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I migliori libri del 2025 secondo MOW? Da “Senza gli altri” di Tuppini a “Narcotopia” di Winn. E poi Herbert, Malaparte e Louis C.K. (sì, proprio lui). Ecco la lista di cui avevi bisogno per sopportare i postumi del Natale

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

31 dicembre 2025

I migliori libri del 2025 secondo MOW? Da “Senza gli altri” di Tuppini a “Narcotopia” di Winn. E poi Herbert, Malaparte e Louis C.K. (sì, proprio lui). Ecco la lista di cui avevi bisogno per sopportare i postumi del Natale
Abbiamo scelto per voi i migliori libri del 2025 (non ringraziateci) e ve li consigliamo dopo le feste, perché non facciamo la lista della spesa a nessuno. Ecco i libri preferiti dalla redazione di MOW, scritti da giornalisti di inchieste, apologeti cattolici, radicali italiani e filosofi eretici. Tutto bellissimo…

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Sempre meno italiani leggono, o sempre di più. Sempre più capiscono, o sempre meno. Le statistiche girano sui giornali, sui social, campeggiano nelle pagine dei critici impegnati e di chi è attento a denunciare la crisi culturale che l’Italia sta vivendo. Tutto giusto e bellissimo, ma i libri non sono numeri e i lettori sono esseri selvaggi, bambini. Registrare quanti libri si leggano è come segnare su un foglio quante volte si mangia o si va in bagno, come fanno i malati. Chi è in salute, chi è sano, legge e basta, mangia e basta. Si nutre senza dover tenere conto di ogni minimo aspetto, della fisiopatologia della società in cui vive. Per questo anche MOW ha scelto di indicare i migliori libri letti dalla redazione nel 2025. Un gioco che non vale come classifica e che mischia, come siamo abituati a fare, le carte: leggerete titoli nuovissimi e titoli vecchi, ripubblicati nel 2025, ma non necessariamente. È un invito disordinato a leggere, magari non i soliti libri, con uno sguardo resistente ma non codificato, e decisamente poco ortodosso, verso lo stato di cose attuale. 

Moreno Pisto: “Il Che, una vita rivoluzionaria” di JL Anderson e “Narcotopia” di Patrick Winn

Il Che e Narcotopia perché sono opere giornalistiche impeccabili. Lavori enormi. Anderson ha vissuto 6 anni in Sudamerica, per ripercorrere le tappe della vita del Che, per parlare con le persone che lo hanno incontrato, riuscendo anche - grazie alla sua indagine giornalistica - a far ritrovare il corpo dato oramai per scomparso sotto a un aeroporto boliviano. Anche Narcotopia è un reportage durato anni, per raccontare la storia e le lotte di una nazione non riconosciuta (nel Myanmar) dove vengono prodotte le droghe sintetiche che invadono il mondo. Qualsiasi giornalista dovrebbe leggere questi due libri e imparare e Anderson e da Winn. 

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“Il Che, una vita rivoluzionaria” di JL Anderson

Riccardo Canaletti: “Senza gli altri” di Tommaso Tuppini, “Ciò che non va nel mondo” di G. K. Chesterton e “Senza futuro” di Paul Morland

Il primo perché è il più bel libro di filosofia scritto da un italiano quest’anno. Se oggi la filosofia dominante pare essere quella della Relazione, e cioè l’idea che a fondamento di tutte le cose ci sia un rapporto con l’Altro (e che dunque, in extremis, sia l’Altro il mio fondamento; evidentemente una follia…), Tuppini, senza particolare avversione verso le mode ma con ironico distacco, ci spiega perché questo non è vero. Alla base potrebbe non esserci l’Altro, né l’io, ma una sorta di condizione di base omnicomprensiva, un’esperienza assoluta, come la chiama William James, una solitudine estrema, che non ci lascia da soli a trastullarci nel deserto, ma fonda la nostra esistenza nel mondo. Può sembrare paradossale. Ma la relazione, così come l’individualità, nascono da questa profona solitudine, riemerergono dal liquido amniotico dell’esperienza assoluta. In altre parole, se abitiamo uno spazio, questo è lo spazio che non si svende alla visibilità, al trend, all’algoritmo. L’esperienza pura è il contrario della pura presenza, del “qui e ora tanto per”. Tuppini ci ricorda che è possibile immaginare il liberalismo non come una difesa dell’individualismo, ma come una difesa della libertà della solitudine. O meglio: come il fatto stesso della solitudine, che ci rende liberi. 

Ciò che non va nel mondo di Chesterton è invece una riedizione di Lindau, che da anni sta procedendo a ripubblicare tutta l’opera del più divertente apologeta cattolico del Novecento. Chesterton pare fece dire a Etienne Gilson, uno dei massimi studiosi di filosofia medievale del Novecento, che il miglior libro su San Tommaso fosse il suo. Chesterton è anche la versione originale del prete che risolve misteri accompagnato dalla sua fede (Don Matteo? Scordatevelo; leggete I racconti di Padre Brown). Ma oltre a tutto questo, Chesterton è stato anche un polemista lucidissimo e ironico, in grado di sfruttare i doppi della lingue, i paradossi, le apparenti contraddizioni. Nella forma breve, negli articoli, nelle riflessioni, ha saputo costruire un sistema coerente che ricorda un Luna Park. I sapiosessuali dovrebbero leggerlo e lasciar perdere per una volta le filosofie petalose che girano oggi. 

