Il genere Crime è forse il più diffuso nelle serie televisive. Da Starsky & Hutch in poi, solo per citarne una, tutte le case di produzione hanno cercato di realizzare il loro prodotto.
E nonostante si tratti spesso delle stesse tematiche, forse un po’ ripetitive, il pubblico ama capire, conoscere, essere presente nei retroscena delle decisioni della Polizia o di una unità speciale dell’FBI e attraverso il loro lavoro vuole cercare di entrare nella testa dei criminali.
Il fascino del male, insomma, anche se visto da fuori e con gli occhi dei personaggi della serie tivù.
Ma come fa una serie a essere migliore di un’altra se trattano gli stessi argomenti? Semplice, il come fa la differenza. Qui sotto trovate le migliori serie tv crime di sempre per originalità, regia, profondità dei personaggi e perché sono riuscite a tenere incollati gli spettatori allo schermo, che sia della tivù o dello smartphone poco cambia.
Ah, dimenticavo. Non c’è un ordine, sono le migliori, così come vengono.
True Detective
I silenzi, gli sguardi, le atmosfere. La prima stagione, soprattutto, di True Detective ha sovvertito ancora una volta i canoni classici del mondo dei prodotti crime.
Storie profonde, emozioni vere, recitazione hollywoodiana. E, infatti, abbiamo sempre protagonisti d’eccellenza. Nella prima uscita c’erano un fenomenale Matthew McConaughey e Woody Harrelson.
La recitazione e il ritmo dei dialoghi e dei momenti che la camera ci mostra sono un’eccellenza nel panorama televisivo.
La seconda stagione, per molti, è il punto debole del brand televisivo creato da HBO, ma in realtà la scrittura di Nic Pizzolato è profonda, scava dentro le anime dei personaggi e nelle loro storie. La scoperta di chi ha ucciso chi non è più il centro di tutto, per quello c’è CSI, no?
Il focus diventano le storie umane, storie di quotidianità, storie che ci circondano e che spesso finiamo solo per ignorare. Colin Farrell, Vince Vaughn e Rachel McAdams non sono riusciti però a entrare sotto la pelle del pubblico come la coppia biondissima della prima stagione. È toccato quindi al Premio Oscar Mahershala Alì prendere sulle spalle il peso di uno show che a molti stava scivolando dalle dita.
La terza stagione è così la prima in cui il protagonista è soltanto uno e la scelta ha funzionato. Seppur con dinamiche differenti lo show di HBO torna a risplendere (anche se per me non ha mai smesso di brillare) per profondità, per linguaggio, per trama e per interpretazione.
True Detective è un enorme viaggio dentro la vita dei detective, marci, crudeli, freddi, incazzati, che provano a combattere con il crimine e con loro stessi, con i loro problemi, con le loro vite.
Mindhunter
Partire dalle origini, dalle basi, dal fondo della piramide per poi apprezzare tutto quello che nasce dopo, nella realtà.
Mindhunter racconta come nasce il dipartimento dell’FBI che si occupa di studiare i serial killer. Siamo alla fine degli anni Settanta e gli Stati Uniti stanno attraversando un periodo strano, uno dei molti.
La Guerra Fredda, il Vietnam, le ribellioni studentesche, le canzoni rock, i jeans a zampa d’elefante e l’onda degli hippie che si trascinerà ancora per qualche anno. Un periodo interlocutorio, come fosse una sorta di purgatorio dove giusto e sbagliato si mescolano, senza soluzione di continuità.
Mindhunter si basa sulla curiosità, sulla passione, sulla voglia di comprendere le menti criminali da parte di un giovane agente, Holden Ford, che inizia a strutturare un metodo per cacciare i killer seriali. Come fai a entrare nella testa di un folle o di un lucido folle?
Devi intervistarlo, passare delle ore con lui, guardarlo negli occhi, cercare di pensare come lui.
Da uno scantinato dell’FBI parte quella che ancora oggi è ritenuta una delle scoperte più importanti per la sicurezza e per la giustizia. Un mix tra intuizione poliziesca e studio psicologico.
La narrativa, il ritmo costante, ma mai troppo veloce, l’importanza delle parole, dei dialoghi, della struttura dei personaggi e dei loro scontri, umani e professionali. Mindhunter è una serie oculata, precisa, dettagliata, come fosse un documentario storico sociale, sarà perché è tratto dal libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano scritto a quattro mani da Mark Olshaker e John E. Douglas.
