Non si sa da che parte cominciare. Siamo reduci da un’esperienza audiovisiva che ci ha fisicamente aggredito le retine, conducendo i nostri timpani, novelli Titanic, verso quell’iceberg di nulla fritto in crosta d’ego flambè che è Cartacanta, il quiz “sull’attualità” (virgolette d’obbligo) che vede al timone Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli, le cui prime (im)perdibilissime puntate sono a piede libero su Tim Vision da mercoledì 22 dicembre e approdato in chiaro dal 22 luglio sul Nove ogni venerdì in seconda serata dalle 22.45. Come un regalo ideato appositamente per noi da Mefisto in persona mentre sgranocchia la defunta anima di Agon Channel (una prece) per risputare nell’aldiquà mediatico il game show più imbarazzante della storia della tv italiana. A prescindere dalla simpatia o dall’antipatia che ogni individuo è più che legittimamente libero di provare nei confronti del Fattoquotidianista e dell’opinionista di Civitavecchia, ciò che è brutto è semplicemente brutto. E come tale va descritto, indagato, scandagliato nel suo singolare e specifico abisso. Anche solo per evitare che possa capitare ad altri sciagurati con più spirito naif che sangue in corpo. Nel giorno dell’antivigilia di Natale, dunque, abbiamo visionato Cartacanta per voi. E qui di seguito troverete, duri, puri e dolorosissimi, tutti i motivi per cui ne avremmo fatto volentieri a meno.
Il quiz parte subito piuttosto claudicante: la sigla si addormenta su un logo con la stessa font de I Cesaroni ma al posto della Garbatella e di pentole e bicchieri lì da ieri, visioniamo un tentativo di “studio” su lancinante green screen molto rassomigliante agli sfondi che i più cool usavano in call durante i vari lockdown per darsi un tono radical chic (posticcio). Non manca nulla: librerie finte, finestre con scorci paesaggistici rigorosamente in 2D e, dietro alla coppia di concorrenti che si contendono il premio finale (parleremo anche di questo, a tempo debito) una finta parete tappezzata di vulve bluastre. In questo ameno contesto, spunta Marco Travaglio che, in piedi, fa gli onori di casa con la verve di una triglia assopita (verve che manterrà, supponiamo come cifra stilistica, per l’intera durata dello show, con grande sorpresa, senza mai cadere in coma). Il novello conduttore appare schifato da ogni singola domanda che si ritrova a dover porre ai due sciagurati concorrenti: per la prima volta in vita sua, i perfidi autori gli hanno fatto pronunciare scempiaggini tipo “Big Mac”. Non se ne è compiaciuto. Manco una stellina su RadicalAdvisor.
Eh sì, perché “il primo quiz sull’attualità” tanto per cominciare non è manco per sbaglio un quiz sull’attualità ma pone le stesse domande che potremmo sentire ogni sera da Amadeus a L’Eredità, solo più datate (e senza doppi sensi a favor di meme). Si parla, infatti, di Lady Gaga e del suo vestito fatto di bistecche (correva l’anno 2010, signori), dell’Inter del claim Zero Tituli (ieri l’altro, giusto?) mentre un concorrente, per sopravvivere alla noia, si mette a fare imitazioni di Beppe Grillo, Gigi D’Alessio, Marzullo e di qualunque altro personaggio gli venga in mente ché tanto la conduzione non è pervenuta e lo “studio” è ufficialmente sotto oKKupazione. Ma le domande migliori devono ancora arrivare…
Su quaranta minuti di puntata, una buona metà (ma non consecutiva, più a macchie di Pimpa) è interamente dedicata a interrogativi sulle biografie dei due celebri conduttori. A scelta volontaria, il concorrente può decidere se sottoporsi a quesiti riguardanti le poderose gesta (sin dall’infanzia!) di Selvaggia Lucarelli o Marco Travaglio, venendo rimbrottato a turno dall’una se preferisce accollarsi la vita dell’altro (e viceversa). Seriamente: avete mai visto un quiz dove il presentatore interroga i concorrenti in merito alla propria vita per farli arrivare alla vittoria finale? Un po’ come se Amadeus chiedesse a tappeto quale scuola superiore abbia frequentato da ragazzo o la data precisa del suo matrimonio con Giovanna Civitllo. Di cosa stiamo parlando? Di attualità o di ego? La domanda, quest’ultima almeno, è naturalmente retorica.
