Non ha forse avuto il seguito che era legittimo aspettarsi ma Diavoli, la serie tv prodotta da Sky e Canal+ ispirata all’omonimo romanzo di Guido Maria Brera e trasmessa da Sky Atlantic nelle scorse settimane, si è rivelata un prodotto quanto mai attuale, in un periodo in cui i possibili effetti economici del Coronavirus hanno reso decisamente presente, nel dibattito pubblico, la parola “crisi”. Già perché è proprio attorno alla capacità di influire più o meno direttamente sulle sorti della vita di milioni di persone che ruota il racconto che vede come protagonista un ottimo Alessandro Borghi, in compagnia, fra gli altri, di Kasia Smutniak e Patrick Dempsey. Vicende che, con lo sviluppo della serie, tendono a farsi sempre meno credibili, con semplificazioni a tratti eccessive pure per chi si sente davvero molto distante dal mondo della finanza londinese - un ambiente, in realtà, più vicino di ciò che si pensi. Ed è per capire quanto di vero ci sia all’interno di Diavoli che abbiamo chiesto aiuto a un amico di MOW, del quale, purtroppo, non potremo svelare l’identità.
Niente foto su Whatsapp per lui, niente perdite di tempo. Per chi è dentro al sistema, per chi vede i numeri come in Matrix (o fiuta il sangue, come gli squali di cui parla Dempsey nella prima puntata della serie), si bada solo alla sostanza e la sostanza sono solo i soldi, i capitali, i movimenti che determinano l’andamento del mondo e di cui sappiamo in genere davvero poco, nonostante le informazioni che li riguardino non siano poi così nascoste. Un percorso classico il suo, lo stesso di un Massimo Ruggero qualsiasi: finanza in una delle migliori università italiane, esperienza in una grande banca d’investimenti, un buen ritiro all’interno di una banca concorrente, nella gestione dei key clients con portafogli superiori ai 100 milioni di euro (mica cazzate). Ecco cosa ci ha detto.
Tanto per cominciare, Diavoli, in generale, è una serie credibile?
“Lavoro nel mondo della finanza da prima della crisi del 2008 e quello che vi posso dire è che di certo molti avvenimenti sono totalmente inventati, pur se inseriti in un contesto storico vicino a noi che è quello della crisi del debito sovrano europeo del 2011. D’altra parte si tratta di fiction. Nulla da dire, quindi, sulla scelta di procedere in questo senso, da parte di regista e sceneggiatori. Ad avermi colpito, però, è la distanza esistente tra lo sviluppo della serie e il racconto fatto da Guido Maria Brera, nel suo libro. Si tratta di storie simili, di personaggi simili, di vicende ambientate nello stesso contesto, ma in realtà piuttosto diverse. Personalmente ho apprezzato maggiormente il libro, ma capisco che vi siano esigenze di scena che impongono la riproposizione di alcuni paradigmi comuni ai thriller finanziari”.
La scena che mi ha spinto a chiederti di guardare per noi la serie è quella della decisione sulla vendita o meno dei bond tedeschi, che si vede nella seconda puntata. Il team di Massimo Ruggero è assiepato davanti a una televisione in sala trading. Trichet sta per annunciare se la BCE alzerà o meno i tassi d’interesse. Da questo provvedimento dipende l’opportunità di vendere o meno un pacchetto di titoli tedeschi. Ebbene, Massimo decide di affidare la scelta allo studente Oliver Harris, un piccolo genio poco più che ventenne, da cui si era fatto crackare il portatile di un collega morto suicida. Oliver, per altro, nel momento in cui viene chiamato a decidere su questa delicata operazione è soltanto in visita presso la NYL, la banca in cui lavorano i nostri protagonisti e di cui, solo in un secondo momento, entrerà a far parte. È una scena verosimile? A me sembra la classica spacconata da film americano.
"Il fatto che un processo decisionale sia influenzato da un semplice studente di economia non appartiene sicuramente ad un mondo reale, ma, per quanto attiene al trade, posso confermare che molte volte si procede per azzardi, quasi per una scommessa. Il concetto di trade “contrarian” è proprio quello di scommettere sull’improbabile con lo scopo di ottenere un maggior rendimento, contro il cosiddetto trade “crowded” ovvero la posizione presa dalla maggior parte degli operatori di mercato".
Cioè si rischia così? Tipo punto tutto sul rosso?
"Se non ti prendi un rischio guadagni poco ma è chiaro non si tratta di una scommessa nel senso più stretto del termine. Solitamente, infatti, esistono ragioni economiche che sostengono entrambe le scelte davanti alle quali è posto un trader. La questione è decidere quale sposare e, soprattutto, la scelta deve essere giustificabile davanti agli investitori. Quando Oliver decide per il team di Massimo che Trichet alzerà i tassi d’interesse, giustifica la scelta sulla base del suo modo di camminare: sostiene di vederlo teso, come se dovesse annunciare qualcosa di inaspettato. È chiaro che nessun trader si prenderà mai la responsabilità di dover giustificare una scelta del genere sulla base di sensazioni così impalpabili e aleatorie. Nel mondo reale si corrono dei rischi, quindi, ma tutto è valutato su basi razionali".
