Vorrebbe che sputassero sulla sua tomba, invidia MOW perché, dice, è capace di credere al “domani”, mentre lui crede al “dopo”. Ci ammira perché, dice, “siete contro e siete con”, ma lui no. Lui è “contro”. Per lui l’apparato culturale italiano ci ha solo portati “a diventare quel che siamo: una nazione di analfabeti”. I giudici, secondo l’antico testamento, precedono anche il tempo, e lui, Gian Paolo Serino (no, non siamo parenti, ma quasi omonimi) è un giudice in terra delle lettere italiane, temutissimo e avversatissimo. Critico letterario, scrittore, romanziere e direttore della rivista Satisfiction.eu, tra le più importanti di critica letteraria in Italia, il suo prossimo romanzo è in uscita il prossimo maggio, o forse quello dopo, e chi lo sa. A suo dire un buono scrittore pubblica ogni dieci anni, quando si allineano i pianeti e le costellazioni in cielo, sempre e comunque meno numerosi dei libri sfornati dalla penna di Andrea Camilleri, e dei soliti noti della letteratura italiana, quelli che d’estate vendono parecchio sotto gli ombrelloni, e che vincono il Premio Strega, competizione letteraria che deve il nome ad “un liquore che andrebbe offerto prima delle votazioni” e che ormai da anni non premia opere degne del suo nome. Abbiamo allora fatto due chiacchiere con Serino attorno allo stato di salute della letteratura italiana e a quanto pare, per tenersi alla larga da quei libri che corrompono l’anima e il cuore, conviene giudicare a partire dalla copertina, perché la storia è sempre la stessa, si legge poco, ma si scrive troppo.

Gian Paolo Serino, ti ritieni più un monaco della letteratura, un suo guardiano, oppure colui che uccide il guardiano e si ritrova a prenderne il posto?
Quale letteratura? Non posso essere il guardiano di qualcosa che non esiste più. Non è letteratura, è narrativa, nemmeno da ombrellone, ma da ultima spiaggia. È narrativa di consumo, quella che in America chiamano “letteratura da aeroporto”, ma da qui non parte neanche un volo.
È solo questa capacità di tenere alla porta la pseudo-letteratura che fa di uno scrittore, il migliore?
I cattivi libri purtroppo sono in classifica, e non puoi combatterli. Non puoi combattere Gianrico Carofiglio, o che ne so, Andrea Bajani. Questi, si combattono da soli. Bajani nell’ultimo libro, che ha vinto il Premio Strega ha scritto “mio padre si è talmente arrabbiato che ha preso a morsi l’angolo del tavolo”.
Poco rassicurante…
Come puoi combattere un tipo così? Nicola Lagioia, ne “La Ferocia”, anche lui vincitore del Premio Strega, scrive: “Aveva più di trent’anni, ma sicuramente meno di venticinque”. Ma quanti caz*o di anni aveva? Capisci cosa intendo? Insomma, lo Strega? È un liquore che andrebbe offerto prima delle votazioni. Non c’è un romanzo negli ultimi anni che sia degno di questo nome.
E perché vincono allora?
Perché sono dei morti, ma a quanto pare l’autopsia è meglio della critica.

Ma ci sarà stato almeno un vincitore dello Strega che hai apprezzato, o no?
Beh sì, ad esempio “Il colibrì” di Sandro Veronesi, perché Veronesi quando non è inglobato è l’unico scrittore che se volesse davvero, senza metafore, ci inchioderebbe tutti alla inutilità di quello che chiamo da sempre “marketting”. Poi ho particolarmente apprezzato “La scuola cattolica” di Edoardo Albinati. Un Pasolini che lascia le ambizioni complottiste per raccontarci per la prima volta come la violenza sia passata dal proletariato alla classe media. Resterà negli anni. Infine, Strega ad honorem per Edgardo Franzosini e Francesco Permumian: oltre ad Antonio Moresco, tre geni unici della letteratura italiana.
Invece, in passato, con Michela Murgia non sei stato affatto clemente, perché?
