Chissà perché quando si parla di anime, le persone hanno una reazione strana. Mi capita, infatti, di avere molto spesso a che fare con persone la cui conoscenza della materia si limita unicamente a Dragonball, Captain Tzubasa (ossia Holly & Benji) e Ken il guerriero. Nulla da dire su questi tre prodotti mainstream, ma la cultura degli anime è profonda, ricca di grandi produzioni e di storie che aprono gli occhi e il cuore. Pensate che ho dovuto convincere con la forza la mia compagna per farle guardare alcune delle opere universalmente considerate come tra le più significative del mondo dell’animazione giapponese. Anche perché, in Italia, fino a qualche anno fa erano davvero delle perle rare. O cercavi di trovare il torrent giusto, rischiando di finire nella vasta giungla di pornazzi anni Ottanta, o ti imbattevi, più drammaticamente, in un virus che ti rovinava la giornata e il computer. Oppure dovevi pregare e aspettare che qualche casa di distribuzione cinematografica o televisiva comprasse i diritti.
Fortunatamente, nell’ultimo decennio, gli anime giapponesi sono stati sdoganati anche in occidente e, grazie, al grande mercato del manga, il fumetto orientale per intenderci, hanno avuto sempre più spazio. Siamo tuttavia ancora ben lontani dal poter usufruire della maggior parte delle opere che vengono prodotte in Giappone. Anche Netflix, oltre a produrre con i suoi soldi degli anime, con l’inizio dell’anno ha reso disponibili molti film di animazione dello Studio Ghibli, la maggior parte delle quali sono state realizzate dal Maestro Hayao Miyazaki. Ok ma quali sono i migliori anime giapponesi di sempre? Quali i tioli che non è possibile non aver visto almeno una volta nella vita? Andiamo a scoprirlo insieme.
La città incantata
In questa classifica che non è una classifica, non posso non cominciare senza citare l’unico Premio Oscar dell’animazione giapponese, anno 2003. Per quel che vale, l’Oscar è un premio importantissimo, forse sin troppo politico, ma comunque non serve altro per capire che se un anime giapponese è riuscito a insediare la cricca americana composta da Disney, Pixar (che alla fine fa sempre parte dell’azienda di nonno Walt) e Dreamworks, significa che è un’opera che ogni amante dell’animazione deve recuperare. Insomma, un evento unico. Il film d’animazione dello Studio Ghibli, diretto da Hayao Miyazaki, tratto dal romanzo “Il meraviglioso paese oltre la nebbia” di Sachiko Kashiwaba. La protagonista è Chihiro, una ragazzina alle prese con il cambiamento. L’adolescenza è un’età complicatissima e Miyazaki riesce a calarci perfettamente nelle discordie di quel periodo della nostra vita, le insicurezze, le curiosità e anche la noia. La città incantata è un viaggio dolcissimo, magico - l’avventura si svolge all’interno delle terme degli spiriti della strega Yubaba - ma mai banale. I disegni e le atmosfere che ci mostra lo Studio Ghibli sono piene di sentimento, di valori, di strutture più ampie e profonde. Questo è un anime che richiama e forse omaggia anche il capolavoro disneyano di Alice nel paese delle meraviglie, ma con un tocco meno ironico e meno violento, piuttosto più romantico e incantato. Il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta consegna a Chihiro la capacità di comprendere e valutare come la società, l’amicizia, il suo punto di vista sui valori della vita stanno cambiando.
One-Punch Man
Va detto subito: il manga dalla coppia One-Murata è un capolavoro dell’epoca moderna. E l’anime è subito dietro. Trovate su Netflix la prima stagione e su VVVVID.it la seconda. Saitama, il protagonista, non è il solito supereroe, tutt’altro. Qui non siamo di fronte a una serialità che ci presenta l'evoluzione dell’eroe che si allena, cresce e vince. No. Qui troviamo invece un eroe già formato, ma non grazie a poteri magici, divini, tecnologici o altre stregonerie. Siamo di fronte alla formazione di un eroe grazie all’allenamento, alla dedizione, alla forza di volontà. Ma il punto forte di One-Punch Man è il suo carattere annoiato dalla vita, il suo mood da cazzaro di quartiere, tanto che la sua incredibile potenza stona con la narrazione del romanzo. In un momento in cui la Terra è attaccata continuamente da nemici super potenti e super malvagi, lui mantiene una calma quasi folle, fuori dalla normalità. Sembra quasi disinteressato al pericolo che corre il suo pianeta, niente lo stimola, niente. La sua non-verve gli dona un’ironia che diventa la forza di tutto l’anime realizzato da MadHouse, e la sua forza incredibile e inarrestabile - spazza via ogni nemico con un solo pugno, da qui il titolo - gli permette di affrontare nemici sempre più forti, grossi, cattivi. One-Punch Man diverte e intrattiene.
