Una notte camminavo per Venezia, tutto sembrava essere perfetto mentre percorrevo le vie strette e i ponti che si susseguono uno dopo l’altro. La Luna si rifletteva nell’acqua, muovendosi leggermente al ritmo di una leggera brezza marina e le gondole erano vuote, dondolavano rilassandosi dopo una giornata intera a trasportare turisti in giro per la città. Nel mezzo di quell’attimo di sublime bellezza un ratto enorme mi ha attraversato la strada correndo velocemente e infilandosi dentro un grosso foro di un palazzo antico. In una frazione di secondo si è sgretolato quell’idilliaco momento e sono stato trasportato di nuovo nella dura e cruda realtà. Ma a Venezia si perdona tutto, la sua bellezza e unicità riescono a soprassedere qualsiasi critica e qualsiasi difetto le viene perdonato. La 77ª edizione del Festival del cinema di Venezia è iniziata, nonostante il Covid-19 abbia tentato di bloccare qualsiasi attività della nostra contemporaneità e in alcuni casi ci è anche riuscito alla grande, come è successo con Cannes. Questo 2020 ha portato tutti a una grossa riflessione sugli eventi di grossa portata che si sintetizza in una grossa e netta divisione: annulliamo tutto e riprendiamo il prossimo anno oppure tentiamo di farlo anche adesso cercando di rispettate tutte le regole per evitare un contagio di massa. Il festival di Venezia ha optato per la seconda opzione, con tutti i rischi connessi. Infatti è un’edizione differente, non poteva essere altrimenti, in cui tutto è cambiato e la forbice tra pubblico e personaggi famosi si è allargata in maniera inesorabile. Il red carpet è diventato uno sfondo perfetto per le foto da condividere sui social dove le persone già famose hanno la possibilità di accrescere in maniera esponenziale il numero di follower e, anche, il loro valore economico. Non servono neppure gli attori. D'altronde senza il pubblico si perde una fetta importante di tutto il fascino del Festival con i divi che arrivavano sui motoscafi vestiti di tutto punto, con i capelli mossi dal vento, idolatrati come dei pagani e pronti a concedere qualche autografo e qualche selfie da custodire come la reliquia di un santo e alimentare il proprio ego sui social brillando della loro fama.
Ma ora c’è una barriera. La concezione di muro è tornata in voga negli ultimi anni per determinare i confini e dividere le parti e anche le espressioni di stupore vengono nascoste dietro le mascherine necessarie a contenere il diffondersi del virus. Per fortuna esiste Cate Blanchette che presiede la giuria e che illumina con la sua eleganza e classe qualsiasi cosa di cui faccia parte, capace com'è di trasformare la più grezza delle sagre paesane in un evento di gala e, cosa ancor più incredibile, di farlo con una naturalezza sublime. I controlli contro il terrorismo sono diventati quelli per la temperatura, trasformando, a detta di molti addetti ai lavori, l'edizione 2020 in un Festival più vivibile e meno confusionario (escludendo il sistema di prenotazione on-line), quindi elitario, rivolto a pochi insomma. E il cinema? Nelle sale è uscito Tenet di Christopher Nolan con l’intento – neppure troppo velato – di riportare le persone in sala dopo la grande quarantena mondiale. Il film parla di modulazione del tempo, di come, invertendo l’entropia, si possa tornare indietro nel passato. Si potesse fare anche nella realtà cercherei di convincere gli organizzatori del Festival di Venezia ad aprire la mostra proprio con questo film, creando un connubio perfetto per la ripartenza, sotto ogni punto di vista. E se la cosa non dovesse funzionare tornerei indietro ancora e ancora, magari prima del lockdown, entrando in un cinema senza mascherina a guardare un bel film. Ma, forse, sbagliando qualcosa, accellererei l’entropia, ritrovandomi nel futuro, invece che nel passato. Un futuro in cui hanno inventato un vaccino e il Covid è solo un brutto ricordo. Un futuro in cui, di fianco a me, un signore mastica rumorosamente i suoi pop corn, mentre io penso a quanto mi manca quel tempo in cui il posto vicino al mio era libero, per evitare il contagio.