Visto che le quote rosa vengono citate a ogni faticoso piè sospinto nel corso del game show, abbiamo opportunamente scelto di lasciare in fondo un commento alla prestazione della Lucarelli che, seduta dietro a una solida scrivania Santi Licheri style, assurge al ruolo di “notaia”, giacché quello di conduttrice non le ha mai detto troppo bene (ricordiamo, a volo d’angelo, gli schianti che furono L’Ultima Difesa - dove la nostra si improvvisò Franca Leosini producendosi in una prolissa e soporifera intervista ad Antonio Ciontoli - e Celebrity Now - erroraccio di SkyUno sepolto nel lontano 2012). Insomma, sarebbe stato meglio per lei (e per noi) proseguire nel pur gramo compito di giudice, per mancanza di competenza, a Ballando con le Stelle. Ma no, l’ex blogger ha voluto di più: e nel gioco di lascia o raddoppia, si è ritrovata davanti alle telecamere di un quiz che non osiamo immaginare come avrebbe commentato in tempi di guerra, ovvero quando ancora restava schermata davanti a una tastiera a pontificare sulle brutture dei media contemporanei. Il picco, tra silenzi imbarazzati e - anche qui - verve di una che non vede l’ora di tornare a casa dal fidanzato chef, lo raggiunge proferendo che Mourino non le piace perché “troppo scorbutico”. Per non parlare di Papa Francesco, ne conviene anche Travaglio, “decisamente egoriferito” visto che su Twitter non segue nessuno. Nemmeno loro due, verrebbe da dire.
Mentre il concorrente imitatore random non ne azzecca una e viene giustamente falciato, l’altra sciagurata capitata nel game show accede alla finale. Gigantografie di un ammiccante Marco Travaglio piovono dal soffitto dello studio, “escono dalle fottute pareti”, mentre il Fattoquotidianista comincia a profondersi nelle domande del gioco finale. Che ci crediate o meno - noi ci siamo fatti un alcoltest per realizzare che stesse accadendo realmente - il novello conduttore pone dei quesiti intervistandosi da solo: “Cosa faceva Marco Travaglio da ragazzino?”, “Quale libro Marco Travaglio ha pubblicato nel 1998?”, “Perché Marco Travaglio ha iniziato a fare il giornalista?”. Sconcertata, la concorrente risponde a caso scegliendo una delle possibili risposte multiple che le si parano davanti, tipo mosca cieca in una camera a gas d’ego. Con sommo rammarico del conduttore, la nostra non le azzecca tutte perdendo così l’opportunità di portarsi a casa il montepremi finale (fino a questo momento furbescamente non ancora rivelato per evitare fughe dallo studio accompagnate da roboanti gesti dell’ombrello): un fumetto dal titolo “Marco Travaglio Zombi”, creato dallo stand up comedian Stefano Rapone, in preziosa copia cartacea. Precisazione d’obbligo, anche perché la versione digitale dell’opera è disponibile (gratis e senza dover rispondere ad alcuna domanda) qui. Al termine della seconda puntata, però, si scopre come per tutto il tempo ci fosse stata in palio… una boccia di Bloody Mary. Per dimenticare.
Cartacanta è, dall’inizio alla fine, un disastro (che si poteva evitare). Un disastro regalatoci, del resto, da Tv Loft, tentacolo audiovisivo del Fatto Quotidiano sulla cui pagina Facebook possiamo godere di croccantissimi video che ritraggono il direttore del giornale, Peter Gomez, mentre colloquia con Topo Gigio. Anche il social media manager dell’account non se la passa benissimo, tentennando per esempio sulla corretta ortografia di “Finora”: nel dubbio, trancia di netto a metà la parola in un’immagine promozionale da Piccoli Brividi. Per potersi sollazzare con questo quiz che più che un game show pare un monologo dello Sgargabonzi, insieme ad altri contenuti surreali fin dalla locandina che mettono insieme influencer, vecchie glorie, perfetti sconosciuti e Andrea Scanzi, c’è da abbonarsi a Tim Vision. Dopo il primo mese di prova aggratis, basta sborsare cinque euro ogni 30 giorni che il buon Gesù manda in terra, per godere della celestiale visione di Marco Travaglio che imita Mike Bongiorno (letteralmente, gli fa il verso in più di un’occasione) come se la povera salma del conduttore non ne avesse già passate abbastanza. Del resto, non è mica colpa del temibile Fattoquotidiniasta se l’ultima volta che gli è capitato di accendere la tv dev’essere stata quando il Signor Allegria rimbrottava l’impertinente Antonella Elia ricordandole di non essere stata pagata fior di milioni per stare lì a “sfottere lo sponsor”. Cartacanta vendetta.