Criminal Minds
Se Mindhunter racconta le origini del mondo della criminologia all’interno dell’FBI, Criminal Minds esplode l’argomento molti anni dopo (anche se la serie nasce nell’ormai lontano 2005).
Un’unità operativa di criminologi, psicologi, profiler (ovvero coloro che si occupano di delineare le caratteristiche del killer) e agenti speciali si occupa di individuare e fermare i criminali, soprattutto quelli che commettono delitti efferati.
Criminal Minds però non ci pone davanti la solita costruzione narrativa (incipit - briefing - soluzione), ma mescola le carte, ci butta dentro alla storia del criminale o della vittima e solo dopo ci permette di capire come si arriva a individuare l’assassino, come lo si rincorre e lo si blocca. Il cast è ampio, come in una vera unità speciale così rinomata e l’affiatamento, le relazioni, le gerarchie sono importanti. Grazie a un parco attori davvero convincenti, è tutto incastrato nel modo giusto e il puzzle funziona.
Fargo
l film dei fratelli Coen è del 1996. È con questo film che i due registi diventano noti al grande pubblico. Fargo però non è solo un lungometraggio, diciotto anni dopo FX Productions, The Littlefield Company e MGM Television decidono di prendere quel mondo e serializzarlo perché, per dirla con le parole di Noah Hawley, uno dei produttori della serie, “Fargo non è un luogo, è uno stato mentale. È una vera storia criminale dove la realtà è più strana della finzione e i buoni devono affrontare qualcosa di orribile”.
Il freddo dentro i protagonisti è evidenziato dalle ambientazioni bianche e ghiacciate del Nord degli Stati Uniti, dopo l’Alaska, al confine con il Canada (dove in realtà è stata girata effettivamente la serie). Lo spessore dei personaggi è centrale. Ognuno di noi ha delle sfaccettature e molte di esse non le scopriremo mai finché non ci troveremo nella situazione adatta per scoprire un lato di noi oscuro e profondo.
Billy Bob Thornton, Martin Freeman e Allison Tolman (tra gli altri) sono complementari e convincenti. Gli eventi sconvolgono le vite dei personaggi, si trasformano, qualcuno supera il limite e altri no, lo schiacciano, ci pisciano sopra a quel limite, lo sporcano, ma non arrivano dall’altra parte. Quella linea, sottilissima, esiste dentro di noi da sempre, sta a noi capire come, quando e se oltrepassarla per un bene più grande, la nostra vita
The Wire
Quando HBO ha lanciato The Wire in tivù nel 2002 non si aspettava di conquistare così poco successo tra gli spettatori e così tanto dalla critica.
La serie diretta caparbiamente dai due autori David Simon e Ed Burn è una bomba.
A volte cupa, troppo realistica, così tanto da far paura, da mettere i brividi. La sceneggiatura e i dialoghi sono secchi, dritti, potenti, sono pugni in faccia.
E fanno male. Il racconto della quotidianità criminale americana, gli scontri, il coraggio, i problemi, la morte, la povertà, la lotta di classe. In The Wire c’è tutto quello che cercate se volete conoscere il mondo underground degli Stati Uniti.
La serie televisiva HBO è stata inserita nella classifica stilata da Writers Guild of America tra le serie meglio scritte di sempre, piazzandosi al nono posto. Un motivo in più per recuperarla.
The Shield
Se HBO ha presentato nel 2002 The Wire, FX risponde con The Shield. Non sono equivalenti, anzi, vanno godute entrambe, ma possono sembrare simili in termini di ritmo, racconto e ambientazione e insieme - le due serie tv - hanno ridisegnato lo stile di scrittura di uno show televisivo a tema crime.
L’unità operativa di Los Angeles riprende gli avvenimenti realmente accaduti riferiti allo scandalo Rampart, legato alla corruzione di un’unità della polizia con elementi della malavita losangelina.
I personaggi sono imperfetti, ruvidi, segnati, provati e sporchi, mentre la regia si caratterizza per un fotorealismo simile a uno stile quasi documentaristico che dona allo show grande valore. L’esempio per ogni serie televisiva è seguire The Shield, cominciare piano, salire, crescere e chiudere la serie quando è nel momento più alto possibile, senza cadute di stile.