Pogare, o anche abbracciarsi agitando la fiamma dell’accendino, resterà solo un ricordo. Almeno per un po’. Gli unici concerti, al momento, sono quelli dei virologi. Ma è tutt’altro che un bello spettacolo. Eventi annullati, stagione dei live sospesa e, probabilmente, rimandata di un intero anno. Per chi aveva già acquistato biglietti la soluzione c’è: rimborsati quelli dei concerti annullati, non rimborsati, ma comunque validi per la nuova data, quelli per i concerti rimandati. L’industria dello spettacolo dal vivo, però, soffre più di altre gli effetti del Covid19, essendo di fatto impossibile ipotizzare live da migliaia di spettatori distanziati di almeno un metro e rispetto dei protocolli di contenimento del contagio. Ma qualcosa si può fare. E si dovrebbe. Almeno per eventi più piccoli.
Perché la situazione è tragica. Fin troppo facile banalizzare gli appelli che tanti artisti, anche italiani come Vasco Rossi e Fiorella Mannoia, hanno fatto in questi giorni, sostenendo che cantanti e musicisti potranno senza problemi guadagnare di meno per un anno. Perché, sia chiaro, un concerto non è solo occasione di lavoro per gli artisti. Ma anche e soprattutto per un intero indotto che gravita intorno a manifestazioni di questo tipo e che è fatto di gente che non guadagna certo cifre a sei zeri. Liquidare il problema come un finto problema è da irresponsabili, ne va del sostentamento di migliaia di persone. Il primo a dirlo è stato Joe Berchtold, presidente della più grande azienda del mondo di eventi live, la Live Nation. Semplicemente la più grande azienda al mondo che si occupa di eventi live. “Abbiamo calcolato in quattro miliardi di dollari la cifra necessaria per contrastare le perdite, dovute ad uno stop che durerà dai 12 ai 18 mesi, con oltre ottomila eventi annullati” – ha dichiarato il magnate alla CNBC.
In Italia lo scenario non è certo migliore, soprattutto se si considera che il mercato è fatto di agenzie e promoter decisamente più piccoli della Live Nation. Realtà che non potranno avere ancora a lungo la forza economica per contrastare le perdite senza mietere vittime. Ne è convinto, ad esempio, Marco Poggioni, della Jo&Joe - che gestisce artisti del calibro di Loredana Bertè, Enrico Ruggeri, Dolcenera e molti altri – che si è detto particolarmente preoccupato per la mancanza di orizzonti chiari: "Il nostro – ci ha riferito - è stato il primo settore ad essere fermato e sarà l'ultimo a poter ripartire. Ipotizzare concerti in questo momento è praticamente impossibile. Stiamo aspettando di ricevere un protocollo di sicurezza per poter presentare i nostri progetti legati alla musica dal vivo. La più rosea delle previsioni è di poter promuovere i concerti a luglio per il mese di agosto, ma con molta probabilità non si riuscirà a ripartire se non dal mese di novembre prossimo".
Con tutto quello che ne consegue, appunto, per chi lavora nella filiera dello spettacolo dal vivo. Persone a cui andrebbe rivolta attenzione, senza considerare protagonista di un live, qualsiasi live, solo chi sale sul palco. Come ha ribadito anche Claudio Trotta. La sua Barley Arts - che ha curato i concerti di artisti del calibro di Bruce Springsteen e degli Aerosmith – sta, ad esempio, concedendo gli anticipi a quelle realtà della filiera che stanno particolarmente soffrendo la crisi conseguente al Covid19, con gli incassi del tour mondiale dei Queen che sarebbe dovuto partire a maggio da Bologna. “È un piccolo e doveroso gesto – ha proseguito Trotta nel lungo sfogo che ha affidato a Red Ronnie – in attesa che chi di dovere faccia un gesto più grande e ancora più doveroso: consentire, nel pieno rispetto delle dovute norme di sicurezza, di riprendere un minimo di attività”. Concerti con posti a sedere assegnati, piccoli eventi dove sarà possibile osservare le prescrizioni per il contenimento del virus, per rimettere in moto una macchina che rischia di lasciare sulla strada non certo grandi artisti ed impresari, ma le donne e gli uomini che lavorano nell’indotto. La stima della perdita già accumulata è di oltre 40 milioni di Euro, con il 60% degli eventi rimandato e il 17% annullato.
Uno scenario tremendo. Che rende suggestiva persino la provocazione lanciata dalla Production Club, che ha progettato, per ora solo graficamente, una improbabile tuta da “covid-nauta” per andare ai concerti, con tanto di accessori Hi-Tech e porta drink inclusi.