È la sciatteria al grado primo, una Concita De Gregorio ma meno figa. Una femminista che da Cabras, dove sono stato ospite prima che nascesse, a Cuglieri, anni di rapimenti, incendi dolosi, omertà, o da S’Archittu, dove andavo al mare, con grande cinismo ha lasciato la casa editrice “Il maestrale”, lei che difendeva l’editoria indipendente, per Einaudi e, mai dimenticare, è stata condannata con 10mila euro di multa. Altro che Grazia Deledda.
Le tue critiche sollevarono un polverone…
Sono stato massacrato. Michela Murgia era brutta e su questo ha fondato la sua fortuna. Se fosse stata figa, non sarebbe stata femminista. Poi è stata l’unica milf ad avere un toy boy più brutto di lei. Però ti dico, queste parole valgono poco. Io faccio le stroncature sulla base di quello che questi individui scrivono. Sempre Bajani, ad esempio, scrive di “uno che si abbandona all’isolamento stagno”. Ma che caz*o vuol dire isolamento stagno? Poi il padre si incazza e prende “a morsi l’angolo del tavolo”. Speriamo fosse in compensato. Poi, la brutta cosa di questi tempi è che non c’è neanche un dialogo con questi scrittori. Una volta si dialogava, pensa ad Morante, Moravia, Pasolini, Calvino. Questi invece ti bannano e si chiudono nel silenzio. O ti querelano.
Immagino ti sia già capitato.
Certo! A me Loredana Lipperini, che aveva fatto recensire a tutti i suoi amichetti - come Wu Ming, un’associazione a delinquere di stampo immaginario, o Roberto Saviano, che io definisco "Il Giovane Holding" - il suo libro con lo pseudonimo Lara Manni, ha mandato una querela per la mia stroncatura. L’ho pubblicata per tre volte. Anche i carabinieri, quando hanno visto il bollo della Siae, si son domandati se questa fosse scema o cos'altro. Per questo posso dire che Michela Murgia è stata il massimo bluff in Italia. Sempre santizzata, romanzi sgrammaticati, da ragioneria contabile, come l’istituto dove si è diplomata, un’intellettuale contro un sistema che amava. Se capita di leggere “Accabadora” su Wikipedia prima compare il suo romanzo, poi la definizione di chi è l’accabadora. Uno scandalo di potere capitanata dai suoi sodali, gente come Chiara Valerio, Roberto Saviano, Teresa Ciabatti e Loredana Lipperini, appunto. Un’accolita di falliti, però non invisa alla sinistra.
Chiara Valerio, a proposito, che ne pensi dei suoi libri?
Chiara Valerio, io la conosco perché leggo su Wikipedia che è amica di Michela Murgia. “Mahmood nella sua canzone di Sanremo dice le stesse cose di Umberto Eco” disse Chiara Valerio. Ha scritto poi che “la famiglia biologica ha il fascismo nel sangue”. Oppure che “Lady Oscar ha disvelato l’omosessualità di Pasolini”. In un suo recente libro, poi, scrive: “Aveva un taglio di capelli educato ma ventoso, era di una cortesia marziale, un qualcosa di ondoso”. Oppure senti quest'altra: “Mara era rimasta carsica” (ride). Ma ti rendi conto? E questa, pure, ha vinto lo Strega.

Insomma, non nutri troppa stima nei loro confronti mi pare di capire.
Ti direi che sono d’accordo con Balzac. Pubblicare è come parlare dei cazzi propri davanti ai domestici. Io ho scritto un romanzo dieci anni fa e ne pubblico uno a maggio. Uno scrittore pubblica un libro ogni dieci, vent’anni. Prendi invece Camilleri, ad esempio. Ci sono più libri suoi che costellazioni in cielo. Dio prima lo ha reso cieco, poi gli ha tolto l’uso delle mani, che doveva fare in più per spiegargli che aveva rotto i coglioni? È sempre la stessa storia… si scrive troppo. Ci sono autori che vengono sfruttati, spremuti fino all’inverosimile dalle case editrici. Vedi Stephen King… non fai in tempo a finire un suo libro che ne è già uscito un altro.