Cosa mi dici, invece, del protagonista Massimo Ruggero? Mai incontrato un personaggio così?
"Nella mia carriera, ho incontrato o conosciuto indirettamente numerosi star banker con stipendi di sette o otto cifre, italiani e con origini modeste che hanno avuto enorme successo nei floor dei mercati di Londra. È realistico anche il raggruppamento in singoli team indipendenti negli stessi floor delle banche d’affari, a Canary Warf. E in molti casi i maggiori competitor non sono team di differenti banche, ma proprio quelli seduti a due o tre desk di distanza da te. La rivalità tra colleghi è un fatto, così come le manovre per ostacolare le promozioni di altre persone, e credo sia comune a tanti settori, ma in banca è la normalità".
Gli italiani hanno una marcia in più in quei contesti?
"Dipende. Nelle banche d’investimento esistono team che fanno “proprietary trading”, cioè investono per conto dell’ente per cui lavorano. In genere chi lavora per questi team è super skillato sul trading in senso stretto e non ha o non deve avere particolari abilità nella vendita. Diverso è il compito di chi deve vendere ad esempio dei derivati strutturati a grandi clienti istituzionali. In quel caso i team sono misti e contemplano anche figure con grandi abilità lato vendita. Ecco, gli italiani, solitamente, sono molto bravi da questo punto di vista e il fatto che, tra gli anni ‘90 e il 2010, in molti abbiano assunto posizioni di assoluto rilievo nelle istituzioni finanziarie londinesi e statunitensi è un fatto. Probabilmente abbiamo delle sales skills meno ordinate di un tedesco, meno eleganti di un francese ma di sicuro molto efficaci. Dopotutto storicamente siamo sempre stati degli ottimi venditori".
Tornando a Oliver, che ne dici del suo personaggio invece? Hai mai visto assunzioni lampo come la sua, dettate da presunte doti messe in evidenza in situazioni extra-ordinarie?
"La figura di Oliver è decisamente improbabile. I processi di assunzione seguono iter ben stabiliti e dipendono da serrati processi di selezione, a partire dalle application on-line. Unica eccezione, le intership di 3 mesi che solitamente vengono accordate - ad esempio - a figli di grandi clienti o a soggetti a vario titolo indicati da questi ultimi. In questo caso, queste figure vengono affiancate a dei team già formati con lo scopo di fornire loro una visione sul tipo di attività che, seguendo tutti gli iter normalmente previsti, potranno eventualmente andare a svolgere".
Ok, veniamo al cuore delle vicende narrate dalla serie. Sono davvero soltanto gli introiti generati a valere come unico metro per misurare le abilità di un professionista, nel mondo della finanza?
"Fino a 10 anni ti avrei risposto di sì: chi più fa soldi, fa la migliore carriera. Ma dopo la GFC (Global Financial Crisis) del 2008 posso testimoniare che si sono iniziati a vedere licenziamenti proprio dei manager che portavano alle banche d’affari i maggiori profitti. Questo perché le banche stesse hanno capito l’importanza di gestire il rischio reputazionale e i costi legal e compliance sono aumentati in maniera spropositata. In questo senso l’esistenza di un’istituzione come la NYL è piuttosto discutibile. Se si trattasse di un fondo di investimenti speculativo il comportamento dei protagonisti - spesso ben oltre ogni scrupolo - potrebbe anche essere vagamente verosimile. Ma una banca di piccole o grandi dimensioni, al giorno d’oggi, è troppo controllata per permettersi di eseguire trade come quelli descritti nella serie".
Quanto c’è della vita di Guido Maria Brera nel libro e nella serie?
"Brera ha sicuramente preso spunto dall'esperienza vissuta insieme a Paolo Basilico nella creazione di Kairos, una finanziaria italiana di successo, a cui ha dato vita nel 1999, che nel 2017 ha fatto segnare oltre 11 miliardi di euro di patrimoni in gestione e che adesso è di proprietà della banca privata svizzera Julius Baer. Da notare, per altro, un suo cammeo nella scena in cui Massimo lo saluta come trader neo arrivato nella sua banca".
Il personaggio di Dempsey è credibile?
"Non molto. Un potere incontrollato, un rapporto così influente con Washington DC e con la FED, il fatto di dover rendere così poco conto a un consiglio di amministrazione in termini di operatività: tutto molto romanzato".
Nella settima puntata si viene a sapere che una serie di CDO (Collateralized debt obligation) attorno a cui ruota la vicenda della morte di Edward Stewart, sono garantiti da una centrale nucleare che si rivela essere non attiva. Domanda numero 1: cos’è un CDO?