Si alza il vento
"Le vent se lève, il faut tenter de vivre”, ossia "Si alza il vento, bisogna provare a vivere". Un verso potentissimo, presente all’interno del lavoro del poeta francese Paul Valéry, Le cimitière marin. Il film d’animazione del 2013 dello Studio Ghibli è arrivato al pubblico come l’ultimo lavoro di Miyazaki prima del ritiro e si è portato con sé un'attenzione ai dettagli, una profondità emotiva e un lavoro grafico - come al solito - enorme. Si alza il vento è anche uno dei pochi lungometraggi giapponesi di Miyazaki ad essere contestualizzati in un periodo storico preciso. La storia di Jirō Horikoshi, un ragazzino di provincia con la passione per gli aerei e per il volo, vuole diventare un pilota d'aerei, ma la sua miopia glielo impedisce. Siamo a ridosso dell’inizio del primo conflitto mondiale, c’è un malessere, una preoccupazione di fondo nella nazione che non sa ancora che impatto potrà avere questa guerra sulla società, sull’economia, sulla popolazione. Ma il lavoro, la passione, viene prima di tutto. Non potendo pilotare, Jirō decide di realizzarli, gli aerei. Diventa un progettista ed è proprio lui a realizzare anche il famoso aereo da guerra giapponese, lo Zero. La brezza che accarezza i volti e le giornate dei personaggi dell’Anime sembra raccontarci di come la fatica, la pesantezza del periodo storico e delle vicissitudine che ogni individuo affronta possono essere spazzati via dalla grande macchina della vita, che non va ostacolata, ma assecondata e cavalcata. Proprio come se fosse un aereo. Si alza il vento è pieno di silenzi, di non-detti, di gesti non fatti, di emozione non mostrate, di vita quotidiana, di vita dimenticata, di idee bizzarre e geniali, di passione e dedizione, di morte e distruzione, di vittorie e felicità.
Death Note
Se conosco il mondo dei manga e degli anime è grazie all’opera scritta Tsugumi Ōba e illustrata da Takeshi Obata, Death Note. Come si fa a non appassionarsi a una storia che racconta di vita, di morte, di psicologia, di drammi, di umanità, di paure, di contraddizioni, di bene e male. Facciamo così: non guardate il lungometraggio in live action che c’è su Netflix, fa cagare e non vi fa comprendere a pieno la bellezza e le sfaccettature dei personaggi (dicesi live action: film nel quale le vicende di un noto cartone animato, fumetto o videogioco vengono interpretate da attori in carne ed ossa; su Netflix c'è anche l'anime ed è quello che dovete guardare). Di cosa parla Death Note? Semplice. Un giorno, un dio della morte - gli Shinigami - fa cadere sulla Terra un diario della morte, lo strumento che utilizzano gli dei per strappare la vita degli umani. Scrivono il nome, il motivo del decesso, et voila, stroncato. Ma cosa succede se a raccogliere quel potere è un ragazzo che, idealmente, vorrebbe la pace nel mondo, è una delle menti più brillanti del Giappone e ha un padre poliziotto? È qui che nasce la commistione di sensazioni contrastanti, ambigue, ma non del tutto controverse che riempiono le puntate di Death Note. Chi di voi non ha mai pensato che il mondo sarebbe un posto migliore senza la crudeltà, la cattiveria, i reati e tutto ciò che è negativo? Siete disposti a lasciare in mano questa forza divina a un umano, un essere sbagliato alla nascita, con difetti e fragilità, con paure e momenti oscuri? Trentasette puntate di strategie, ambiguità, contraddizioni e elucubrazioni mentali per cercare di rimettere in ordine la mente su cosa è giusto e cos'è sbagliato.
