A MOW mi fanno gli scherzi. Ne sono certo. Ma come mi chiedono una recensione del romanzo (romanzo?) Verrà l’alba, starai bene di Gianluca Gotto (Mondadori, 2025), un nomade digitale (a me che sono uno stanziale analogico) che a pagina 2 ti spara una metafora talmente aderente da non essere neanche una metafora: “Ogni informazione era archiviata nella sua memoria COME [inizio della metafora, ndr] un documento impilato in un fascicolo perfettamente in ordine”. Adesso, dato che mi aspettavano 720 pagine di metafore (invento) alla “arancione come un’arancia”, “polverosa come un tavolo non spolverato da tempo” o “gli piaceva fare gli scherzi come Canaletti che chiede a Cappellani di recensire Gotto” sono andato a saltare. La protagonista, Veronica, dice Gotto, fa un lavoro trendy. A me interessano moltissimo i lavori trendy, così come mi interessano tutte le cose delle quali non ho idea e di natura sono una personcina molto curiosa. Il lavoro trendy di Veronica, la protagonista (che è fuggita da una qualche parte del mondo per sfuggire a un qualche tipo di dolore, o trauma o quello che è – sinceramente je m’en fous) è nella comunicazione e nella organizzazione di eventi. Bene, trascrivo nel mio taccuino delle nuove scoperte, fare la segretaria è diventato un mestiere trendy, ne approfitterò quando potrò assumere una segretaria offrendole uno stipendio misero perché, le dirò mettendole in mano il libro di Gotto, è un mestiere trendy e quando scoppierà a piangere per le mie vessazioni (non è colpa mia se ha voluto un mestiere trendy e tutti quelli che vogliono un mestiere trendy mi stanno sulle balle) le dirò dandole una pacca ayurvedica sulla spalla: “Verrà l’alba, starai bene, cerca di non arrivare in ritardo, il caffè, mi raccomando, americano, molto zucchero, molta panna”.

Dunque abbiamo questa segretaria trendy che frequenta i posti trendy, e poi diventa autodistruttiva. E vorrei vedere, una che pensa che i posti trendy sono “un posto pieno di caffè con atmosfere europee, piccole librerie dell’usato e mostre di arte contemporanea, ma era anche popolato da surfisti e persone atletiche che correvano sul lungomare”, a una così, dicevo, come fa a non venirle la depressione? Ma comunque, tipo, lei capisce che ha un dolore interiore che la porta a comportamenti autodistruttivi (adesso non so bene quali, era nelle pagine che ho saltato, ma comunque je m’en fous) e se ne va nello Sri Lanka (a casa a lavarsi i piatti mai, vero?). Lì pratica l’ayurveda. Adesso, i Veda sono una delle mie letture preferite. Ma lo sapete chi pratica l’ayurveda senza avere letto TUTTI i Veda? Le massaggiatrici che fanno gli happy end con le candele e gli oli alla paraffina che poi tua moglie ti scopre perché appena ti abbraccia tu sguisci via e voli fuori dal balcone. Ma comunque. Veronica trendy ayurvedica torna in Italia dove affronta i suoi traumi passati, e li affronta così bene, ma così bene, ma così bene, che alla fine capisce che se ne deve andare dallo psicologo, cosa che avrebbe fatto bene a capire a pagina due quando aveva i ricordi “come un documento impilato in ordine in un fascicolo” (appunto per la mia futura segretaria: farle impilare in ordine i documenti nei fascicoli). Ecco, insomma, il romanzo è questo, dura 720 pagine e sta vendendo un botto. Serve moltissimo a chi sfrutta le segretarie che leggendo il libro capiscono che devono fare ayurveda, e andare dallo psicologo, così poi non rompono le balle sul posto di lavoro.
P.S. Consiglio a Riccardo Canaletti (che mi ha chiesto di recensire il libro) corsi di Ayurveda. Dallo psicologo, suppongo, ci va già.
