione e tanto tanto tanto sentimentalismo panteista umidiccio ed esteticamente prevedibile. Insomma, Pandora basta vederla una volta per smettere di stupirsi. Non è come Malacandra o il caleidoscopico Perelandra visitati da Ransom nei primi due romanzi della Trilogia dello spazio di C.S. Lewis. Anche ai tempi non c’erano le tecnologie giuste, ma Lewis ha trovato un modo di farcela. Non è neanche come il parco a tema di Jurassic Park, o l’Atlantide della Disney. Quindi, esattamente, cos’è?
Una fissa del regista, probabilmente, che non riesce a rinunciare a un soggetto a cui ha dedicato un decennio dei suoi sforzi e investimenti. Ma a che pro riproporre, spalmata su tre ore, la solita guerra tra buoni e cattivi, i soliti sentimenti (l’indignazione ambientalista da un lato, il cinismo imperialista dall’altra), i soliti colpi di scena? Avatar ha tutte le qualità dei grandi progetti e tutti i difetti dei film sopravvalutati di oggi. Qualcuno dovrebbe dire a Cameron che ha colpito l’iceberg e sta affondando nel mare glaciale della banalità.