Principessa Mononoke
Dovessimo impersonificare il personaggio della principessa degli specchi, probabilmente, al giorno d’oggi, penseremmo a una Greta Thunberg incazzata con il mondo e con in mano un M16 oppure un AK47. Siamo nel periodo medievale giapponese e il mondo sta cambiando. Dopo decine, centinaia di anni, in cui natura e uomo sono stati capaci di vivere, rispettarsi e andare avanti insieme, adesso la tecnologia e l’evoluzione minacciano l’armonia. Principessa Mononoke è uno di quei film che ti spiazza. È violento, a livello comunicativo. Ti arriva in faccia tutta la superficialità dell’uomo, tutta quella ingratitudine che dimostra nei confronti della terra che per anni ha coltivato, assaporato, mangiato. A rivedere oggi quel capolavoro dell’animazione giapponese, ancora una volta realizzato da Miyazaki, fa venire i brividi pensare come, in effetti, un po’ di religioso mea culpa negli anni addietro avrebbe fatto bene all’umanità che ha pensato più allo sviluppo delle proprio estensioni, così da poter sviluppare l’ozio e l’amore per lo stesso, senza pensare alle conseguenze devastanti che il Pianeta avrebbe subito. Ma di una cosa potete starne certi, la natura è più forte e più silenziosa e quando vorrà riscattare la propria vendetta, questa si scaglierà senza appello sull’essere umano.
Ghost in the Shell
Hacking, nanotecnologia, robot, crimini informatici. Ghost in the Shell è uno degli anime più complessi, ben strutturati e realizzati della storia dell’animazione giapponese. Se avete visto il film del 2017, l’unica cosa bella all’interno della pellicola è il culo di Scarlett Johansson. Non è maschilismo, è realtà. Purtroppo il film è distante dall’atmosfera tetra, cupa e fredda che si respira nella New Port City del 2029, in Giappone. Il mondo è una totale ibridazione tra l’essere umano e le macchine. È in questo contesto che opera il Maggiore Motoko Kusanagi, donna cyborg con corpo e cervello completamente cibernetici (tranne che per alcuni tessuti neurali), che lavora nella Sezione 9 Pubblica Sicurezza, un reparto altamente specializzato per combattere crimini di terrorismo informatico. Ghost in the Shell, tratto dal manga del 1989 realizzato da Masamune Shirow, viene considerato come il padre putativo e ideologico di tutto il mondo post moderno, cyberbunk e futuristico del nostro immaginario collettivo. È stato d’ispirazione per prodotti di clamorosa importanza come la saga di Matrix. È vero, a sua volta è stato figlio di due prodotti incredibili come Akira e Blade Runner, un miscuglio, una commistione, un’orgia di pensieri, idee, stili, criteri che nemmeno Asimov avrebbe potuto partorire.
Il Castello errante di Howl
Può esserci dolcezza, amore, leggerezza in momenti bui, difficili, distruttivi? Il Castello errante di Howl racconta della storia di Sophie, una giovane e bella ragazza che ha lasciato indietro i suoi sogni per dedicarsi al lavoro. La vita di Sophie cambierà completamente quando verrà trasformata da un incantesimo di una maga in una gentile e brutta vecchina. Il carattere e la consapevolezza di Sophie trovano sfogo nel lavoro e nel suo rapporto con gli altri, soprattutto con Howl. Un mago lucente e bellissimo che però è costretto a trasformarsi in un essere disgustoso per combattere una guerra che non gli appartiene. Le metafore si sprecano. Da una parte la continua lotta verso l’autolesionismo e l’autodistruzione della specie umana che, nonostante tutto, continua imperterrita a cercare il conflitto piuttosto che la collaborazione. Dall’altra la ricerca di se stessi, della felicità, del tempo che ci appartiene. La trasformazione di Sophie non è nient’altro che la perdita della coscienza di quanto si è fortunati ad avere l’età e quindi il tempo dalla propria parte, ma ci dice anche quanto la gioventù sia sinonimo di chiusura mentale e di cocciutaggine. Quando Sophie diventa vecchia acquisisce immediatamente un’apertura mentale differente, un approccio alla vita ampio, sensibile, profondo e disincantato. La bellezza che da giovane mostrava all’esterno, ora la ritrova dentro di sé. Starà a lei e a Howl interrompere la guerra e la maledizione.
