Quella di Black Mirror è una storia travagliata. Nata nel 2011 con una prima stagione composta da tre episodi ideati e prodotti dalla mente di Charlie Brooker, è stata bollata, spesso, come una serie tv “strana” e poco appassionante. Merito o colpa della mancanza di connessione tra le singole puntate, che si sviluppano sempre come racconti a sé stanti. La prima puntata, intitolata Messaggio al Primo Ministro, ad esempio, è un vero e proprio scoglio. Non tutti quelli che ci si sono imbattuti hanno trovato la voglia di vedere le restanti puntate. Ma la produzione ci crede, va avanti e crea una seconda stagione, sempre da tre episodi, nel luglio del 2012. La serie tv però non decolla. Il prodotto di Brooker non riesce a trovare un grande consenso popolare e nonostante venga apprezzata da una nicchia di persone e spesso anche dalla critica, non vola. Due anni e mezzo più tardi ci riprova, ma inizia a guardarsi attorno alla ricerca di una società che possa sostenere o compare la serie. E l’accordo arriva nel 2015 con Netflix. La scintilla che porta una serie per pochi a un prodotto conosciuto e apprezzato, che riesce in qualche modo sempre a sorprendere e andare oltre le aspettative. Black Mirror è una continua fiamma, alimentata con idee che mescolano l’impossibile al verosimile, rendendo le puntate reali, vere e per questo ancora più terrificanti, in alcuni casi, e affascinanti in altri. Ogni episodio riesce, così, a mettere a nudo le debolezze, i rischi, l’angoscia causata da uno sviluppo tecnologico senza limiti, senza regole, senza umanità e anima. Ogni racconto mostra il lato oscuro della tecnologia. Ma quali sono le 5 migliori puntate che non è davvero possibile perdersi? Venite con me per scoprirlo.
Vota Waldo!
Potremmo considerare questo episodio come un segno premonitore della realtà. Un po’ come è successo - leggenda o no - ai Simpson che hanno predetto l’elezione di Trump o l’acquisizione della Fox da parte della Disney. Waldo è un cartone animato, mosso, tramite motion capture, da Jamie Salter, un comico irriverente che trasforma la sua noiosa vita in un affronto aggressivo ai politici, diventando in poco tempo un punto di riferimento per la popolazione e un vero avversario per la classe dirigente. Grazie alla sua comunicazione diretta, senza preamboli e supercazzole, Waldo riesce a diventare concretamente una alternativa ai candidati per le elezioni. Un ribelle che rema contro le idee e la visione dei classici partiti, della casta.
In Italia, in tanti ci hanno visto la nascita e la crescita del MoVimento 5 Stelle attraverso la figura di Beppe Grillo. Waldo è libero di dire tutto quello che vuole, di ironizzare su qualsiasi partito, su ogni figura politica e di dire la verità. Spesso non è una verità condivisa, ma è una verità popolare, sostenuta dalla massa, da chi - come si dice spesso - decide tramite il voto chi governerà il Paese. Ed è in questo momento che si scatena la battaglia mediatica tra l’irriverenza, la satira, la libertà di pensiero e la struttura noiosa, il bla bla bla, la persuasione del mondo incravattato. A guardarlo oggi sembra di assistere a uno dei tanti VaffaDay, eppure era un episodio di Black Mirror. Ah, per sapere se Waldo riuscirà o meno ad essere eletto o meno, dovete guardare la puntata, io non faccio spoiler.
Bianco Natale
Forse la puntata più bella, per tanti motivi. Resa disponibile come puntata speciale il 16 dicembre del 2014, è probabilmente la puntata che ha convinto Netflix ad acquisire i diritti di tutta la serie.
In breve: il giorno di Natale, in una zona lontana dal mondo, due uomini checercano di convincersi a vicenda a confidarsi il proprio passato. È proprio in questo non luogo che i due inizieranno a parlare della propria vita, di che persone erano prima di arrivare lì, nella piccola casa abbandonata dalla civiltà in cui si trovano.
Il rapporto tra i due, inizialmente freddo e sfiorito come il paesaggio innevato che accerchia la casa, inizia pian piano a diventare più denso, più vivo, più diretto grazie alla loquacità di Matt che, raccontando un terribile avvenimento del suo passato convince Joe a parlare di lui e della sua vita. È a questo punto che prende le mosse una storia nella storia che vi lascerà senza parole. Una continua rincorsa al soddisfacimento personale, alle perversioni, all’incapacità di annoiarsi, all’alienazione e alla grande ed estenuante battaglia tra l’essere umano e le sue invenzioni.
