Siamo stati al concerto hip hop del decennio: Kendrick Lamar e SZA allo Stadio Olimpico di Roma. Un connubio di successo, anzi un’idea geniale da parte della casa discografica Top Dawg Entertainment (TDE), che ha saputo unire i due artisti più promettenti della propria scuderia. Il risultato? Una nuova coppia alla Jay Z–Rihanna, con una serie di canzoni in collaborazione capaci di fondere hip hop e RnB in modo perfetto. Sì, perché nell’industria musicale funziona così: ci sono anni in cui si raggiunge la vetta, si diventa un’icona, e poi si passa il testimone a qualcun altro, che di quell’eredità farà tesoro, ma aggiungendo la propria impronta, fino a diventare la nuova star. Non giriamoci intorno: nel mondo hip hop e RnB Kendrick Lamar e SZA sono i nomi del momento. E la prova ne è stata proprio il loro tour insieme, che ha unito i fan di entrambi, ottenendo un successo enorme. Il concerto ha dato ampio spazio alle canzoni singole dei due artisti, alternate ai loro duetti. Un’occasione speciale per gli amanti dei generi, che hanno potuto ascoltarli insieme su un unico palco. Chiaramente, chi muove più numeri è Kendrick Lamar, senza ombra di dubbio. SZA in Italia è arrivata da poco, soprattutto grazie ad alcuni brani diventati virali sui social come Kill Bill o Snooze. Ma la differenza si percepiva: quando toccava a Kendrick, soprattutto con le sue hit più iconiche, lo stadio si accendeva completamente. Nei turni di SZA, invece, si vedevano due reazioni: alcuni seduti, altri a cantare. Una differenza scontata, considerando le loro carriere: SZA ha pubblicato due album (il primo nel 2017), mentre Kendrick ha esordito nel 2011 e ha già cinque album all’attivo. Per lei questo tour è stata una fortuna: probabilmente le sarebbero serviti ancora alcuni anni di carriera per riuscire a riempire uno stadio da sola. Inoltre, il genere RnB non è ancora così in voga in Italia, dove il pop domina. Ma ci sono sempre eccezioni, come Rihanna e Beyoncé: ecco perché è probabile che, continuando così, SZA possa diventare una nuova icona mondiale dell’RnB.

La sua voce è magistrale, angelica, incredibile. Lei è bellissima (non neghiamolo: nell’industria musicale conta anche questo), sa ballare, ha un’ottima presenza scenica. Durante il live ha cambiato quattro outfit e alla fine è apparsa con delle ali di fata – richiamo all’ultimo album, che ha il concept del mondo degli insetti. E Kendrick? Sempre fedele al suo stile: pantaloni larghi e bassi, t-shirt oversize e totale comodità. Questa è la doppia faccia della musica di oggi. Ma evitando la solita tiritera sulle differenze di immagine, parliamo della musica: Kendrick è arrivato a bordo di un’auto da cui fuoriuscivano fumogeni, rimanendo nascosto fino all’ultimo, per poi apparire come un dio sul palco. Le canzoni erano intervallate da clip, a volte di Kendrick, a volte di SZA, tratte dai videoclip musicali o da interviste preparate appositamente. Il concerto è stato anche molto lungo, con una setlist ricchissima (cantare Kendrick è praticamente impossibile… ma quanto è potente?). L’organizzazione ha funzionato bene: file scorrevoli, controlli veloci… anche se dal parterre qualcuno è riuscito ad accendere un fumogeno. Com’è possibile che l’abbia fatto entrare? In un’epoca in cui ai concerti avvengono tragedie per episodi del genere – soprattutto nei live rap e hip hop (vedi Sfera Ebbasta o Travis Scott) – come si può essere così sconsiderati? E per cosa, per farsi notare? Dove stavano i controlli? Non fanno entrare acqua e amuchina ma i fumogeni sì? Fortunatamente non è successo nulla, e tutto lo stadio ha urlato “scemo” al responsabile. Bene: significa che c’era solo un idiota su 50.000 persone, quindi le statistiche restano positive. Ultima nota stonata in un concerto comunque magnifico: perché sul biglietto Ticketone c’era scritto inizio ore 19, ma in realtà è cominciato alle 21? Due ore di differenza non sono poche, e presentarsi così presto (soprattutto se si hanno posti a sedere, senza doversi spintonare per andare sotto al palco) non è proprio il massimo.
