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Ecco perché Vasco
ha fatto centro un'altra volta

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

23 ottobre 2021

Anche se in molti diranno abbia fatto di meglio, in un universo di meteore banalotte vestite da star, Vasco rimane una certezza. Da "Siamo solo noi" (1981) a "Siamo soli" (2001), "Siamo qui" (2021) rappresenta il terzo capitolo collettivo di una saga che si arricchisce ogni vent'anni. L'ennesimo inno di una generazione, il manifesto dell’esistenza

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

Vasco Rossi agita la penna in "Siamo qui", brano che fa da apripista all'album omonimo (in uscita il 12 novembre), smuovendo le acque torbide della miseria umana in un pezzo maturo e al passo coi tempi. Il rocker si guarda intorno, da spietato regista di un’epoca, e filma le gesta di noi "poveri eroi", buttati in un mondo che ci ha consumato fin dentro le ossa. Tutto sfugge al nostro controllo, persino il senso di questo vivere. In una vita sedotta dall’avere più che dall'essere, ci nascondiamo per difendere le debolezze, anche se alla fine tutto sale a galla, e tocca fare i conti con la nostra coscienza.

Il Blasco canta di sé, eppure parla al plurale, incapace di rimirarsi compiaciuto allo specchio, usando quel "siamo" a cui è affezionato da almeno quarant'anni. Così il testo respira appieno l'imperfezione dell’uomo, con un frasario semplice, nel tipico stile del cantante. Poche parole, dirette e accessibili a tutti, adatte a chi nella musica cerca ancora un senso. Il provoc-autore si trasforma per non cambiare affatto. Fedele a sé stesso, ma mai immobile nel tempo, consapevole che la stasi non appartiene agli esseri pensanti.

È chiaro, non c’è da stracciarsi le vesti per il nuovo pezzo (ha fatto di meglio), ma in mezzo a tante meteore banalotte vestite da star, Vasco rimane una certezza. Da "Siamo solo noi" (1981) a "Siamo soli" (2001), fino a "Siamo qui" (2021), ecco il terzo capitolo collettivo della saga, uno ogni vent'anni. L'ennesimo inno di una generazione, il manifesto dell’esistenza.

Vuoi per la Maneskin-mania, vuoi per lo sfizio di uno che sa il fatto suo, il rocker-filosofo torna anche al tutto suonato con strumenti veri, come si faceva una volta, confezionando un progetto in direzione ostinata e contraria, che ricalca i passi di uno che ha sempre precorso i tempi, e riprendendosi alla grande anche sul versante video. Girata a Spinazzola, in Puglia (disponibile da un paio di giorni su Youtube), e diretto da Pepsy Romanoff (suo regista di fiducia), ha come protagonista femminile Alice Pagani, nelle vesti del suo alter ego. Un viaggio, in quella passeggiata che è il nostro vivere, nell’alternarsi di pugni e carezze, risate e pianti, luci e ombre. Un percorso che presta il fianco alle tentazioni che incontriamo sul nostro cammino, sin da quel Paradiso terrestre che ci ha sfidato con la mela del peccato. Il riscatto è espresso nell'immagine finale, che racchiude il senso del brano e del girato. La vita è una partita col destino, in cui non si può mica truccare la mano, ma almeno essere consapevoli di ciò che siamo.

"E quando non lo sai, neanche perché lo fai. Ti basta piangere oppure ridere.
E quando non si può, quando ti dico no.
Ti vuoi nascondere, ti vuoi proteggere.
Siamo qui, poveri eroi
A difendere quello che poi non dipende da noi."

Vasco ha fatto centro un'altra volta. Questo succede, tra alti e bassi, da quasi cinquant'anni. Prendano appunti i novelli "ruoccker".

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