Il Festival di Sanremo è iniziato e con lui la grande illusione: vedere è capire. Ma non sempre è così. Il palco è un'arena dove ogni artista gioca la sua partita tra esposizione e sottrazione, tra il desiderio di essere letto e la paura di farsi decifrare. Il pubblico crede di osservare, ma in realtà è lui a essere guidato. Fedez non è salito sul palco, si è materializzato. Non ha scelto di dominare lo spazio, ma di sottrarsi. Ha portato in scena un'assenza studiata, un'ombra costruita, una presenza schermata da un'armatura simbolica: lenti nere, look total black, corpo rigido, movimenti misurati. Chi guarda non trova un appiglio, nessun segnale chiaro da decifrare. Non c'è uno sguardo a cui aggrapparsi, nessun accenno di apertura che conceda un accesso. È l'arte di non farsi leggere, di disattivare il contatto visivo come atto di potere, come un filtro freddo, chirurgico, che scollega. Il nero è il colore dell'autorità, del controllo, della protezione assoluta. Un confine invalicabile tra sé e il pubblico. Non invita, non accoglie, non conquista. Impone. Difende. Costruisce distanza. Se la presenza scenica è fatta di proiezione e dominio dello spazio, qui siamo di fronte a un codice inverso: un potere che si esercita per negazione. L'immagine diventa un guscio, uno scudo che rende irraggiungibili. Si sceglie di non essere visti, di diventare un'idea, un enigma, un'ombra che resta impressa proprio perché sfugge. Non è insicurezza, non è paura, è strategia.
![Fedez durante la prima esibizione a Sanremo 2025](https://crm-img.stcrm.it/images/42423328/2000x/20250212-111230804-7396.jpg)
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È un messaggio. Un corpo che si blinda è un corpo che rifiuta la decodifica, che spezza il legame emotivo con lo spettatore e costringe a uno sforzo diverso: guardare senza capire fino in fondo. Perché quello che non si riesce a decifrare, resta. Disturba.Affascina. Mette in discussione. In un'epoca in cui tutto è iperesposto, l'invisibilità diventa provocazione. La sottrazione, un'arma. Più provocante, addirittura, se è una scelta fatta da chi per anni ha messo in pubblica piazza la sua vita privata. La scelta di Fedez, dunque, non è solo estetica, è un'estensione del suo racconto emotivo. Il suo corpo parla di una battaglia interiore, di una fragilità che non si concede al pubblico, di un conflitto che si traduce in una postura di chiusura e protezione. Lenti nere, nessuna finestra sull'anima. Un messaggio chiaro: “Non leggerai dentro di me”. Ma lo si può davvero evitare? Il corpo tradisce sempre, anche quando cerca di non farsi vedere. L'assenza diventa presenza, l'inaccessibilità diventa racconto. Avrebbe potuto scegliere una narrazione diversa, una vittoria visiva costruita su un altro storytelling, su un'altra energia scenica. Ha preferito restare nell'ombra, schermarsi, ridurre il contatto a un atto minimo, quasi inesistente. Un fantasma che non lascia spazio al pubblico, ma che il pubblico non può dimenticare.
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