Infine “Senza futuro” di Paul Morland, un saggio sulla crisi demografica che stiamo correndo. Mentre fino a poco tempo fa si era convinti che il problema sarebbe stato il boom demografico, i troppi figli, una crescita spropositata della popolazione (tale che avrebbe portato al collasso il mondo), ora sappiamo che le cose sono diverse, anzi opposte. Il vero rischio è il calo demografico, la crisi della natalità e, dunque, l’ideologia antinatalista e la convinzione, ormai quasi dogmatica, che si vivrebbe meglio se fossimo di meno. Da anni ci invitano a boicottare la vita. In cambio ci offrono prospettive tristi e demenziali, che tuttavia non siamo in grado di smontare senza ricorrere alla pura logica; e cioè a tutto ciò rispetto a cui queste nuove credenze sono impermeabili. Ora un saggio basato sull’evidenza, attraverso esempi concreti e una casistica ampia (per esempio riguardo alla possibilità che sia l’immigrazione la soluzione giusta; spoiler: no) può aiutare anche i più scettici a capire come stanno davvero le cose. 

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“Senza gli altri” di Tommaso Tuppini

Domenico Agrizzi: “Atlante della luce e dell’ombra” di Sylvain Tesson

Un’ironia a tratti inglese in storie siberiane. Nel freddo dell’Himalaya o ai confini dell’Urss, i brevi racconti di Tesson sono un perfetto “gabinetto delle curiosità”: un po’ operette morali un po’ sketch già buoni per un corto (o una serie di corti). C’è un ubriacone che crea il panico in uno zoo e la morte vista attraverso la fessura di una montagna, cruna dell’ago dei giganti di pietra. Com’è giusto che sia: o si ride o si muore.

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“Atlante della luce e dell’ombra” di Sylvain Tesson

Gianmarco Serino: “Kaputt” di Curzio Malaparte

Il mio libro preferito del 2025 non è del 2025, ma del 1944 e fu pubblicato per la prima volta da Rizzoli. Quest'anno il romanzo è ricompreso nell'Opera Omnia di Malaparte edita da ETS. Si tratta di Kaputt, un libro che racconta meravigliosamente l'orrore della seconda guerra mondiale. Un grande affresco, un'incisione di Duhrer, un quadro di Caravaggio da parte della penna caustica dell'inafferrabile e impareggiabile diplomatico e corrispondente del Corriere della Sera, Curt Emil Paul Alfred Sommer, passato alla storia con il suo nome d'arte, Curzio Malaparte. 

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“Kaputt” di Curzio Malaparte

Cosimo Curatola: “Dune” di Frank Herbert, “Il Palco” di Giulia Bladassarre e “Sapien. Da animali a dei” di Yuval Noah Harari

Quest’anno ho letto (anzi, sto finendo di leggere) la saga di Dune, che consiglio a chiunque mi capiti a tiro con la stessa insistenza di un salutista che non riesce a farsi i cazzi suoi. Dune dovrebbe stare nelle scuole e la fantascienza tutta, che in Italia viene trattata come un genere minore peggio del fantasy, meriterebbe una gloriosa rinascita. Se invece mi toccasse citare un libro soltanto sceglierei Il Palco di Giulia Baldassarre, che racchiude tutto quello di cui avete bisogno per capire la malattia di Parkinson attraverso una trentenne con gli stessi problemi di un cocainomane. Un extra, che è un saggio: Sapiens. Da animali a dèi. Uno spasso introspettivo.

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“Dune” di Frank Herbert

Emanuele Pieroni: “Una libertà felice. La mia vita” di Marco Pannella

Credevo fosse una riedizione aggiornata e, invece, era lo stesso libro. Di diverso, però, ci sono stati 9 anni in più. Una maturità diversa. Qualche bastonata alternata a gioie. Per questo “Una libertà felice. La mia vita” è il mio libro del 2025. Sì, c’è una parola, “totalizzante”, che è la più violentata del nostro vocabolario e, al di là dell’aver amato o meno Marco Pannella, al di là dell’aver apprezzato l’evoluzione o l’involuzione del personaggio, leggere “Una libertà felice. La mia vita” è probabilmente il miglior modo possibile per capire quanta potenza c’è nella parola “totalizzante”. E pure di quanto bisogno abbiamo ancora di qualcosa che lo sia davvero, con tutta la responsabilità della Libertà quando è libera veramente.

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“Una libertà felice. La mia vita” di Marco Pannella

Ottavio Cappellani: “Ingram” di Louis C.K.

Un Huckleberry Finn dei giorni nostri, un ragazzo abbandona la fattoria texana allo stremo in cui è nato e vaga per una delirante America rurale. All'altezza di Mark Twain.

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“Ingram” di Louis C.K.

Elena Cupidio: “Manoscritto ritrovato a Saragozza” di Jan Potocki

Per presentarlo come miglior libro basterebbe dire che non si sa con certezza dove il polacco Potocki, che tra l’altro si è sparato una pallottola nel cranio per paura di diventare un lupo mannaro (leggenda popolare forse), abbia scritto la seconda parte. Che le edizioni si scontrano tra ridotta e integrale (e per trovare l’integrale sudi sette camicie). E poi non ha un’anima unica questo romanzo: è formazione, erotismo, tra il caldo della Spagna picaresca e la Polonia (che nel libro non compare) fredda come la vodka. 1805 la data di uscita. E sì, ho un feticcio per le cose vecchie. 

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“Manoscritto ritrovato a Saragozza” di Jan Potocki

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