Bianco Natale è un episodio incredibilmente complesso, narrato e scritto - dall’ideatore della serie - in maniera splendida ed efficace. I piani di lettura sono multipli e sempre profondi, mai buttati lì a caso, ma sempre organizzati con un ordine logico nel caos degli eventi che si susseguono in questa puntata. Una miscela di idee, di gusti, di sensazioni, di imprevedibilità e di incubi. Sì, perché, alla fine, ogni puntata di Black Mirror nasce da una preoccupazione, da una paura, da un’ansia di fondo che ci permea l’animo in maniera costante: fino a che punto siamo disposti a smettere di essere umani in nome dell’innovazione?
15 milioni di celebrità
È stato bollato come la critica di Black Mirror ai talent show, ai 15 minuti di celebrità di cui parlava Andy Warhol, alla pubblicità e all’intrattenimento spazzatura. 15 milioni di celebrità è ambientato in un futuro nel quale le persone, la classe sociale più bassa della piramide, è costretto in una specie di collegio a macinare chilometri su delle cyclette per alimentare il mondo al di fuori di quella prigionia fatta di asocialità, sudore ed egoismo. Ma non siamo tutti uguali. C’è qualcosa che cambia, qualcosa che spiazza completamente la quotidianità a cui quel mondo è abituato. Un cambio di rotta in stile Hunger Games, i deboli contro i forti, i poveri contro i ricchi. 15 milioni di celebrità è una grande presa di posizione nei confronti della modernità, dell’insensata e costante ricerca della fama, della notorietà a tutti i costi. In questo episodio di Black Mirror l’atteggiamento che permea l’intera puntata è il menefreghisco contornato da indifferenza. È per questo che finirete per amare il protagonista, i suoi ideali e apprezzerete il discorso finale - mezzo spoiler - perché alla fine in quella (e in questa) società la falsità è l’unico vero valore.
Orso bianco
Quando il sadismo incontra il genio, quando la rabbia incontra la tecnologia, quando la frustrazione incontra la paura, ecco, tutto questo è Orso Bianco, l’episodio più interessante di tutta la serie Black Mirror. Con Orso Bianco ci troviamo di fronte a una specie di Grande Fratello in salsa malefica, una sorta di The Truman Show della crudeltà. Vi siete mai chiesti perché ci sono le code chilometriche in tangenziale o in autostrada? Per gli incidenti, penserete. No! Gli incidenti hanno una componente nel rallentamento iniziale, ma il resto della fila è colpa degli altri. Di chi lascia l’acceleratore, tocca il freno, tira giù il finestrino e guarda. Siamo attratti - anche se non lo ammetteremo mai - dalla violenza, dal sangue, dalla morte. Allontaniamo il pensiero di potercene andare, di poter lasciare i nostri cari, di non aver fatto abbastanza in questa vita. Nella nostra, ma degli altri, delle vite altrui ci frega poco e siamo curiosi di vedere, di capire, di scoprire cosa si prova a essere lì, al posto loro. Peggio, invece, facciamo con chi ha commesso reati. In una cultura come la nostra, quella occidentale, quella europea - dove la pena di morte è stata cancellata, abolita e sostituita con una “rieducazione” che spesso fallisce, ma altre volte no - il desiderio di vendetta, la tentazione di far valere la Legge del Taglione, dell’uno vale uno, è ancora ben presente nella nostra quotidianità. C'è un colpo di scena in Orso Bianco ed è allora che capirete a cosa mi riferisco, in quella che è, a tutti gli effetti, la puntata della spettacolarizzazione del male.
Giochi pericolosi
La linea che divide la realtà dalla fantasia è sottilissima, forse quasi inesistente. Cooper è un ragazzo, abbastanza nerd, che ha bisogno di guadagnare due lire e accetta di diventare un beta tester per una rinomata software house che sta sperimentando la realtà aumentata a livelli mai sperimentati prima. Il mondo che abbiamo attorno a noi non ci basta. Dobbiamo creare delle alterazioni dello stesso o degli elementi accessori per aumentarne il valore. Cooper si trova immerso in un videogioco, deve sopravvivere, lui sa come si fa. Ma non ha difese, non perché non ci siano armi con cui aggredire il nemico, ma perché il suo vero nemico è impiantato nel suo cervello. Un microchip che aumenta le sensazioni, le percezioni, le emozioni, soprattutto quelle negative: ansia, paura, sofferenza. Il terrore è vivo, ma non si può scappare. Quanto siamo disposti a cambiare di noi stessi per sperimentare cose nuove? Quanto possiamo spingerci in là, rispetto alle nostre capacità cognitive? Spesso quello che non capiamo semplicemente lo ignoriamo. Qui no. Qui sei a un passo dalla follia, dal baratro della perdita di te stesso, ma non sei tu a decidere quello che accadrà, perché non è reale. O forse sì. Siamo sicuri di sapere sempre cosa sia vero e cosa no? Un episodio dal valore enorme.