“Non ci avrete mai, come volete voi” cantano gli ultras. Ma noi come li vogliamo? C’è da chiederselo dopo che la Uefa ha deciso di multare con 148mila euro il Psg per il comportamento della sua curva durante la finale di Champions League contro l’Inter. La sanzione è stata stabilita per questi motivi: invasione del campo di gioco, lancio di oggetti, accensione di fuochi d'artificio, atti di danneggiamento, trasmissione di un messaggio non idoneo ad un evento sportivo, scredito nei confronti della Uefa. Sono gli ultimi punti, che valgono 10mila euro sul totale, quelli su cui vale la pena soffermarsi. Il messaggio “non idoneo” è quello a sostegno del popolo palestinese, contro il crimine compiuto da Israele: “Stop Génocide à Gaza” c’era scritto sullo striscione. Da ciò segue il discredito per l’organizzazione. Ecco quindi la domanda: come le vogliamo le curve? Gli ultras sono brutti, sporchi, cattivi, rumorosi, violenti, comunisti, fascisti, maleducati, sinceri, spacciatori, onesti, criminali. Lo abbiamo detto in molti articoli, in questi mesi, a proposito della Nord e della Sud di San Siro, delle presunte infiltrazioni mafiose e dei business criminali che i vertici delle due tifoserie avevano messo in piedi. Il primo grado di giudizio ha confermato, per il momento, le gravi accuse che pendono sulle loro teste e per le quali, in caso di condanna definitiva, dovranno pagare. Gli ultras rimasti liberi hanno detto che loro non c’entrano nulla, che da quei giri non hanno guadagnato un euro. Ora le società, la Procura e la Questura dicono che da San Siro quelle persone devono stare fuori: sono sgradite. Un repulisti che però si confronterà con la reazione dei gruppi del tifo organizzato, convinti di avercelo ancora il diritto di stare in curva. Di nuovo: come li vogliamo questi ultras?

Da criminali non ci piacciono, da persone libere nemmeno. Troppo brutti, sporchi e cattivi. Non ci piacciono nemmeno quando in uno stadio portano la politica, quando scrivono su uno striscione quello che pensano, e cioè che a Gaza è in corso un genocidio. La verità che molti stanno scoprendo in questi giorni. Contro i piagnistei di chi vuole tenere lontana la politica dallo sport, cosa impossibile, fuori dal mondo, ignorante della storia e offensiva nei confronti di tutti gli atleti che hanno scelto un’esultanza o una maglietta o una conferenza stampa per dire qualcosa, attraverso la propria disciplina e il palco che questa ha loro garantito. I modi, si dice, sono sbagliati, tanto da gettare “discredito” sulla Uefa. Certi messaggi “non sono idonei” a una manifestazione sportiva. Arriviamo al punto: come li vogliamo, tutti noi, gli ultras? Educati come studenti, pazienti come gli storici, moderati come i politici. Equidistanti. O meglio: neutrali. Puniti per uno striscione, per aver scelto da che parte stare. Loro che sono violenti e contraddittori, fin troppo eccessivi per essere presi sul serio, urlano e non dialogano. Sono ultras, e questo è il loro strumento per mandare un messaggio. Non sono gli unici ad alzare la voce. Ed ecco che serve fare una scelta: se stare con gli abbottonati o difendere coloro che sono sgraditi. Da questa storia ci teniamo stretta una consapevolezza: che per fortuna c’è ancora qualcuno che non sarà mai, come vogliamo noi.

