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5 motivi per guardare
Ayrton Senna (il documentario)

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

17 aprile 2020

Asif Kapadia entra nell’anima dell’uomo che parlava con Dio sotto la pioggia e restituisce al pubblico un documentario unico. Se non avete ancora guardato questo capolavoro del 2010, adesso disponibile su Netflix, ecco cinque buoni motivi per farlo

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Il regista indiano Asif Kapadia riporta in vita lo spirito e la passione che guidarono la carriera della leggenda di Formula 1 Ayrton Senna in un documentario del 2010 adesso disponibile su Netflix. Vincitore del BAFTA 2012 il film propone immagini inedite, scrutando con gentilezza dentro l'animo di un uomo che tutti conoscono ma che in pochi hanno davvero capito.   

La vita

Kapadia mette in fila tutte le grandi sfide della vita di Senna

Le origini ben radicate a San Paolo, nel più profondo e vero Brasile. Una famiglia privilegiata, come quella di molti piloti prima e dopo di lui. La grande consapevolezza che quelle origini non sarebbero state sufficienti per lasciare il segno nel mondo della Formula 1. L’amore per il Brasile, il senso di appartenenza verso il suo popolo e le sue tradizioni e quella timidezza capace di renderlo ancora più irresistibile agli occhi delle persone. Il documentario ha dettato i tempi giusti, dando lo spazio necessario al Senna pilota senza dimenticarsi dell’Ayrton uomo. 

Ayrton Senna

La sfida

Quella con Alain Prost, Il professore, che programmava tutto e non sbagliava mai. Prima compagno di squadra, poi avversario lontano. E poi la sfida più difficile, quella con se stesso. Con quell’Ayrton che voleva la perfezione e che ogni volta, nel tentativo di raggiungerla, sbagliava qualcosa. Quello che poi vinceva quando doveva dare tutto, quando perdere non era una delle opzioni possibili. Kapadia mette in fila tutte le grandi sfide della vita di Senna, nessuna esclusa. Riviverle oggi, ormai così lontani nel tempo, è un piacere che fa quasi male.

Ayrton Senna in azione

La pioggia e dio

Senna non guidava, ballava la samba su quattro ruote. In fondo era brasiliano, il ballo lo aveva nel sangue proprio come quel talento alieno per la guida. La miglior danza poi la metteva in scena sotto la pioggia. Era il suo elemento, quello con cui conquistò tutti al Gran Premio di Monte Carlo del 1984; quello con cui vinse il primo titolo del mondo a Suzuka 1988, quando tutto sembrava perduto ma una leggera pioggia sopra il Giappone corse in suo aiuto. Senna, la pioggia, le chiacchierate con quel Dio che diceva di vedere in pista, mentre correva, proprio in fondo al rettilineo. Due costanti della carriera di Ayrton che non potevano mancare in un fedele riassunto della sua vita e che sembrano quasi tracciare un filo di unione tra gli eventi della sua esistenza. 

Ayrton Senna 2

La morte

Le piccole rughe intorno agli occhi, lo sguardo che si fa scuro e poi se ne va

Nessuno vorrebbe vedere gli ultimi 25 minuti di questo documentario. Imola 1994, una Williams che non convince, la pressione di quel giovane tedesco che si chiama Michael Schumacher. Un fine settimana iniziato con il brutto incidente di Barrichello e che presto si sarebbe trasformato nel weekend nero della storia della Formula 1. Il sabato la morte di Roland Ratzenberger, con Senna che guarda la scena da un piccolo televisore nel suo box e sussurra qualcosa come "Oh Jesus". Le immagini sono incredibili, sembra di essere lì con lui, una telecamera continua a inquadrarlo da vicino: le piccole rughe intorno agli occhi stanchi dei suoi trentaquattro anni, lo sguardo che si fa scuro e poi se ne va. Non vuole assistere a quello che sarebbe stato anche il suo destino. Sembrano le sequenze perfette di un film scritto per essere girato proprio così. 1 maggio 1994, la preghiera prima della partenza, lo schianto al Tamburello. Il resto è storia. 

La Williams di Senna dopo l'incidente

L'anima

Prima del talento, quando si parla di Senna, si parla della sua anima. Come se i titoli vinti, le imprese conquistate in pista e le titaniche battaglie non valessero neanche la metà di quello che Ayrton fu come uomo. La grande forza di questo documentario sta nel raccontare ciò che mosse la persona, rendendo grande il pilota. Senna non nascose mai le proprie lacrime, e Kapadia le mette tutte in scena, ripercorrendo i momenti che toccarono l’anima di Ayrton e che lo resero indimenticabile per i suoi tifosi. Per chi non ha avuto la fortuna di vederlo correre questo documentario è una duplice occasione: guardare un campione guidare come un dio, ammirare una persona che parlava con Dio. 

Tag

  • Cinema
  • Documentari
  • Netflix

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