A proposito di narrativa da consumo… gli studiosi saggi e giudiziosi bandiscono dalle loro case le opere che servono solo a corrompere la mente e il cuore. Tu, invece, quali di questi libri tieni nascosti nella tua prigione?
Io sono un po’ come Robinson Crusoe, in luogo di un naufragio sull’isola deserta, finisco su di una piena di gente per sentirmi solo davvero. Nella mia "prigione" ho 21mila libri, tra cui anche qualcosa di dozzinale che però, in fondo, mi è piaciuto. Uno di questi è “Gomorra” di Saviano, perché specialmente l’inizio non è male (ride). È uguale e identico a quello di “Piedone lo sbirro" con Bud Spencer”. “Il cardellino” di Donna Tartt, è poi il classico esempio di un capolavoro a “(s)comparsa”. “Le correzioni di Jonathan Franzen”, ma chi li legge più questi libri? Però, tornando alla tua domanda, seriamente, ti direi la Bibbia…
Tornando allo Strega, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, fece bene a non farsi spedire i libri?
Come ministro della Cultura secondo me ha sbagliato, però poco sarebbe cambiato se gli avessero spedito un elenco telefonico, magari della città di Roma.
Esiste un sistema di egemonia culturale in Italia?
Quel che sta a sinistra è figo, ma a destra non c’è mai nessuno. Pensa che io ho denunciato il Premio Strega, insieme all’Associazione dei Consumatori, quando vinse Francesco Piccolo. Questo scrittore era un autore di Fabio Fazio ed è andato quattro volte a Che Tempo Che Fa a presentare il suo libro, senza che Fazio dicesse “lui è un mio autore”. Io pago il canone alla Rai e vorrei sapere di che si tratta. In più, la moglie lavorava come capo giuria del Premio Strega scuole. Nel 2009, poi, ho segnalato Antonio Scurati, candidato allo Strega quell’anno con il libro “Il bambino che sognava la fine del mondo”, dato che quell’opera era molto simile ad una sua precedente.
Come fai ad aver scoperto così tanti plagi?
Perché in letteratura non ci sono amici. Tiziano Scarpa non mi ha parlato per dodici anni perché sui maggiori quotidiani ho scritto, a ragione, che il suo “Stabat Mater” era molto, troppo simile, a un racconto di Anna Banti.

“La levatrice” di Bibbiana Cau, tra i più venduti nelle ultime settimane, invece, l’hai letto?
Ma secondo te, ho tempo da perdere?
“Come l’arancio amaro” di Milena Palminteri, anche questo tra i più venduti?
Mi ha esaltato perché mi ha spinto a leggerlo due volte. Non essendo io in grado di capirlo la prima, l’ho riletto ma girandolo: all’incontrario. Niente. Speravo di trovare qualche curiosità come nei dischi dei Beatles suonati all’inverso, ma niente.
E quello di Francesca Albanese sulla Palestina?
Considero la prima regola del giornalismo, ovvero il commentare qualcosa solo se si è diretto testimone.
Ma lo hai letto?
No, ma l’ho sorvegliato. Mi basta leggere la sua biografia: inviata blablabla per il Medio Oriente. Ecco, la parola Medio Oriente già mi fa capire la radice del problema di chi narra queste storie. Racconti un dramma che in Occidente non capiamo del tutto, ma usi una locuzione, Medio Oriente, che è stata coniata dal colonialismo occidentale. Medio rispetto a cosa? A Londra e ai colonizzatori inglesi. Non c’è un Medio Oriente per chi vuole rivendicare la propria posizione ma non conosce neppure la posizione geopolitica.
Giorgio Manganelli diceva che è opportuno sapere anche cosa “non leggere”. Secondo te, esiste qualche regola per non incappare in qualche inutile, velenosa o dannosa lettura?
Secondo me non esistono letture inutili o dannose: perché quando le finisci, di solito all’inizio, capisci quali sono i libri da leggere. Io inizierei a proporre un corso di italiano a dispense da vendere in edicola.
È bene dunque giudicare un libro prima di tutto dalla copertina?
Secondo me sì. Nel mio prossimo volume ho scritto in copertina: “Questo libro non è per te”. Più di così…
