dissing s m. Nella cultura hip-hop e, in particolare, nella musica rap, canzone, brano che ha l’obiettivo di prendere in giro, criticare o addirittura insultare una o più persone, di solito appartenenti all’ambiente stesso della musica rap.
In principio fu Hit ‘Em up di Tupac Shakur con le faide sanguinarie fra West Coast e East Coast. Nel corso del tempo il dissing fra artisti rivali ha sempre seguito schemi e canoni molto precisi, basati su risposte dirette e sempre più dure nei brani che via via venivano sfornati in attesa di una vittoria fittizia della contesa, spesso molto simile a un ko tecnico per rottura di coglioni, per i fan e per i rapper stessi.
Se ci pensate bene, un feud fra disser è una rivalità costruita con la stessa spontaneità di uno scontro nel mondo del wrestling, dove le contese fra i vari atleti vengono portate allo sfinimento dagli autori fino a quando il pubblico non comincia a fischiare i protagonisti. È qui, nel momento catartico della rottura di coglioni, che si avverte l’assoluta necessità di passare ad altro, ad un altro feud, ad un altro match, a - semplicemente - altro.
Anche il rapgame, come d’altronde ogni cosa che venga identificata dall’etichetta “entertainment”, procede per saturazione: a un certo punto, quando i gladiatori nell’arena non si scannano abbastanza, devono andare via, sgomberare il campo, ritirarsi e passare oltre. Finisce, quindi, che anche il campo di gioco e le modalità di scontro si evolvano, cambino prospettiva per inerpicarsi su tutt’altra strada. E così, siamo passati dalle sparatorie in strada, ai freestyle ben eseguiti, alle storie su Instagram, dove, nella maggior parte dei casi, oggi, il dissing si esaurisce, divenendo puro spettacolo virtuale da condividere con il nostro amico intrippato e riderne di gusto in attesa della prossima puntata. Siamo quindi giunti al giro di boa, Instagram non basta più, emerge prepotente un altro social, un altro campo di gioco, TikTok, dove le dinamiche di viralità sembrano essere molto più rapide che altrove. E qui, fra balli, tagli e amatoriali produzioni musicali da 30 secondi, emergono gli artisti della nuova scena, con conseguente benedizione del boomer di turno che ancora non riesce a individuarne le regole e bestemmia scalmanato.
Qui, su questo campo virtuale cinese, emergono due nuovissimi e giovanissimi talenti: Anna Pepe e Marta Daddato. Anna, 16 anni, di La Spezia, è la più giovane artista mai arrivata in vetta alle classifiche del nostro Paese. Il suo singolone, Bando, nasce quasi per caso, autoprodotto fra le mura della cameretta di casa, dopo aver rubato, si fa per dire nell’epoca dell’internet, il beat al francese Soulker. Il singolo viene bloccato inizialmente, per motivi di copyright, da ogni piattaforma, ma il pezzo è una bomba, e così Virgin Records la mette sotto contratto e il producer d’oltralpe decide alla fine di cedere i diritti della sua arte.
A questo punto, un’altra seguitissima tiktoker italiana, Marta Daddato rilascia un altro pezzo, Queen, che nelle sonorità sembra essere molto simile a Bando, uscita poco tempo prima. Marta dice che il pezzo esiste già da prima che il brano di Anna venisse rilasciato, e così le due giovanissime trapper iniziano a dissarsi rivendicando entrambe la paternità del nuovo trap flow. Da qui si innestano una serie di botta e risposta, fra screen dei DM snitchati in pubblico e prese per il culo continue.
Cambiano i modi, cambiano i tempi, cambiano le regole del gioco, ma il dissing rimane: se vi siete rotti il cazzo dei vari trapper tatuati in culo che su Instagram, ogni giorno, canne in bocca e makatussin nel bicchiere, fanno a gara a chi ha la collana più grossa, allora forse è arrivato il momento di cominciare a ballare su TikTok: la vostra nuova serie preferita potrebbe svolgersi qui e forse potrebbe avere molte più sfumature di un teen drama scritto sempre uguale.
Il futuro è donna, dice qualcuno, ora che anche il dissing pare essere diventato a tutti gli effetti cosa loro, non abbiamo più dubbi su quest’affermazione.