Poteva Andrea Scanzi perdersi l'evento dell'anno? Certo che no, ed ecco quindi che la penna del Fatto Quotidiano è volata oltre Manica per la data del 3 agosto a Wembley degli Oasis. Un concerto epico, a cui ovviamente ha assistito col braccaletto vip, che gli ha ispirato un prontuario di dieci punti (anzi, undici: uno è bis) su questo evento "monumentale" a cui ha avuto l'onore di partecipare. O meglio: si tratta di dieci cose che ha imparato, perché pure lui impara.
Innanzitutto, la premessa fondamentale: il giornalista apre dichiarando che forse non ha senso definirlo il concerto del decennio perché ognuno ha i suoi gusti e gli Oasis possono pure non piacere, però va visto. A questo punto, Scanzi passa quindi a raccontarcelo. E cioè: gli inglesi bevono, il gruppo è in formissima, per le strada c'era il delirio, il concerto è un rito collettivo un po' nostalgico, Liam e Noel sono carismatici, gli Oasis sono dei generatori di hit mondiali e Richard Ashcroft in apertura è un sontuoso biglietto da visita.
In totale, più di due ore di concerto per trenta brani: sette di Ashcroft, ventitré dei Gallagher. Poi c'è l'altra, anch'essa fondamentale, informazione: il concerto è più rock che pop. Perché infatti, coi Gallagher, il rischio del pop era proprio dietro l'angolo in effetti.

Ad ogni modo, ci dice Scanzi, gli inglesi conoscono tutti i brani a memoria: come noi italiani con Vasco, ma moltiplicato per dieci. Chissà, fosse stato lì sul posto, magari Scanzi una di queste scene di isteria ce l'avrebbe pure descritta.
Si passa quindi a una questione che viene prima dell'emozione, dell'hype, del piacere dell'attesa e di tutto il resto: gli inglesi bevono. Pare addirittura che a Wembley si siano scolati 250mila pinte per ogni concerto: gente che mica perde tempo a scattarsi i selfie, loro.
Poi si vira sulla cronaca: su, oltre Manica, c'è il delirio. Biglietti esauriti, code ovunque, merchandising a ruba. Si passa dunque a qualcosa che già non sappiamo: “il concerto è monumentale”, due ore pazzesche, la cui bellezza è “acuita da Richard Ashcroft che mette in fila sette brani sontuosi” e, come già scritto, è più rock che pop.
Particolarmente toccante il punto sei del temino, quello in cui si parla del rito collettivo costituito dal concerto: “Un po’ nostalgia (per la generazione dei cinquantenni), un po’incanto, un po’ “voglio esserci perché è un evento e potrò dire ‘io c’ero’”. S'era capito.

La disamina di Scanzi va avanti osservando che a pochi gruppi riesce di entrare in maniera così trasversale nel cuore di milioni di persone. Segue quindi l'altra osservazione che finora nessuna ha mai fatto: quanto durerà la pace tra i due fratelli? Per ora stanno bene, si completano e persino s'abbracciano.
La profonda ammirazione della firma del Fatto Quotidiano per i Gallagher comunque va alla loro baldanzosità: la capacità di Liam di vestirsi come un “pescatore umorale” ed essere comunque rockstar iconica, mentre Noel è di un adorabile cinismo. Se c'è chi può permettersi di tirarsela, sono loro.
Infine, una riflessione: le incognite sono quanto possa durare la pace tra i due e, soprattutto, quanto possa reggere la voce di Liam. La conclusione? “Imperdibili”. Eh, se magari Scanzi, lui che di musica è esperto, ci avesse lasciato traccia di momento, aneddoto, atmosfera nel suo pezzo, se ci avesse raccontato qualcosa di personale, magari avremmo capito pure perché. E va bene che Andrea Scanzi sa che prima di lui tanto ne hanno scritto altri, ma così è un po' troppo (o troppo poco?).
