Compie 80 anni il maestro dell’incubo Dario Argento. Forse riderebbe di questa definizione, anzi sicuramente, poiché per lui, raccontare le sue paure in oltre cinquant’anni di carriera è stata semplicemente una cosa normale, nel suo genere. Film che hanno fatto la storia del cinema, non solo in Italia, e che hanno raccontato i peggiori incubi delle persone, quelli più profondi e nascosti. Argento viene folgorato dal cinema giovanissimo e dopo un esordio come giornalista cinematografico presso l’Araldo dello spettacolo viene assunto a Paese sera come critico cinematografico. Dalla carta stampata alla sceneggiatura di un film il passo è stato breve, attirato soprattutto dal cinema di genere, horror e western in particolare, inizia le sue prime collaborazioni nel 1967 e nel 1969 firma la sceneggiatura di “Un esercito di cinque uomini” di Italo Zingarelli. L’anno successivo è quello della sua prima regia “L’uccello dalle piume di cristallo”, un film prodotto da Salvatore Argento, padre di Dario, e tratto dal romanzo di Fredric Brown “La statua che urla”. Da quel lontano esordio la carriera di Argento è stata tutta in crescendo anche se quando si parla di Dario Argento, il film cui più rapidamente la memoria corre è “Profondo rosso” del 1975, un film spartiacque tra il genere thriller e horror e che ha visto anche il debutto al cinema del gruppo musicale Goblin.
La strada lungo il film di genere per Argento ormai è tracciata ma è importante ricordare che un paio di anni prima di “Profondo Rosso”, il regista romano si dedicò ad una pagina di storia risorgimentale italiana realizzando il film “Le cinque giornate” con Adriano Celentano. Poi per tutti gli anni ’80 realizza gioiellini come “Suspiria”, oggetto di un remake di Luca Guadagnino nel 2018, “Inferno”, “Tenebre”, Phenomena” e “Opera”. Coccolato da Hollywood, gira l’episodio “Il gatto nero” nel film “Due occhi diabolici” co-diretto con George Romero. Negli anni ’90 e 2000 dirada l’attività per tornare quasi prepotentemente nel 2012 col controverso “Dracula” in 3D". Un linguaggio quello di Argento che ha sicuramente elevato il genere thriller-horror ad altro, rendendolo un caposaldo e un riferimento. Spiritoso, sempre disponibile e simpatico, non ha mai nascosto ciò di cui aveva paura e cioè di tutto ciò che si vede nei suoi film, girati quasi per esorcizzare o sublimare una coscienza collettiva a volte spinta verso l’horror altre volte allontana come da uno spauracchio. Notevole l’uso degli effetti speciali, realizzati da Carlo Rambaldi per “Profondo Rosso”, e l’inquadratura dei particolari, tipo la mano che accoltella una vittima, mano in primo piano che è sempre quella di Dario Argento. Una figura chiave nel panorama cinematografico italiano, senza la quale, il nostro cinema avrebbe sicuramente faticato molto di più ad affermarsi.