Neon Genesis Evangelion
Qui siamo di fronte a qualcosa che va oltre ogni considerazione personale. Per molti Neon Genesis Evangelion è un capolavoro dell’animazione, per altri è sopravvalutato. Non ci sono vie di mezzo, ma è diventato un vero e proprio prodotto di culto da metà degli anni Novanta a oggi. Ci troviamo in un mondo post apocalittico, dove la Terra ha subito un tremendo colpo, una tragedia che spazzato via mezzo mondo, il Second Impact. Da quel momento in poi gli uomini hanno iniziato a realizzare una difesa dagli attacchi nemici, dai colpi inflitti dagli Angeli, terribili creature che hanno comune unico obiettivo quello di distruggere. Shinji Ikari, il protagonista, è un ragazzo disturbato, schivo, insicuro, quasi asociale. I rapporti con il padre, a capo dell’organismo militare NERV. È proprio il padre di Shinji a chiamarlo a Neo-Tōkyō 3. Suo figlio è uno degli eletti, dei cosiddetti Children, che dovranno guidare dei robot da combattimento, gli Evangelion. Entità mistiche e sovrane di una forza capace di sconfiggere gli Angeli ma solo attraverso la guida dei Children. Ok, ditemi che non state pensando “ci sono i robottoni, non mi piace”. Se lo avete anche solo pensato meritare di finire la birra, ora. Neon Genesis Evangelion è un’opera finissima, dal grande impatto emotivo oltre che visivo. Le noie e le difficoltà di Shinji sono le difficoltà dell’autore che poi diventano anche le nostre. Paura, incertezza, rabbia. Emozioni umane ma che a volte diventano devastanti, soprattutto per un adolescente alle prese con la salvezza dell’umanità. Ah, lo potete recuperare su Netflix.
Akira
Parlando di Ghost in the Shell avevamo tirato in ballo Akira, il film d’animazione di Katsuhiro Otomo uscito nel 1988. Sono passati 32 anni e quest’opera è ancora un punto di riferimento per gli anime e per il mondo dell’animazione. La struttura narrativa prende le mosse da una bomba, la devastazione dell’inizio della Terza Guerra Mondiale. Dopo quel disastro, il Giappone prova a ripartire tra grattacieli, innovazione e segreti di stato. È così che, infatti, ci viene proposto il mondo cyberpunk di Otomo, pieno di luci e di ombre. La situazione politica, economica e sociale ha una doppia realtà, c’è chi è riuscito a guardare avanti e chi invece è caduto tra le tenebre e farebbe di tutto per cambiare la propria vita. Bande di ragazzi in sella a moto dal design squilibrato e affascinante di affrontano ogni giorno, dando vita a risse su due ruote e in tutto questo caos il governo ha condotto esperimenti su alcuni bambini che hanno sviluppato poteri inimmaginabili. Il controllo degli stessi diventerà fondamentale per il futuro di Neo Tokyo e di tutto il Giappone, mentre gruppi di fanatici religiosi invadono le strade della capitale predicando al mondo il ritorno di “Akira il salvatore”. Una produzione monumentale, una narrazione fresca, ancora oggi, e piena di metafore sulla nostra storia, su quello che siamo stati e quello che potremmo diventare.
Porco Rosso
La storia di un uomo diventato maiale per via di un terribile incidente che lo ha sfigurato durante la Prima Guerra Mondiale. Marco Pagot è un fenomeno dell’Aeronautica italiana ed è l’unico superstite di una spedizione che lo ha segnato per sempre - e non soltanto perché quella ferita sul volto è vistosa e lo fa sembrare un maiale. Porco Rosso parla di un uomo che odia gli estremismi, la guerra, la morte. Indimenticabile la frase che pronuncia quando un suo amico gli chiede di rientrare nell’esercito italiano, ormai colorato di nero: “Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale”. Ecco la sintesi del punto di vista di Porco Rosso, e il colore in questo caso è significativo. La storia che ci racconta lo Studio Ghibli è strabiliante dal punto di vista tecnico, grazie al lavoro immenso di Miyazaki, e profondo, grazie al carattere e allo spessore dei personaggi e del protagonista che deve dimostrare a tutti di essere ancora il più grande pilota di aerei, scontrandosi con la sua nemesi che batte bandiera statunitense. La metafora del satellite italiano che fa a pugni con il gigante a stelle e strisce si spreca. Aggiungo che la colonna sonora è incredibile e aiuta a godersi un film già incredibilmente elevato.