"Come si può essere tanto senza cuore da riempire di fischi un ragazzo di 23 anni che si esibisce per la prima volta sul palco dell'Ariston, in Eurovisione?". Suona più o meno così una delle più infuocate polemiche emerse intorno all'ultimo Festival di Sanremo. Si parla, oramai lo sanno anche i sassi di Marte, di Geolier e della serata cover che il trapper partenopeo avrebbe vinto, a parere di molti, immeritatamente. Grande biasimo verso i presenti in teatro che si sono prodotti in cotanta offesa nei confronti di un povero diavolo (arrivato a Sanremo in jet privato, ma ok) alle prime armi e proveniente da un quartiere difficile. Forse anche per via di cotanta bagarre, tutti o quasi abbiamo ignorato un altro giovanissimo, il 21enne Sangiovanni. Penultimi in classifica finale con la nenia dal titolo "Finiscimi", il cantante è un ex Amico di Maria che, dopo il botto post-talent, si è ritrovato con niente in mano, all'infuori di una grossa depressione contro la quale sta cercando di combattere. Non per posa o per surfare l'onda lunga del trend #salutementale, ma per davvero. in un mondo che si professa così sensibile, tramite hashtag, a questo delicatissimo tema, vedere Sangiovanni strisciare sconnesso tra palco e interviste nel backstage per una settimana, non ha indignato neanche un'anima. Il nostro non era in condizione di esibirsi, figuriamoci di essere sbattuto nel tritacarne della santa kermesse più importante d'Italia. E ora annuncia di volersi prendere una pausa dalla musica. Chiunque abbia deciso di mandarlo in gara allo sbaraglio o abbia comunque acconsentito a tale scempio, non ha ragione. E dovremmo tutti indignarci un bel po' per il trattamento riservato all'ennesima stellina di Amici fagocitata dai postumi di una fama immediata, effimera e dalle conseguenze disastrose.
"Almeno non si è sparato a Sanremo come Tenco". Questo solo uno dei tanti commenti "ironici" su Sangiovanni, 21 anni, che si possono leggere su Twitter (pardon, X!). Ogni cantante in gara, gli sciagurati tempi in cui viviamo lo impongono, ha portato in scena non solo un brano ma anche una narrazione. La sola presenza di Big Mama, per esempio, è stata (necessario?) simbolo di body positivy, empowerment femminile, riscatto personale e orgoglio queer. La nostra, nella vita, ha superato la riprovazione dei genitori per il suo orientamento sessuale, perfino uno stupro all'età di 16 anni, oltre che il costante bullismo per via del suo peso ai tempi della scuola. Oggi ha 23 anni, canta che "La rabbia non ti basta" e restituisce l'idea di essere, su e giù dal palco, una persona intera, risolta, capace di portare in scena i propri drammi senza farsi troppo male. E questo, naturalmente, funziona. La partecipazione di Sangiovanni a Sanremo, invece, è uno scempio di crudeltà che grida vendetta.
Primo nella classifica Canto ad Amici di Maria De Filippi (edizione 2020-2021), il 21enne è divenuto subito teen idol grazie a qualche tormentone azzeccato che l'ha portato in cima alle vette dello streaming. Fidanzato con la ballerina del talent Giulia Stabile, oggi ancora sulla cresta dell'onda, la coppia di giovani piccioncini è finita perfino sulla cover di Vanity Fair. Poi, un ottimo quinto posto per lui a Sanremo 2022 grazie al tormentone "Farfalle". Il brano ha avuto tanto successo da digi-evolversi in hit mondiale (o, almeno, lo cantavano anche le ragazzine coreane su TikTok). Sangiovanni è stato, per qualche mese, il re del mondo. O almeno, di certo, deve aver avuto questa condivisibile impressione.
E poi cosa è successo? La talentuosa love story è giunta al capolinea, i fan della coppia hanno deciso di schierarsi dalla parte di lei, Giulia Stabile, perché forse tradita dall'ex compagno. Nessuno, da lì, ha più fatto davvero caso a Sangiovanni che si è ritrovato, giovanissimo, a gestire i postumi di una fama che prima l'ha travolto, poi masticato e infine sputato fuori scena, spostando i riflettori della ribalta sul nuovo fenomeno del momento. Il classico copione, la solita favola nera di Amici che si ripete ogni anno, si dirà. E in effetti questa rimane una ottima chiave di lettura dei fatti. Ciò che sconforta, però, è vedere come discografiche e kermesse, in sforzo congiunto, abbiano scelto di sbattere sul palco della manifestazione musicale più importante d'Italia un ventunenne che non era in sé. Promettendogli, tra l'altro, che post Festival si sarebbe aperto per lui un tour maestoso, con tanto di data al Forum d'Assago. Il ragazzo sta in piedi a fatica, parla solo della propria depressione appena gli si mette un microfono davanti al muso, ha lo sguardo completamente perso nel vuoto. Chi ha pensato che lanciarlo nella bolgia sanremese potesse essere una buona idea?
La sua partecipazione è stata miserrima sotto ogni aspetto, ma lui non ne ha colpa. Ci sono fior di cantanti "problematici" che, prima di lanciare un nuovo progetto discografico, figuriamoci Sanremo, vengono ibernati in un rehab, ripuliti, imbellettati, in modo che siano in grado di presentarsi vispi e sul pezzo di fronte agli occhi del pubblico, sia pure per raccontare una storia di sofferenza patita. Nessuno ha avuto la minima cura nei confronti di Sangiovanni, 21 anni, e in dolorosa lotta coi postumi di un successo fast & furious che gli è scivoltato via dalle mani nel tempo che impiega una farfalla a volarsene lontano lontano. Oggi tutti gli esprimono solidarietà via social, vampirizzano le parole dell'annuncio Instagram con cui si congeda temporaneamente dalle scene musicali per dare priorità alla propria salute mentale. Tutto giusto, ma così facendo, si ignora il gigantesco elefante nella stanza: Sangiovanni è stato sbattuto sul palco dell'Ariston pur non essendo in condizione, al momento, di affrontare nemmeno una cantata, spazzola in mano, davanti allo specchio di camera sua. Siamo al limite della pornografia del dolore, anzi, ne abbiamo proprio esondato gli argini. Checché se ne twitti, il delicato tema della salute mentale ci interessa solo quando possiamo vampirizzarlo surfando il trend con hashtag acchiappacuoricini social, quando, insomma, ci dà la possibilità di mostrarci buoni e belli, di statura morale elevatissima. E questa cosa fa schifo. Fa schifo sempre. Specie se gioca sulla pellaccia di un ventunenne, "colpevole" solo di aver vinto un talent. In quanto esseri umani, auguriamo ogni fortuna a Sangio, prima fra tutte, quella di cambiare team di collaboratori. Perché qui degli hashtag troppo giusti, sani e così sensibili, ce ne sbattiamo. L'empatia vera è altra cosa. E, hic et nunc, dovrebbe gridare vendetta per lo scempio a cui abbiamo assistito, memando e cantando.