Un’artista deve portare la politica sul palco? Deve esporsi sulla guerra in Ucraina o sul massacro in Palestina? In definitiva: deve schierarsi? Se n’è parlato tanto in queste ultime settimane, soprattutto dopo le parole pronunciate da Jovanotti. È tornato sulla questione anche Andrea Scanzi sul Fatto Quotidiano: “L’artista deve schierarsi o acquattarsi? Domanda eterna e al contempo inutile, perché un artista fatalmente non può non dire come la pensa, altrimenti non è un artista fino in fondo: è un'altra cosa, magari anche più piacevole, per esempio un ‘intrattenitore’... ma appunto è un'altra cosa. Non a caso, l'idea che un cantante debba ‘soltanto’ cantare è tipica della destra più ebete”. Come detto, i dubbi sul ruolo e i compiti degli artisti si sono manifestati con forza negli ultimi tempi anche in seguito alle notizie che arrivavano da Gaza: “Gli artisti italiani, fino a pochi mesi fa, se ne sono stati in larga parte silenti. Ogni volta che qualcuno osava prendere posizione, tipo Ghali a Sanremo, apriti cielo. Quando in primavera Alessandro Di Battista ha organizzato un evento a Roma per la Palestina, ha ricevuto una badilata di ‘no, grazie’ dalla stragrande maggioranza di musicisti invitati. Trai pochi a esporsi Cristiano De André, che pochi giorni fa ha ribadito la sua posizione: ‘Mi vergogno di essere italiano per il silenzio sul genocidio di Gaza’. Di recente ancora Ghali ha sottolineato con dolente ironia come ‘incredibilmente alcuni artisti non si sono esposti’”. Ma di sorprendente in tutto questo c’è solo la sorpresa.

Infatti, prosegue Scanzi, “l’Italia è il Paese del tengo famiglia. Anche tra gli artisti, anche tra gli intellettuali. Lo cantava già Fabrizio De André nel 1990 in La domenica delle salme: ‘Voi avevate voci potenti/ Lingue allenate a battere il tamburo/ Voi avevate voci potenti/ Adatte per il vaffanculo’. Il ‘voi’ erano i cantautori e più in generale gli artisti, possessori di voci tanto teoricamente potenti quanto concretamente spompate”. Dunque nessuna sorpresa, anzi, storia già vista e già raccontata. Ora, però, qualcosa è cambiato, “ma solo perché i morti sono così tanti che stare zitti è davvero arduo (e ciò nonostante, molti lo fanno). I casi alla Roger Waters, da sempre in prima linea, sono rarissimi. Nelle prossime settimane organizzeranno concerti per la Palestina artisti da sempre impegnati come Piero Pelù e Damon Albarn (ex Blur). Altri, come Daniele Silvestri, Manuel Agnelli, Enzo lacchetti e Giovanni Storti, hanno fatto sentire la loro voce. Non pochi invece si accontentano di robette furbine, come Elodie che a San Siro ha sventolato la bandiera della Palestina senza però dire mezza parola (e nel frattempo duettava con il diversamente artista Achille Lauro, testimonial del Crispy McBacon di McDonald's, azienda nota per il rispetto per i lavoratori...)”. Chiaramente, la durezza delle critiche non è uguale per tutti e “C'è chi, per il suo silenzio, è stato duramente criticato. Su tutti Thom Yorke dei Radiohead”. Qualcosa di simile è “accaduto anche a Jovanotti, reputato troppo vago per le sue dichiarazioni su Gaza”. Jova, però, prosegue Scanzi, non ha mai negato una vocazione “ecumenica”, come dichiarato da lui stesso in un’intervista realizzata proprio dalla firma del Fatto: “La politica è l'ultimo interesse che ho e non mi scalda il cuore. È stato un po' diverso negli anni Novanta, quando ho scoperto che la politica esisteva, ma anche allora il mio era comunque un interesse globalista: il sud del mondo, l'Africa, l’America Latina, Cuba, Mandela. Un'attrazione ingenua ed estetica... Sono inadeguato per l'analisi politica: mi mancano proprio gli strumenti... Sono un ecumenico pacificatore che cerca di accogliere tutti”. Piaccia o non piaccia, tant’è. “E poi c'è Bono Vox. Dopo due anni di silenzio imbarazzante, gli ex barricaderi U2 hanno partorito qualcosa su Gaza. Solo che ognuno lo ha detto a modo suo. The Edge (chitarrista) e Larry Mullen (batterista) sono stati duri, Adam Clayton (bassista) abbastanza, Bono per niente”. Insomma, i versi di De André rimangono ancora oggi validi: “Nonostante il genocidio in atto, le ‘voci adatte per il vaffanculo’ latitano. Come sempre, più di sempre”.