"Una collateralized debt obligation è una obbligazione che ha come garanzia uno stock di debito. Mi spiego: solitamente le obbligazioni sono degli strumenti in base ai quali tu investitore presti del denaro a un ente (tipicamente una società o uno stato) e questo si impegna a restituire quella somma entro un ammontare di tempo, a fronte del pagamento di una certa quantità di interessi. Ecco, nel caso dei CDO, chi li vende ti dice: questo titolo rappresenta una serie di altre obbligazioni (che per ipotesi possiamo dire siano 100 altre); con i soldi che vengono corrisposti a titolo di interesse dalle obbligazioni che sono state emesse dalle 100 società a cui fa riferimento questo CDO, ti verrà pagato un ammontare x che corrisponde alla rendita di questo CDO. Tu investitore, chiaramente, ti assumi il rischio che i debitori siano insolventi ma hai il vantaggio di poter variegare il portafoglio di titoli a cui si riferisce il singolo CDO, includendo al suo interno sia obbligazioni più rischiose (perché chi le ha emesse è più a rischio insolvenza) ma per questo anche più redditize, sia obbligazioni più solide (perché chi le ha emesse è un soggetto affidabile, che di certo mi restituirà i soldi) e per questo emesse a tassi di interesse più bassi. A quanto pare, nella serie, le obbligazioni a cui fanno riferimento i CDO trattati dalla NYL sarebbero state garantite anche da una serie di beni fisici, come la centrale nucleare dismessa, situata in Ucraina, a cui fa visita Massimo, in compagnia di Sofia".
Domanda numero 2: può realmente accadere qualcosa di simile a quanto raccontato nella serie? È verosimile che un CDO abbia come garanzia un bene sostanzialmente inesistente?
"Non posso dire se per ogni CDO emesso ci sia qualcuno che prende l’aereo e va a controllare che ogni bene sia effettivamente corrispondente, quanto a valore, a quello che è stato stimato da chi lo offre in garanzia, ma le autorità di vigilanza dovrebbero servire proprio a questo: ad analizzare i cash-flow e l’abilità di pagare gli interessi sottostanti alla struttura dell’operazione, prima di autorizzarne l’emissione. Quella che viene descritta nella serie è sostanzialmente una truffa e quando entriamo nel mondo delle truffe, tutto è possibile, vigilanza o meno. Che questa sia la normalità, però, come viene in qualche maniera allusivamente fatto intendere, ecco, di certo no".
È possibile avere accesso dall’esterno a così tante informazioni riservate come quelle che sembra condividere il personaggio di Duvall, ispirato ad Assange? In altre parole: è possibile accedere a informazioni realmente rilevanti senza avere fonti dirette?
"Alcuni quotidiani come il FT, il Guardian, perfino Buzzfeed o alcuni blog hanno effettivamente un’alta capacità di influenzare determinati trade. Lo è anche Trump con il suo account Twitter ormai. Zerohedge, ad esempio, è uno dei blog più letti dalla comunità finanziaria internazionale e la sua capacità di influire sui mercati è testimoniata, ad esempio, dal fatto che il suo account Twitter sia stato bloccato, a gennaio, quando ha cominciato a diffondere informazioni più circostanziate sul come il Coronavirus sarebbe potuto diventare un problema per gli investitori internazionali. Quindi la risposta è sì, i leaks ci sono. Il punto è sapere dove recuperarli. Anche la giornalista argentina (Sofia, ndr) è un personaggio ispirato a tante e tanti giornalisti che fanno di tutto per procurarsi una notizia esclusiva, e questo avviene anche in Italia. Così come le storie di sesso all’interno delle banche: sono molto frequenti. Sai com’è, il potere dei soldi e del successo sono molto eccitanti".
E tutta la storia secondo cui la crisi che ha investito alcuni Paesi come l’Italia nel 2011 (quella che ha visto il nostro spread schizzare alle stelle e Berlusconi costretto a dimettersi) sia in realtà tutta una manovra orchestrata ad hoc è verosimile?
"La base della storia come detto è la crisi del debito sovrano del 2011. È interessante la teoria per cui la crisi sia stata creata ad hoc dagli Stati Uniti per distogliere l’attenzione da una potenziale debacle del mercato dei titoli di stato americani, la realtà però è che dopo la Global Financial Crisis del 2008 i Paesi europei definiti PIIGS (acronimo inventato negli anni ‘70 e non dallo stagista di una banca nel 2011 come viene rappresentato nella serie) hanno aumentato in maniera significativa uno stock di debito già troppo alto, senza possibilità di poterlo ripagare. Che l’Unione Europea non abbia mai portato a termine i suoi obiettivi fiscali e politici è, poi, un dato di fatto. Che ciò abbia provocato una situazione instabile, è storia".