Christo, l’artista capace di usare il mondo intero come una tela, si è spento a New York in una sera di fine maggio, a 84 anni.
Ora di lui, fugace come le sue opere, ci resta la testimonianza di una rivoluzione artistica senza precedenti. Precursore della Land Art, insieme alla compagna di vita Jeanne-Claude, aveva ridisegnato il concetto di eterno, costringendoci ad uscire dai musei per imparare ad ammirare quadri senza cornici.
Ma che cosa ci rimarrà di tutta quella bellezza irripetibile?
La sua storia d’amore
Christo Vladimirov Javacheff fuggì dal regime stalinista e si rifugiò in Francia dove, per sopravvivere, iniziò a dipingere su commissione. Fu chiamato per realizzare il ritratto di Précilda Denat de Guillebon e lì conobbe la figlia, Jeanne-Claude Denat de Guillebon. Da quel momento furono sempre Christo e Jeanne-Claude. Uniti nell'arte, nella vita, nel nome della loro associazione e anche nella loro pagina su Wikipedia.
Nati esattamente lo stesso giorno, il 13 giugno 1935, i due sfidarono sempre la sorte per essere quelli che erano. Jeanne-Claude si sposò ma lasciò il marito poco dopo la luna di miele, quando capì di aspettare un figlio da Christo, che in quel periodo frequentava la sorella. Uno scandolo di cui non si pentirono mai e che diete il via a uno dei sodalizi artistici più longevi della storia dell'arte.
Insieme posero le pasi per la Land Art, l'arte della terra, e furono sempre Christo e Jeanne-Claude anche dopo la morte di Jeanne-Claude, nel 2009. Lui non cambiò la firma delle sue opere realizzate dopo la scomparsa della compagna, perchè quella rivoluzione artistica apparteneva a entrambi, per sempre.
L'impacchettamento
Ma è arte questa? La domanda cardine di tutta la storia dell'arte contemporanea trova il suo spazio anche nelle monumentali opere di Christo. Impacchettare i paesaggi, i monumenti, gli alberi e le spiagge, è arte?
Se l'arte smuove le menti e i cuori di chi si ferma a guardarla non c'è alcun dubbio che gli impacchettamenti di Christo e Jeanne-Claude furono tra le opere più artisticamente complesse degli ultimi decenni.
In un mondo che si stava velocemente spostando verso il consumismo estremo, un pittore squattrinato di origini bulgare e una nobile francese iniziarono a impacchettare le uniche cose che non potevano ancora essere comprate. La costa di Sidney, il Chicago Museum, il monumento a Vittorio Emanuele in piazza Duomo a Milano, il Reichstag di Berlino, la Valley Curtain di Rifle in Colorado.
Non ebbero mai committenti. Mai vollero chiudersi in un museo e mai si fermano a contemplare il successo e il progresso della Land Art nel mondo. Cambiarono sempre, fino a camminare sulle acque.
The Floating Piers
Ce lo ricordiamo tutti quel delirio estivo. Era il 2016, tra giugno e luglio, e le bacheche dei nostri profili Facebook e Instagram erano colorate di un giallo/arancione ancora impresso nel nostro cervello.
Tutti volevano camminare sulle acque come Christo. Tutti volevano vedere il The Floating Piers, la passerella sull'acqua del Lago di Iseo. Un complicato sistema di ponti galleggianti realizzato dall'artista bulgaro a partire dal 2014, partendo da un'idea avuta in passato con la sua compagna Jeanne-Claude.
The Floating Piers fu la prima installazione di Christo dopo la sua morte e il primo non-impacchettamento dopo molti anni. Un successo assoluto. Un delirio che, dirà successivamente, poco gli interessava.
L'opera che non vedrà
ll prossimo autunno avremmo ammirato la nuova opera di Christo e Jeanne-Claude: l'Arco di Trionfo di Parigi impacchettato.
Slittato al 2021 a causa dell'emergenza Coronavirus, il celebre impacchettamento sarebbe stato un ritorno alle origini del successo della coppia. Una coronazione della Land Art e, probabilmente, l'ultimo grande monumento dell'artista prima del suo ritiro a vita privata.
L'Arco di Trionfo verrà comunque impacchettato, confermano i suoi collaboratori, che lasceranno immutato il progetto di Christo e realizzeranno l'ultima opera come sua grande celebrazione.
Il lascito della coppia sarà quindi un ultimo, momentaneo, impacchettamento. La testimonianza di un'arte fuori dai musei, di un insegnamento che gli sopravvivrà e di un grande quadro a cui nessuno potrà mai mettere una cornice.